Tito Boeri lancia un nuovo allarme sulla tenuta del sistema pensionistico che verrà e ai trentenni di oggi dice che andranno in pensione verso i 70 anni e prenderanno il 25% in meno dei pensionati attuali. Nel corso della presentazione del Rapporto Ocse ‘Pensions at a Glance 2015’, Boeri ha illustrato una simulazione dell’Inps secondo cui chi oggi ha 35 anni complessivamente prenderà il 25% in meno di pensione dei nati intorno al 1945. Il dato risente anche del fatto che la generazione 1980 e dintorni dovrà lavorare molto più a lungo, ovvero grosso modo fino al 2050, quando saranno stati compiuti i 70 anni. I 35enni di oggi, dunque, percepiranno la pensione per un tempo più breve rispetto ai loro genitori, ma oltre a questo, per Boeri, con ogni probabilità ci saranno anche problemi di adeguatezza dell’importo. Con il sistema contributivo inoltre, se non si metterà in campo uno strumento di sostegno contro la povertà come il reddito minimo, ci saranno problemi per chi perderà il lavoro sotto i 70 anni. A fronte delle prospettive per i pensionati di domani, Boeri ha sottolineato che, invece, in tempi di crisi i pensionati di oggi tutto sommato non si possono lamentare. La povertà in Italia è aumentata solo sotto i 65 anni. I redditi da pensione sono stati preservati maggiormente rispetto all’inflazione per il quale i pensionati hanno sofferto la crisi economica meno di chi ha un reddito da lavoro dipendente, come si deduce dal fatto che la differenza tra pensione e stipendio si è assottigliata. Tra il 2007 e il 2013 è passata da 5.760 euro a 4.320 euro, con una media di 16.280 euro di reddito per i pensionati e 20.595 per i lavoratori dipendenti. Un passaggio che, secondo alcuni osservatori, anche alla luce delle ripetute sollecitazioni di un contributo di solidarietà arrivate dal presidente dell’Inps, potrebbe rappresentare la giustificazione alla richiesta di sacrifici da parte dei pensionati. Quando si analizzano gli importi di pensione, ha spiegato Boeri nel corso della presentazione del Rapporto Ocse bisogna tenere conto anche da quando questi assegni sono stati percepiti. Se si guarda alla distribuzione per età alla decorrenza delle pensioni dirette del Fondo lavoratori dipendenti tre quarti sono state percepite prima dei 60 anni. Secondo le proiezioni Inps per i lavoratori classe 1980 solo il 38,67% la prenderà prima dell’età di vecchiaia, che per gli attuali 35enni significa nel 2050 a 70 anni di età. Sarà più basso quindi il trasferimento pensionistico complessivo, perchè percepito per meno anni, ma anche il tasso di sostituzione medio rispetto alla retribuzione che sarà intorno al 62%. Si lavorerà più a lungo anche in rapporto alla speranza di vita. Le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi tenendo conto degli anni di percezione e ci saranno, a fronte di una crescita del pil all’1% e di possibili interruzioni di carriera, problemi di adeguatezza dell’importo. Il rapporto Ocse dà atto al nostro Paese di aver intrapreso un cammino virtuoso ma sottolinea che quanto fatto finora non basta. Il nostro Paese ha la spesa previdenziale più alta dopo la Grecia rispetto al Pil (15,7% nel 2013 a fronte dell’8,4% medio nell’Ocse) e contributi previdenziali sul lavoro dipendente rispetto alla retribuzione al 33%, percentuale top tra i Paesi Ocse. I pensionati attuali, emerge dal Rapporto, hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario medio, vicini all’80% a fronte del 63% medio dei paesi più sviluppati e assegni in media largamente superiori ai contributi versati. Con la riforma del 2011, spiega l’Ocse, sono state adottate importanti misure per ridurre la generosità del sistema, in particolare attraverso l’aumento dell’età pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne, ma l’invecchiamento della popolazione continuerà ad esercitare pressioni sul finanziamento del sistema. L’Ocse sottolinea che la sentenza della Corte Costituzionale sulla mancata perequazione nel 2012-13 per le pensioni superiori a tre volte il minimo, e i rimborsi decisi dal Governo, avranno un impatto sostanziale sulla spesa pubblica. Nel breve periodo vanno cercate risorse per ridurre al minimo l’impatto della sentenza mentre nel lungo periodo bisognerà stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro. Se infatti il tasso di occupazione degli over 55 in Italia è aumentato di 15 punti (dal 31% al 46%) negli ultimi 10 anni è anche vero che questo è ancora di molto inferiore alla media Ocse (57%). Gli anziani, secondo quanto ha spiegato il presidente Inps, sono stati colpiti dalla crisi economica in misura minore rispetto alle altre fasce di età. Oggi vivono in una situazione di povertà relativa il 9,3% degli over 65 contro il 12,6% medio della popolazione totale. Il rischio di povertà, sottolinea il Rapporto, si è trasferito dagli anziani ai giovani e il 15% delle persone tra i 18 e i 25 anni sono povere.
Cocis