Una nuova doccia fredda rischia di cadere sul governo Meloni. La terza rata del Pnrr è di nuovo sul punto di rimanere bloccata negli uffici della Commissione. Una possibilità che si è abbattuta come una scure sul giro di colloqui compiuto dal ministro italiano per gli Affari europei, Raffaele Fitto. “L’assessment” dell’esecutivo europeo, infatti, non era ancora pronto.
“Non si sta aggravando la situazione sulla terza rata, continuiamo a lavorare come avete visto anche dalla comunicazione fatta in Commissione e quindi diciamo che gli spoiler che cercano di minare un lavoro molto paziente che stiamo facendo non stanno centrando il loro obiettivo con alcune ricostruzioni un po’ bizzarre che leggo sulla stampa di tanto in tanto su questa materia”. Lo ha dichiarato, in merito al Pnrr, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un punto stampa al termine del vertice Ue. “Stiamo lavorando bene sulla terza rata, sulla quarta rata è un lavoro ovviamente lungo che è in corso e quindi non voglio entrare nel merito dei singoli dettagli. Comunque, sono molto ottimista’’.
Poiché a volte vicende piccolissime indirizzano questioni molto più grandi, è il caso di chiarire cosa c’è dietro il blocco della terza rata del Pnrr. Ormai celebre, questa è un’erogazione da 19 miliardi di euro che la Commissione europea dovrebbe aver già versato al governo al raggiungimento entro la fine dello scorso anno di 55 obiettivi da parte dell’Italia. Perché allora la rata non si sblocca? Semplicemente, prima di pagare, i funzionari di Bruxelles hanno provato a fare controlli a campione su ciò che il governo affermava essere stato fatto. Si inizia sorteggiando pochi casi quindi, se risultano degli intoppi, si estendono i controlli su un numero di campioni più ampio. E qui qualcosa è andato storto: sembra che a dicembre scorso l’Italia abbia dichiarato a Bruxelles di aver già realizzato 7.500 posti letto per studenti , ma per alcuni di questi i lavori sono ancora in corso. Gli errori sono da distribuire fra il governo precedente — che ha sottovalutato la complessità del progetto — e l’attuale che, tecnicamente, ha dichiarato a Bruxelles qualcosa che non era vero. Ha detto di aver fatto ciò che non era fatto, forse perché Palazzo Chigi ha preso per buone le rassicurazioni di qualcun altro. Così per alcuni posti letto mancanti, 19 miliardi di euro restano bloccati.
A Bruxelles Ursula von der Leyen — sostenuta in questo dal commissario italiano Paolo Gentiloni — ha iniziato a mettere fretta ai suoi funzionari perché non si ostinassero a congelare 19 miliardi per l’inghippo degli studentati. Quelli però non ci sentono, perché l’Italia ha dichiarato il falso e comunque — dettaglio decisivo — alla Corte dei conti europea poi rispondono loro personalmente. A Von der Leyen preme aiutare Giorgia Meloni, perché vuole il sostegno della premier quando fra un anno cercherà di farsi rieleggere alla presidenza della Commissione europea. Ma Bruxelles è uno strano posto dove — incredibile, visto dall’Italia — i numeri, il diritto e le questioni di merito possono persino prevalere sulle manovre politiche.
Il governo non ha preso la strada più semplice: ammettere serenamente che non tutti gli studentati erano pronti e accettare di conseguenza da Bruxelles un pagamento parziale, magari 18,8 miliardi, in attesa di ricevere i duecento milioni restanti quando gli ultimi posti letto sarebbero stati a posto.