Recessione e caro bollette hanno innescato uno “tsunami economico”, aumentando la platea di chi rischia di vedere decurtata la propria pensione. Ma il Governo è intervenuto
Il caro vita, le bollette di luce e gas sempre più pesanti e le rate dei mutui schizzate alle stelle stanno strangolando economicamente migliaia di cittadini, soprattutto tra le fasce meno abbienti. Tra queste figurano i pensionati. A una settimana fa, secondo i dati dell’associazione Favor Debitoris, erano almeno 200mila gli italiani la cui pensione è stata sottoposta a pignoramento (dall’altro lato, si parla di pensioni più alte entro fine anno: di quanto aumentano le minime).
La situazione non sembra destinata a migliorare, nonostante il Parlamento sia intervenuto per cercare di contrastare questo “tsunami economico” alzando la soglia sotto la quale le pensioni non si possono pignorare.
Pensioni pignorate e debiti
L’intervento del Governo potrebbe tuttavia non bastare per correre in aiuto di ampie fasce della popolazione, la cui pensione non consente di arrivare a fine mese. Aumenta infatti sempre più il numero di pensionati che si indebitano per far fronte a tutte le spese, aggiungendo rate e dilazioni a quelle già in essere. Senza contare la ripresa dei recuperi coatti in precedenza sospesi per l’emergenza Covid.
In Italia sono circa 200mila i cittadini sotto pignoramento pensione, la maggior parte dei quali non riesce più a pagare rate debitorie e cartelle esattoriali. Si tratta più che altro di pensionati morosi nei confronti del Fisco e delle compagnie energetiche.
Il “minimo vitale” e la soglia dei 1.000 euro
Con un emendamento al Decreto legge Aiuti bis a firma M5S, sono state apportate però modifiche al limite di impignorabilità delle pensioni. È stato infatti innalzato di oltre il 40% il cosiddetto “minimo vitale” per i pensionati morosi e soggetti a pignoramento: si passa cioè da 700 (702,42 per la precisione) a 1.000 euro come soglia sotto la quale le pensioni non si possono pignorare. Il minimo vitale è calcolato in 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale, stabilendo un limite al di sotto della quale non è possibile privare il debitore dei mezzi minimi per vivere.
In altre parole: fino a 1.000 euro il trattamento pensionistico è al riparo da qualsiasi forma di pignoramento. O, meglio, può esse pignorata solo la parte eccedente tale soglia, così come stabilito dal Decreto Aiut ter (qui trovate tutte le misure, la bozza in pdf) varato di recente dal Governo Draghi ed emendato dal Parlamento. L’intervento, accompagnato dalla rivalutazione anticipata e dal Bonus 150 euro una tantum a novembre (del quale abbiamo parlato qui, spiegando a chi spetta e i requisiti di reddito), mira a mitigare l’impatto dell’aumento di caro vita e inflazione.
L’innalzamento del minimo vitale “avrà anche un forte beneficio per il futuro, perché stanno arrivando nei bilanci delle banche italiane altri 150 miliardi di euro di sofferenze creditizie“, ha spiegato Giovanni Pastore, fondatore di Favor Debitoris.
E sopra i 1.000 euro? Cosa si rischia?
Per quanto riguarda invece i soggetti la cui pensione supera la soglia di 1.000 euro, la parte di trattamento pensionistico che può essere pignorata corrisponde a massimo un quinto del totale. Il Decreto Aiuti bis non ha modificato questa percentuale. Ricapitolando: il pignoramento potrà essere effettuato solo su quelle pensioni che superano la soglia dei 1.000 euro e solamente per un quinto della parte eccedente tale limite.