Per il Cnel il salario minimo non è la soluzione: la via è la contrattazione collettiva, tegola per Schlein

Il Cnel ha bocciato il salario minimo sostenendo che non risolverebbe il lavoro povero né la pratica del dumping contrattuale

Il Cnel ha detto la sua sul salario minimo bocciando, sostanzialmente, il cavallo di battaglia di Elly Schlein e Giuseppe Conte. La via maestra, per l’organo consultivo dello Stato, resta quella della contrattazione collettiva.

Quando è esplosa la polemica politica fra maggioranza e opposizione in merito alla riforma del mercato del lavoro, Giorgia Meloni ha congelato ogni decisione passando la palla nelle mani del Cnel.

Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro ha raccolto le proposte e ha elaborato il suo documento finale su lavoro povero e salario minimo.

Cosa sono lavoro povero e salario minimo

Per lavoro povero si intende quello retribuito così poco da non permettere di affrancarsi da una condizione di indigenza. E per salario minimo si intende una paga che parta dai 9 euro l’ora.

L’assemblea del Cnel ha respinto la proposta presentata da cinque esperti nominati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che intendeva affiancare, in via sperimentale, una tariffa retributiva minima alla classica contrattazione salariale.

Un salario minimo per legge, “se ben implementato all’interno dei meccanismi della contrattazione collettiva, non indebolisce ma rafforza la stessa”, era la convinzione dei 5 esperti.

Per il Cnel la “mera introduzione” del salario minimo “non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero né la pratica del dumping contrattuale né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva”.

Il dumping contrattuale (o stipula di “contratti pirata”) consiste nell’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni scarsamente rappresentative del settore. Il fine è quello di applicare salari e tutele ridotti rispetto a quelli della classica contrattazione collettiva.

Renato Brunetta sul lavoro del Cnel

Il documento del Cnel sul salario minimo “è l’esito di uno straordinario percorso che in sessanta giorni è arrivato a produrre un testo importante approvato a larga maggioranza”, ha detto Brunetta.

“L’11 agosto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, chiedeva al Cnel se eravamo in grado di redigere un testo di osservazioni e proposte. Oggi è 12 ottobre, in sessanta giorni questa casa, la casa dei corpi intermedi ha prodotto un testo sostenuto della stragrande maggioranza” dei consiglieri.

Voto a maggioranza in Cnel

Il documento che boccia le proposte su lavoratori poveri e salario minimo è passato a maggioranza.

Presenti 62 consiglieri; 54 i votanti; 39 i sì; 15 i no; 8 gli astenuti.

Secondo il Sole 24 Ore hanno votato no Cgil, Uil e Usb e i cinque consiglieri nominati da Mattarella.

Antonio Tajani si accoda al resto del governo Meloni sul tema del salario minimo. Interrogato in merito il ministro degli Esteri, e neo eletto segretario di Forza Italia, ha definito il salario minimo inutile. Immediata la risposta della segretaria nazionale del Partito Democratico che ha puntato nuovamente l’attenzione verso la volontà degli italiani e delle italiane, favorevoli al salario minimo (almeno a discuterlo) per un buon 75%.

Antonio Tajani, neo eletto segretario di Forza Italia (dopo la rinuncia del termine “presidente” che resterà a Silvio Berlusconi), ha commentato il tema del salario minimo. Secondo il ministro degli Esteri “in Italia non serve il salario minimo”.

Il commento però non si ferma qui e durante il suo intervento all’Assemblea di Coldiretti ha spiegato che: “Serve un salario ricco, perché non siamo nell’Unione Sovietica in cui tutti avevano lo stesso stipendio”. Secondo Tajani insomma gli italiani hanno salari troppo bassi per confrontarsi con l’inflazione e per questo la soluzione non è il salario minimo, perché dice che abbassa i salari, non li alza.

Intanto in Commissione Lavoro la proposta delle opposizioni per il salario minimo viene bloccata dall’emendamento della maggioranza. I motivi dietro la decisioni li ha spiegati il presidente della Commissione Walter Rizzetto (FdI).

Secondo Rizzetto infatti la proposta ha una grave lacuna: manca la copertura finanziaria. “Se e qualora non fossimo noi a cercare di porre un rimedio, sarà la Commissione Bilancio”, ha detto.

La risposta di Schlein

Non si è fatta attendere la risposta della segretaria del Pd. Elly Schlein ha commentato da Bruxelles che “di salario minimo è giusto che se ne parli, ma soprattutto che a volerlo sono gli italiani e le italiane”. Infatti secondo i dati Istat (citati da Schlein) sarebbero 3,5 milioni i lavoratori e le lavoratrici che hanno un lavoro povero e beneficerebbero del salario minimo per legge.

Per Schlein è semplice: “Il governo Meloni non può voltare la faccia su una misura su cui i sondaggi dicono che c’è un supporto del 75%”. Per questo continuano a battersi e a non mollare sulla proposta.

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