Il Pd emette patenti di bontà sul ddl Zan, un disegno di legge doveroso ma inutile visto che non riconosceva diritti ma sanciva il contrario e l’iniziativa politica di Letta è stata quella di un dilettante quasi fosse un pentastellato.
L’iniziativa portata avanti per il ddl Zan era da social come è stata da social addebitare la sconfitta a Matteo Renzi in modo da chiudere definitivamente il rapporto con l’ex segretario, denunciando anche manovre occulte con la destra per il Quirinale.
In realtà la mossa politica ha conseguito il successo di una duplice sconfitta visto che oltre a perdere la partita Zan il Pd ha perso anche la partita del Presidente della Repubblica, regalando il centro del centrosinistra alla destra.
La cavalcata sul destriero rancoroso della politica italiana sa indubbiamente di stile politico paranoide.
Il Pd fa la conta dei buoni e dei cattivi senza preoccuparsi di chi al suo interno ha sabotato la proposta Zan visto che sarebbero addirittura quindici i suoi senatori che hanno votato contro. L’unico obiettivo politico del Partito democratico è stato quello di annientare Matteo Renzi, non quello di battere la destra ed ora, fuori tempo massimo, vuole acquistare una posizione di centro nel tentativo di rafforzare il collegio elettorale che eleggerà il Presidente della Repubblica intestandosi anche la stagione adulta di Mario Draghi.
Il Pd prima ha tentato di riportare Conte e Arcuri a Palazzo Chigi con il sostegno di Ciampolillo e Marco Travaglio ma ha subìto lo smacco della nomina di Mario Draghi, denunciando anche per questo complotti internazionali. Poi ha mal sopportato Draghi e adesso lo rimuoverebbe volentieri da Palazzo Chigi se solo non avesse paura delle probabili elezioni anticipate.
Il Pd è sul serio convinto che questa sia la strada giusta per la gloria democratica, via Draghi da Chigi ed elezioni anticipate, magari illudendosi del risultato positivo delle amministrative, sicuro che ‘i numeri non sono un problema’ sia per il Quirinale sia per le elezioni anticipate. Come non lo erano al Senato per la Zan.
La cosa più dissennata del Pd la ha rivelata il Corriere qualche giorno fa svelando che gli esponenti della segreteria Letta definiscono la squadra del premier ‘la spa di Palazzo Chigi’, centro di affari privati indicibili.
La segreteria del Pd dovrebbe smentire questa insinuazione nei confronti del team che oggi sta riprogettando da protagonista l’architettura geopolitica globale, dopo aver salvato l’Italia dall’epocale disastro economico e sanitario cui ci avevano trascinato la pandemia e la risposta del governo Conte-Pd.
Il Pd guarda il dito e non vede la luna e smetterà di essere il partito del ddl Zan solo quando smetterà di parlarne.
La politica è arte combinatoria, che consiste nel fare il possibile con il disponibile, e pertanto richiede per prima cosa di non fossilizzarsi sui propri pregiudizi, nemmeno quando fondati su solidi e meditati giudizi.
Esiste in Italia una quota potenzialmente molto grande di cittadini che odia la politica, ne disprezza le forme, ne irride le manifestazioni e non ha dubbi sulla sua intrinseca immoralità. Al suo interno c’è una parte che di volta in volta sceglie un leader di riferimento abile a presentarsi come ‘diverso’, alternativo alla politica ufficiale, forte di una sua costruita coerenza.
In tutto il mondo le persone sembrano essere d’accordo sul fatto che il libero mercato stia fallendo di fronte alle sfide associate con il cambiamento climatico e gli altri problemi ambientali.
Il mondo è pieno di validi argomenti per una sinistra che voglia riaffermare alcuni principi di equità nella distribuzione delle risorse e riposizionarsi su una linea più radicale in economia, per un fisco maggiormente progressivo, uno stato sociale più forte e un maggiore interventismo pubblico. Per non farla lunga, come segnale di svolta nel dibattito pubblico globale attorno a questi temi, basta l’esempio di Joe Biden e dei democratici negli Stati Uniti. Un esempio, comunque se ne vogliano intendere la genesi e il valore, particolarmente significativo proprio perché proveniente da loro, che sono stati per decenni il punto di riferimento delle correnti liberal, dei sostenitori della terza via, della sinistra liberale e liberista a tutte le latitudini.
Il quadro politico è sempre più sfasciato, le cosiddette coalizioni sbrindellate e i conati di centro non hanno successo. Il centrosinistra non ha avuto nemmeno il tempo di ringalluzzirsi per la vittoria nelle grandi città che si è subito auto-massacrato sulla legge Zan e anzi, con la rottura tra Enrico Letta e Matteo Renzi, in questo momento non esiste più, al massimo c’è un fronte popolare, ma dei poveri, guidato da Letta, Bersani e Conte.
Sarà molto difficile ricucire i rapporti politici – quelli umani sono saltati da tempo– tra il segretario del Pd e il leader di Italia viva visto che al Nazareno molti considerano Renzi un reazionario e un traditore.
Il Pd dovrà chiarirsi le idee e capire se vuole davvero andare avanti solo con LeU e M5s, o pensa di riaprire un discorso con Italia viva, Azione e gli europeisti di Forza Italia.
Alla prossima Leopolda, che si terrà a Firenze dal 19 al 21 novembre, Renzi, ha di fronte tre strade: andare a destra, come ‘vedono’ i duri del Nazareno; restare in mezzo al guado; o stare nel campo del centrosinistra con la propria piena autonomia di idee e di iniziativa. Ma lo si potrà sapere solo dopo la partita parlamentare per il Quirinale.
Giuseppe Conte, alla testa di 200 parlamentari, senza una linea precisa di azione politica accarezza l’idea, nonsense assoluto, di avere Draghi al Colle e passare al voto per poi, a tempo di record, retrocedere sull’idea del voto.
La manovra lascia qualcuno insoddisfatto ma il taglio delle tasse è consistente e la ripresa sarà di oltre il 6 per cento. Il vero problema, paragonabile ad una sciagura, è data dall’eventualità che Draghi lasci la guida del governo italiano. Anche Joe Biden ha evidenziato che gli Stati Uniti, come l’Italia, ormai contano praticamente solo su di lui.
Mario Draghi è diventato il punto di equilibrio sia nella politica interna che in quella internazionale. Ed è l’unica certezza dal momento…