Piano Mattei, tra ‘visione’ governativa e ‘scatola vuota’ per le opposizioni

Impostando il mio editoriale sul Piano Mattei e sul suo impatto politico ed economico sui rapporti in essere,  ed in itinere,  sui rapporti tra Italia-Africa, sui quali poggia il Piano Mattei,  è d’obbligo una lampante considerazione,  visto che è diventato, e diventerà, l’agnello sacrificale sul quale le opposizioni si eserciteranno al tiro a bersaglio. E’ nella normalità delle azioni delle opposizioni, che hanno sempre da dire e da ridire,  anche se non hanno nulla da dire. Penso, mentre scrivo ad Ilaria Salis,  nostra connazionale, trascinata in tribunale,  in Ungheria/Budapest davanti alla corte che dovrà giudicarla per lesioni aggravate. Ma non voglio scrivere del caso Salis, trattato da Tajani e da altri diplomatici che, tra l’altro, fanno presente che il tutto non riguarda Orban ma la magistratura, unito al fatto che se ne interesserà la nostra premier che incontrerà lo stesso Orban in un incontro europeo. All’opposizione questo non basta avanzando come pretesa che la Meloni sia in Parlamento per chiarire sulla vicenda. Decine di articoli sulla vicenda vergati dalla stampa oppositiva. A valle mi chiedo, ripercorrendo la stampa delle opposizioni sul Piano Mattei, come riuscirà il lettore ad elaborare e maturare un pensiero corretto sulla vicenda? Dovrà essere un esperto di ‘pratica del pensiero’ per fermare la marea di pensieri che vengono fuori dal coacervo di ipotesi e tesi proposte, o imposte, dai mass-media,  per elaborare un pensiero, o un parere, purificato sul Piano Mattei. Qualche giorno fa si è tenuto al Senato  il vertice Italia-Africa  voluto dal governo Meloni,  nel corso del quale ha preso corpo il cosiddetto Piano Mattei. Ovviamente è diretto a cambiare l’immagine che hanno gli italiani di un territorio arretrato e povero, dal quale la gente vuole solo fuggire, per parlare di Africa, terra di opportunità cui guardare con ottimismo. La conferenza Italia-Africa, con molti leader di quel Continente presenti  a Roma,  dove hanno ascoltato  la presentazione del Piano Mattei, progetto più maturo, meno catastrofista e piagnucoloso sull’argomento Africa. La Brookings Institution, autorevole think tank di Washington,  ha presentato il suo Foresight 2024 sull’Africa, impostandolo in chiave positiva. Sottolinea che ‘l’Africa ha il 30% di tutte le risorse naturali e minerarie necessarie per la transizione energetica del Pianeta’. Ricordano che si parla di  un Continente giovane in un mondo che invecchia. Pur partendo da livelli bassi, i suoi consumatori sono tra quelli che vedono aumentare più velocemente il potere d’acquisto. Sono alcune delle ragioni per cui l’Africa è corteggiata da tutti, attira investimenti non solo dalla Cina ma da Stati Uniti, India, Arabia Saudita, Turchia, per fortuna anche dall’Unione europea. In Africa ci sono 54 nazioni e il continente non è un blocco unico e va guardato come terra di opportunità. Una sfida che il governo italiano è pronto ad affrontare, affiancando a questa visione quella della necessità di investimenti per cercare di invertire il trend migratorio. Elementi che la premier Meloni illustra nella sua relazione introduttiva al vertice. Reduce da un bilaterale con Giorgia Meloni a palazzo Chigi, il presidente della Somalia, Sheikh Hassan Mohamud si dice ‘grato al governo italiano’ che ha chiesto ‘il rispetto del diritto internazionale’. Il riferimento è il memorandum d’intesa siglato dall’Etiopia con la regione del Somaliland per un accesso al Mar Rosso non riconosciuto dalla comunità internazionale. Un macigno che rischia di vanificare lo sforzo nella direzione di una distensione tra i due paesi, compiuto anche dal governo italiano sin dal trilaterale di Addis Abeba di un anno fa: ‘Quel che è accaduto – spiega – non è diverso da ciò che ha fatto la Russia con l’Ucraina’. Le opposizioni dicono che il ‘Piano Mattei’ è solo uno spreco di risorse ed energie, una mossa utopistica e di pura propaganda. È vero, semmai, il contrario: non c’è nulla di meno appassionante per l’opinione pubblica che parlare di ‘aiuti all’Africa’ e di un progetto che, bene che vada, produrrà i suoi benefici, se dovesse funzionare, tra non meno di dieci anni. Nessun calcolo elettorale, quindi, in questo piano credo ci sia l’essenza della politica di Giorgia Meloni e del suo governo: avere una visione politica di dove portare questo strano Paese al di là delle contingenze che continuamente lo assillano. Nella fattispecie portare l’Italia al centro dei giochi che avvengono nella sua sede naturale, che è il Mediterraneo, a vantaggio sì dell’Africa, ma anche di sé stessa e dell’Europa intera. Il governo, attraverso accordi bilaterali tra i Paesi africani e quelli europei, punta alla diversificazione dell’approvvigionamento energetico, a creare nuovi sbocchi per le nostre imprese, a far sì che in almeno in una parte di quel continente nascano condizioni economiche e quindi sociali stabili per poter affermare il ‘diritto a non emigrare’ dei loro cittadini, in altre parole a far crescere l’Africa grazie all’Europa e viceversa. Per la nostra posizione sulla carta geografica dell’area l’Italia è la naturale cinghia di trasmissione tra i due continenti che oggi si guardano con sospetto e, a volte, ostilità. Se funzionerà o no lo vedremo, certo è la prima volta dai tempi di Enrico Mattei, che negli anni Cinquanta barattò petrolio con aiuti e protezione,  cosa che  provarono a fare prima Craxi e poi Berlusconi, per provare  a dare all’Italia nel Mediterraneo un ruolo da protagonista. L’investimento sarò alto, occorrerà investire tanti soldi, partendo da 5,5 miliardi, esiste  il problema dell’affidabilità delle controparti e, da non sottovalutare le gelosie dei soci europei. Meloni afferma  che ‘le grandi soddisfazioni, per realizzarsi, hanno bisogno di visione, di tempo, concentrazione e nervi saldi’.  ‘Scatola vuota’, si ostina a definire  Repubblica il ‘Piano Mattei’. Stampa e Fatto quotidiano titolano sul presunto ‘gelo’ da parte dell’Unione africana. In tv da Lilli Gruber ad ‘Otto e mezzo’ il solito Massimo Giannini, da Lilli Gruber ad ‘Otto e mezzo’ sostiene che ‘non si sa bene cosa sia’ il piano per l’Africa. Messaggero e Corriere si chiedono  quali sono gli interventi previsti con i 5,5 miliardi che il governo stanzia. Si parte dal sostegno alla produzione di grano e cereali ad Alessandria, in Egitto, alla depurazione delle acque reflue in Tunisia, passando per lo sviluppo della filiera dei biocarburanti già avviata nella Contea di Makueni, in Kenya. Dall’energia all’agricoltura, sono molti i progetti  già avviati dalle partecipate italiane su tutte Eni, Enel, Terna o Acea, e quelli in fase di sviluppo secondo sei  direttrici individuate da palazzo Chigi: istruzione, sanità, acqua e igiene, agricoltura, energia e infrastrutture. In  Marocco si realizzerà ‘un grande centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili’. Nel Paese è operativo il complesso solare di Noor Ouarzazate, il più grande progetto solare a concentrazione del mondo con una centrale elettrica da 580 MW.  L’Enel ha già investito circa 850 milioni di euro nel Paese dal 2016 per almeno tre diversi progetti; tra fotovoltaico, gas ed eolico. Il Messaggero ricorda come ‘nell’intero Continente l’impegno di Enel negli ultimi otto anni è  di 2,4 miliardi di euro, per 2,1 GW, tra Zambia, Sudafrica, Algeria ed Etiopia’. La premier Meloni ha evidenziato le attività formative di Fincantieri già in essere in Ghana e Tunisia. Lanciando anche l’idea di ‘rafforzare i legami tra il sistema scolastico italiano e quello delle Nazioni africane’: rafforzando gli scambi di studenti e insegnanti; offrendo aggiornamenti ai docenti, ma anche riqualificando gli edifici scolastici. Un impegno a cui si affianca l’aspetto sanitario, con l’impegno destinato alle strutture ospedaliere, per migliorare ‘l’accessibilità e la qualità dei servizi primari’, specie pediatrici, in Costa d’Avorio.  Molti interventi sul fronte dell’agricoltura, dell’alimentazione e dell’ambiente.  In Algeria  ad esempio si avvierà un progetto di monitoraggio satellitare sui campi coltivati per renderli più efficienti. Passando al Mozambico, ‘siamo impegnati a costruire un centro agroalimentare che valorizzi le eccellenze e le esportazioni dei prodotti locali’,  ha spiegato Meloni. In Egitto l’Italia sosterrà, in un’area a 200 chilometri da Alessandria,  investimenti in macchinari, sementi, tecnologie e nuovi metodi di coltivazione per la produzione di grano, soia, mais e girasole. Da considerare un progetto fondamentale in un’area tra le più colpite dal blocco dei cereali ucraini nel Mar Nero e dalla destabilizzazione del Mar Rosso. Un progetto simile è stato già avviato a Nabeul, in Tunisia, dove da anni si depurano le acque ‘non convenzionali’ per irrigare un’area di ottomila ettari. Il risanamento delle acque è un fronte basilare su cui il Piano Mattei vuole insistere, con in primo piano l’esperienza di Acea, primo operatore idrico nazionale. I progetti pilota riguardano la Repubblica del Congo e l’Etiopia: nel primo Stato l’Italia è impegnata nella ‘costruzione di pozzi e reti di distribuzione’ soprattutto a fini agricoli ed alimentati solo da energie rinnovabili; in Etiopia c’è la volontà di  ‘avviare il recupero ambientale di alcune aree’ portando avanti interventi di risanamento delle acque. Il pilastro  del Piano è il fronte energetico. Centrale sarà il ‘nesso clima-energia’. Per Meloni le nazioni africane devono essere aiutate a ‘produrre energia sufficiente alle proprie esigenze e ad esportare in Europa la parte in eccesso mettendo insieme due necessità: quella africana di generare ricchezza e quella europea di garantirsi nuove rotte di forniture energetica’. L’esempio virtuoso è il Kenya, dove Eni dal 2021 si dedica allo sviluppo della filiera dei biocarburanti; con l’obiettivo di coinvolgere fino a 400mila agricoltori entro il 2027: un modello che si sta estendendo già anche a Mozambico, Congo, Costa d’Avorio e Ruanda. Uno sforzo che inevitabilmente chiama un altro dei punti cardine del piano a cui l’Italia lavora da tempo assieme alla Ue: le infrastrutture di connessione tra i due continenti. In questo caso si va dall’interconnessione elettrica Elmed tra Italia e Tunisia, al SoutH2 Corridor, l’imponente progetto partecipato da Austria, Germania e Italia (con Snam) per la creazione di un’autostrada meridionale di gas e idrogeno. Mi arriva, mentre chiudo l’articolo, un comunicato stampa di  ‘Don Bosco 2000’, che accoglie con interesse le recenti dichiarazioni del governo italiano sul ‘Piano Mattei’. ‘Scevro da ogni giudizio politico, prendiamo atto di un nuovo linguaggio del governo – ha dichiarato Agostino Sella, presidente di Don Bosco 2000 – Un linguaggio che come sottolineato dalla Meloni punta su un rapporto alla pari con l’Africa basato su responsabilità, fiducia e rispetto reciproco. “Tuttavia – sottolinea Sella – abbiamo appreso preso atto della presenza delle più grandi aziende italiane maa malincuore abbiano notato il mancato coinvolgimento delle ONG e degli altri enti del terzo settore che pure rappresentano un tassello indispensabile nella cooperazione allo sviluppo, ‘Sella enfatizza il ruolo cruciale delle organizzazioni non governative e delle associazioni che ‘da anni lavorano in Africa al fianco della popolazione locale. Le ONG e le associazioni non possono essere lasciate fuori dalla concertazione e dalla programmazione’. Il presidente di Don Bosco 2000 sottolinea ancora: ‘Dobbiamo prima di tutto sconfiggere la fame e garantire a tutti un’educazione di qualità a tutte comunità locali che permetta ai più poveri di progredire. In questo ambito pensiamo che il modello di cooperazione circolare agito da Don Bosco 2000, possa essere il più adatto a garantire la tutela dei diritti agli ultimi ed al tempo stesso promuovere fenomeni di sviluppo in cui i veri protagonisti sono le comunità locali africane. Infine, Sella esprime la speranza che il Piano Mattei vada oltre gli investimenti che coinvolgono solo grandi multinazionali o player italiani. ‘L’obiettivo non deve essere solo lo sviluppo economico, ma anche sociale e culturale, in un modello che metta fine all’approccio predatorio e lavori realmente per il bene dell’Africa’. Don Bosco 2000 si impegna a collaborare e supportare iniziative che rispecchiano questi principi, lavorando per una cooperazione che metta al centro la lotta alla povertà e la promozione di un’educazione di qualità per tutti’. Perdonatemi per l’ironia ma il Presidente di Don Bosco 2000 mi ricorda Christian De Sica che in ‘Vacanze in America’ manifesta la sua presenza dentro e fuori dal set visto che si diresse a Las Vegas per giocare al casinò ma perse tutto e dovette provvedere Carlo Vanzina a pagare il conto dell’Hotel. Il governo non ha stanziato nuovi fondi per il Piano Mattei, ma è andato a prendere cinque miliardi e mezzo di euro da quelli già esistenti: circa tre miliardi e mezzo arriveranno dal Fondo italiano per il clima mentre gli altri due miliardi e mezzo verranno dalle risorse a disposizione per la cooperazione allo sviluppo. Il Piano Mattei risponde anche a questa esigenza e può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, dei quali circa 3 miliardi verranno destinati dal Fondo italiano per il clima, e circa due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo.Certo non basta, per questo vogliamo coinvolgere le Istituzioni finanziarie internazionali, le Banche Multilaterali di Sviluppo, l’Unione Europea e altri Stati donatori, che già hanno dichiarato la loro disponibilità a sostenere progetti comuni. Così come abbiamo intenzione di creare entro l’anno un nuovo strumento finanziario, assieme a Cassa Depositi e Prestiti, per agevolare gli investimenti del settore privato nei progetti del Piano Mattei. Questo è per ora, tra il serio ed il faceto, lo stato dell’arte del rapporto Italia-Africa e del Piano Mattei, sul quale mi astengo dall’esprimere valutazioni o altro, confidando nelle facoltà ‘visionarie’ dei promotori e della promotrice. Sui giudizi e sulle valutazioni sarà giusto ed opportuno esprimersi in corsa, quando il tutto acquisterà forma e consistenza.

Andrea Viscardi

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