Piano Mattei promosso da Giorgia Meloni

Sin dal suo insediamento Giorgia Meloni ha posto come priorità la realizzazione del cosiddetto Piano Mattei, presente tra l’altro anche all’interno del programma di Fratelli d’Italia presentato in occasione delle elezioni del 25 settembre 2022.

La ratio alla base di questo progetto è non solo quella di porre un freno all’annosa questione della migrazione illegale, ma anche e soprattutto quella di creare una partnership strategica che possa produrre effetti benefici sia per l’Italia che per l’Africa, rivalorizzando in particolare questo continente troppo spesso poco o mal sfruttato.

Una cabina di regia, presieduta dal presidente del Consiglio e che coinvolgerà anche il Ministro degli esteri, e una struttura di missione, guidata da dirigenti ed esperti, dovrebbero essere il fulcro del progetto ideato e voluto dal premier e dalla maggioranza.

Avrà una durata di quattro anni e potrà essere aggiornato ogni anno, e sarà rendicontato con una relazione al Parlamento.

Il primo viaggio istituzionale della presidente del Consiglio nel 2023 è stato in Algeria, e pochi giorni dopo c’è stata un’altra visita ufficiale, in Libia e ad aprile l’Etiopia: proprio da questi Paesi dovrebbe iniziare il tanto citato Piano che poi abbraccerà tutto il Mediterraneo, con l’aiuto di Eni. All’Africa si aggiunge l’Asia: anche l’Azerbaigian sarà un partner energetico sempre più importante grazie al potenziamento del gasdotto Tap. Tuttavia, non ci sono notizie più dettagliate sul Piano, anche se fin dal suo discorso d’insediamento Giorgia Meloni vi ha fatto riferimento.

La premessa sarebbe quella della “necessità e urgenza di potenziare le iniziative di collaborazione tra Italia e Stati del continente africano al fine di promuovere lo sviluppo economico e sociale e di prevenire le cause profonde delle migrazioni irregolari.”

Il Piano Mattei, come accennato anche in diverse altre occasioni dal Capo di Governo, intende focalizzarsi su diversi settori, dalla cooperazione allo sviluppo alla promozione delle esportazioni e degli investimenti, dal sostegno all’imprenditoria (in particolare quella giovanile e femminile), alla ricerca e innovazione, dall’agricoltura e sicurezza alimentare alla promozione dell’occupazione, dell’ istruzione e della formazione professionale, dalla valorizzazione delle risorse naturali alla tutela dell’ambiente e adattamento ai cambiamenti climatici, dall’ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture alla valorizzazione e sviluppo del partenariato energetico (anche nelle fonti rinnovabili). E, ovviamente, un occhio di riguardo in tema di prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare.

L’operazione non è facile e i rischi sono molto alti, tenendo anche conto delle numerose crisi politiche e sociali che sono radicate in tutto il territorio africano, e che, drammaticamente, si aggiungono ai due conflitti su larga scala nel blocco russo-ucraino e in quello mediorientale. Per non parlare poi delle influenze sempre più marcate di Cina e Russia, che, a causa anche del disinteresse dell’Europa, hanno preso il potere in Africa.

La sfida in questa fase è dunque molto intensa, perché non solo l’Italia- e più in là si spera anche l’Ue- dovrà riconquistare i partner africani offrendo loro una soluzione a lungo termine, convincendoli di voler costruire un solido rapporto basato sui principi dell’uguaglianza e del rispetto, ma lo dovrà fare con una serie di variabili internazionali che appaiono sempre più difficili da gestire e da disinnescare.

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