Siamo a conoscenza del fatto che il nostro recente aggiornamento abbia creato un po’ di confusione“, inizia così l’ultimo post sul blog ufficiale di WhatsApp, pubblicato dall’azienda del gruppo Facebook dopo giorni di polemiche feroci sulla nuova privacy policy in vigore dall’8 febbraio.
Un altro post per ribadire che “tutto ciò che condividi con familiari e amici rimane tra voi” e che WhatsApp non scambia i dati degli utenti con Facebook o con altre aziende terze e che, in ogni caso, i messaggi sono sempre protetti dalla crittografia end-to-end che impedisce a chiunque, WhatsApp compresa, di leggere cosa contengono. Eppure, se la nuova privacy policy di WhatsApp fosse così chiara e limpida non avrebbe attirato l’attenzione del Garante italiano per la Privacy, che la ritiene “poco chiara e intelligibile” e ha persino chiesto un pronunciamento in merito da parte dell’Edpb, la European Data Protection Board che riunisce tutte le autorità nazionali europee che si occupano di tutela della privacy. Questa richiesta, e il polverone che si è sollevato nei giorni scorsi, ha indotto WhatsApp a cambiare nuovamente idea sulla privacy policy.
Privacy WhatsApp: cosa cambia adesso
La decisione di WhatsApp per far fronte a questa tempesta, anche mediatica, e alle pesantissime critiche ricevute (con conseguente migrazione di molti utenti verso Signal o Telegram), è stata quella di prendere tempo: “Abbiamo posticipato la data in cui richiederemo ai nostri utenti di rivedere e accettare i termini. L’8 febbraio, nessun account verrà sospeso o eliminato“.
Ciò vuol dire che la nuova privacy policy di WhatsApp non entrerà più in vigore l’8 febbraio, ma circa tre mesi dopo. In questo modo WhatsApp ha ben 4 mesi per fare due cose importantissime: convincere gli utenti a restare sulla piattaforma e prepararsi a rispondere ad ogni singolo punto, appunto, dubbio o domanda che proverrà dall’Edpb o dalle singole autorità nazionali per la privacy.
Cosa rischia WhatsApp in Europa
In Italia, e in Europa in generale, la situazione è diversa rispetto agli Stati Uniti: nel vecchio continente è in vigore la GDPR, General Data Protection Regulation, un corposo regolamento europeo che prevede sanzioni pesantissime e multe fino al 4% del fatturato per chi trasferisce illecitamente i dati degli utenti in altri Paesi. Altri Paesi come gli Stati Uniti, ad esempio.
I più attenti, a questo punto, potranno facilmente fare 2+2: il gruppo Facebook è stato appena costretto dalla US Internal Revenue Service (IRS, l’Agenzia delle Entrate americana) a trasferire la sede sociale dall’Irlanda agli Stati Uniti, per questioni fiscali e cio vuol dire che, se WhatsApp vuole scambiare anche un solo dato con Facebook, rischia la sanzione.
La questione, quindi, è ben più complessa di quanto potrebbe sembrare e, per venirne a capo, WhatsApp ha bisogno di più tempo del previsto. Almeno fino al 15 maggio.