Settemila euro al mese di cassa integrazione guadagni a tre piloti d’aereo della provincia di Verona non bastavano ad arrivare a fine mese. Così hanno pensato bene di trovare lavoro all’estero riuscendo a farsi assumere, sempre come piloti, in compagnie aeree aventi sede in Paesi del Medio Oriente. Per questo extra percepivano uno stipendio 9mila euro al mese che si andava a sommare a quello percepito grazie alla cassa integrazione guadagni. I tre però non avevano comunicato la nuova occupazione all’ente previdenziale. Cosa da poco, insomma. Una dimenticanza di poco conto che gli fruttava un bel pò di soldi a fine mese. Il loro giochetto è stato scoperto dalla Guardi di Finanza di Verona. Le fiamme gialle sono riuscite a smascherare, dopo circa un anno, questa maxi truffa ai danni dell’Inps perpetrata dai tre piloti di aereo per i quali il ricorso all’ammortizzatore sociale si era tradotta in una vera e propria opportunità per arrotondare a fine mese. Per milioni di italiani, invece, la cassa Integrazione, mobilità e licenziamenti sono un vero incubo.
Tra di loro c’era chi in un anno è riuscito a percepire indebitamente un importo netto pari ad 84mila euro, come beneficiario del piano di mobilità adottato da una compagnia aerea con sede in Italia, e 108mila euro da una compagnia aerea sita in Medio Oriente presso la quale si era fatto assumere come comandante di Airbus.
In totale sono state tre le persone segnalate dalle Fiamme Gialle Veronesi alla Procura della Repubblica per i reati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e per il reato di truffa aggravata. L’attività investigativa sviluppata dai finanzieri della sezione spesa pubblica di Verona, si è incentrata soprattutto su un’attenta analisi delle informazioni inerenti i piloti di aerei percettori di ammortizzatori sociali, pervenute a seguito di varie richieste inoltrate a varie sedi provinciali Inps per lo più del Nord Italia. Questi dati sono stati incrociati con le informazioni attinte dalle banche dati di rilievo internazionale in uso alla Guardia di Finanza. Ciò ha permesso di smascherare i tre piloti che, confidando nell’impossibilità di essere scoperti, lavoravano in paesi stranieri.