In questi giorni la Banca d’Italia ha rivisto al rialzo le stime di crescita del Pil italiano per il biennio 2025-2026: +0,9% nel 2025, +1,3% nel 2026, con una crescita cumulata quindi del 2,2%. In tal modo, il Governo rispetterà comunque le previsioni indicate nel Piano strutturale di bilancio, malgrado il probabile ridimensionamento del risultato 2024, anno per il quale non dovrebbe essere rispettata la precedente stima di un aumento di circa un punto percentuale.
Mentre, peraltro, si ragiona sullo zero virgola percentuale in più o in meno, per un Paese che in ogni caso sta crescendo più di altri Stati europei, dal convegno annuale dei Giovani Imprenditori di Capri si invita a guardare oltre il proprio naso. Il Presidente dei Giovani, Riccardo Di Stefano, ha ricordato che l’area del Medio Oriente e del Nord Africa, nel prossimo decennio, si svilupperà a ritmi di incremento medio annuale del Pil pari al 6%.
In quella parte del mondo entro il 2030 ci saranno circa cento milioni di persone in più che entreranno a far parte del cosiddetto ceto medio. Un target di grande attrazione per le imprese, a cominciare da quelle europee. L’asse del mondo si sta spostando da Nord-Ovest verso Sud-Est.
Giusta quindi l’idea lanciata a suo tempo dall’attuale Governo di varare un Piano Mattei per promuovere una forte crescita delle relazioni produttive, commerciali e culturali con quelle aree, Africa in testa. Dopo una fase abbastanza lunga di gestazione, come era forse inevitabile, il Piano sta cominciando a prendere forma.
“Vi ringrazio per aver scelto di dedicare il 39mo convegno nazionale di Capri al contributo che il settore privato può dare al Piano Mattei per l’Africa. Io penso sia una conferma ulteriore di come il nostro tessuto economico e produttivo capisca l’importanza di questa sfida e sia sempre più consapevole di quanto questo piano sia un’iniziativa strategica di respiro nazionale e io spero anche capace di travalicare i singoli governi e diventare un’iniziativa strategica dell’Italia sul lungo periodo”. Così il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un videomessaggio inviato in occasione dell’appuntamento dei giovani imprenditori di Confindustria a Capri. Il Piano Mattei “è un progetto che questo Governo ha lanciato ma che appartiene all’Italia nel suo complesso, perchè è un progetto nel nostro interesse nazionale, un nuovo modello di sviluppo che sia un modello di patenariato, di crescita condivisa, un modello da pari a pari”, ha sottolineato. “Questo è un punto molto prezioso, perchè il successo del Piano Mattei dipenderà anche e soprattutto dallo sforzo che l’intero sistema Italia in tutte le sue articolazioni sarà capace di produrre”, ha spiegato Meloni. Secondo il presidente del Consiglio “dal tessuto produttivo ovviamente possono arrivare idee ma soprattutto soluzioni ai problemi concreti perchè non c’è nessuno più concreto di chi fa impresa”. Quindi “ciò che serve è puntare sulla formazione tramite le filiere dei diversi settori produttivi e io sono certa che il settore privato italiano possa fare la differenza soprattutto su questo. Insomma, è un grande lavoro che ha sostanzialmente un obiettivo di fondo, costruire insieme alle nazioni africane nuove occasioni di sviluppo e aiutare i popoli africani a esprimere il loro grande potenziale”, ha concluso.
“Dal piano Mattei per l’Africa, al protocollo per la realizzazione dei centri di accoglienza in accordo con l’Albania, definito come una lezione dal presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, l’Italia – ha commentato ancora Foti – ha lanciato nuovi paradigmi vincenti, apprezzati da altri Paesi, per affrontare una sfida di portata internazionale, in sinergia con altre nazioni. Come ha notato il presidente Meloni, solo i partiti di opposizione in Italia sembrano non aver compreso la reale portata di questi modelli vincenti: spiace, ma neanche poi tanto, sottolineare agli orfani dell’accoglienza a tutti i costi, che stiamo avendo ragione noi”.
I progetti pilota del Piano Mattei che hanno un sapore di concretezza riguardano nove Stati africani. Quattro sono nord-sahariani e perciò affacciano sul Mediterraneo, sono Stati dirimpettai che sono legati a Roma da relazioni frequenti, a volte turbolente, altre tiepide, e si tratta di Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto. Cinque sono sub-sahariani e perciò sono al centro, non soltanto geografico, di dispute mondiali che annoverano russi, turchi, cinesi, e si tratta di Kenya, Etiopia, Mozambico, Costa d’Avorio, Repubblica del Congo. I documenti parlamentari specificano che fra i progetti pilota «alcuni sono in fase di attivazione e alcuni sono in corso d’opera». Questo permette di fare una digressione numerica: il denaro, la cosiddetta dotazione finanziaria. A rigor di annunci, grossomodo, per quanto valgono queste cifre, fra crediti, garanzie, donazioni, il Piano Mattei ha a disposizione 5,5 miliardi di euro per un arco di tempo quadriennale poiché la sua durata è quadriennale seppur rinnovabile quasi in automatico. «Gli esborsi totali per quest’anno dipendono dall’avanzamento dei lavori, posso dire che siamo a circa un miliardo», precisa Edmondo Cirielli, il viceministro che agli Esteri ha la delega alla Cooperazione internazionale.
I 5,5 miliardi di euro assegnati al Piano Mattei provengono, sempre per i documenti parlamentari e governativi, per circa 3 miliardi dal Fondo italiano per il Clima (ministero Ambiente) e 2,5 miliardi dal Fondo per la Cooperazione internazionale (ministero Esteri). In larga parte il denaro era già esistente ma la sua destinazione appare nuova. Per un motivo evidente: la cabina di regia politica e la struttura di missione tecnica sono ubicate a Palazzo Chigi, non al ministero degli Esteri, e sono gestite dal presidente del Consiglio e dal diplomatico Fabrizio Saggio. Più che dal ministro forzista Antonio Tajani, che ovviamente ha la sua porzione, la Farnesina operativamente è rappresentata da Cirielli, influente dirigente di Fratelli d’Italia. Tornando ai documenti parlamentari e governativi, scremati i 5,5 miliardi di euro che appartengono più al futuro che al presente, il Piano Mattei può attingere da quattro voci di spesa: 200 milioni di euro per le imprese che investono in Africa; 500 milioni di euro tramite Cassa Depositi e Prestiti per finanziamenti coerenti col Piano Mattei, puntellati da una garanzia statale di 400 milioni (80 per cento); il già citato Fondo Italiano per il Clima che ha risorse per 840 milioni annui (2022-26); 50 milioni per le acquisizioni di capitale societario. Il Piano Mattei prevede 17 settori di collaborazione con i Paesi africani (a gennaio all’evento di Roma erano presenti in 46 su 54), per esempio formazione, agricoltura, istruzione, sanità, turismo, economia, ambiente, energia, migrazioni.