All’indomani della cattura di Matteo Messina Denaro si era data notizia di un patto, emerso durante le indagini dell’inchiesta Carminius, che rivelava la volontà di fondere in un’unica realtà criminale “cosa nostra” e la ‘ndrangheta presente in Piemonte. Protagoniste dell’accordo erano le famiglie vicine al clan dei Bonavota, lo stesso al quale appartiene il latitante Pasquale Bonavota, arrestato a Genova.
Che vi sia un’unitarietà tra le mafie regionali (cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita) è quanto emerge anche dalle indagini portate avanti dal Procuratore Giuseppe Lombardo, così come si è recentemente letto sui giornali che hanno scritto quanto da lui relazionato in Commissione antimafia già nel dicembre 2021. Il Procuratore durante la sua audizione, per chiarire meglio questo passaggio, è tornato indietro di trent’anni e ha riportato alla memoria quanto dichiarato da un collaboratore di giustizia siciliano, Leonardo Messina che, argomentando la mancanza di distinzione tra le varie associazioni criminali, ha dichiarato: “noi siamo una cosa unica”.
Le mafie sono una “cosa unica”, hanno interessi comuni e hanno trovato nel loro intento criminale la motivazione per unirsi e inevitabilmente diventare più forti. Le mafie, dunque, sono unite, lo sono sempre state… la loro forza proviene anche da questa capacità di coesione. Inevitabile chiedersi: perché la società civile non riesce a essere unita, a organizzarsi per una ribellione compatta al sistema criminale, alla “cosa unica”? A chi non conviene? Solo quando avremo una risposta a questi interrogativi, saremo davvero sulla strada giusta per sconfiggere il mostro.