Ponte sullo Stretto e il geologo Mario Tozzi: ‘Sciagura da evitare, per motivi economici e sismici’

Il geologo Mario Tozzi, primo ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), divulgatore scientifico e noto conduttore RAI del programma Sapiens, si esprime sul Ponte sullo Stretto:

‘Non andrebbe fatto ora, per tante considerazioni di varia natura. È un investimento di 15 miliardi di Euro che avrebbe un senso per molte destinazioni, fuorché per il ponte. In molti, non io, hanno fatto notare che non ci sarebbe alcuna convenienza dagli attraversamenti. Nel senso che questi ponti, queste grandissime opere, vanno bene dove i traffici sono enormi. Si calcola che un ponte come quello, fatto da un privato, potrebbe essere remunerato con pedaggi molto elevati in 30 anni. Perché ha bisogno di 100.000 passaggi al giorno per trovare una ragione economica. Sullo Stretto di Messina ce ne avremo 20.000 al giorno, se va bene. Non è che aumenteranno perché arriva il ponte. Poi stiamo cercando di fare il possibile per diminuire il numero di auto, invece prepariamo il collo di bottiglia dove devono passare per forza. Per non parlare dei pendolari.

Il ponte serve a tutti fuorché a coloro che vivono a Reggio Calabria e a Messina, a chi si sposta tutti i giorni. Sono complessivamente 15.000 persone. Se prendiamo quelle che si spostano da area cittadina ad area cittadina, che sono 12.000, fanno prima col traghetto. Adesso ci mettono 25 minuti. Se invece dovessero usare il ponte, dovrebbero prendere l’automobile che prima non prendevano, uscire da Reggio o da Messina – perché il ponte non avrà mica gli attracchi in città -, andare a Cannitello o a Ganzirri e attraversare. Già ci hanno messo 20 minuti per arrivare lì. Poi dall’altra parte non è che rientri in città; dai paesi devi ritornare a Reggio o a Messina (altri 20 minuti) e trovare parcheggio. Il tutto lo puoi fare invece andando a piedi, senza usare la macchina. È una follia. Se ha un senso dal punto di vista dei trasporti, potrebbe averlo per i treni.

Nessun ponte al mondo a campata unica di quella gittata ha mai ospitato una linea ferroviaria ad alta velocità. Né i ponti turchi sul Bosforo, tra i quali c’è quello più lungo del mondo, né quello di Akashi in Giappone, che è il secondo più lungo. Non ce l’hanno la ferrovia. Siamo sicuri che qui ci sarà? Per la ferrovia ad alta velocità la prima cosa da considerare sono le pendenze. I treni non è che partono dal livello del mare, si alzano fino al ponte – che sono almeno 70 metri – e poi riscendono. La galleria di imbocco dei treni deve essere molto lontana. Molto a nord in Calabria e molto a Ovest in Sicilia. Questo significa sostanzialmente devastare il territorio. Mettere quelle torri che sono alte 400 metri su colline che sono più basse, muovere milioni di tonnellate di rocce senza sapere nemmeno dove buttarle e dove prendere quelle nuove. È veramente una parte problematica. La mia considerazione è sul fatto che quei 15 miliardi faremmo meglio a spenderli contro il dissesto idrogeologico, oppure per risanare in modo antisismico Reggio Calabria e Messina. Perché se arriva un terremoto forte, diciamo intorno a magnitudo 7 – e lì è probabile che arrivi – questo significa che rade al suolo le città, mentre il ponte magari resta in piedi perché è stato costruito con altri criteri. Non ha tanto senso fare un ponte che unisce, in caso di sisma, due cimiteri. Forse è meglio mettere i denari nell’adeguamento antisismico di quei luoghi. Siamo di fronte a un paradosso senza fine. Hai usato denaro pubblico invece che per la sicurezza dei cittadini per un’opera faraonica la cui utilità è dubbia. Non ti assolve nessun tribunale intergenerazionale. Il numero delle criticità è stato indicato dal comitato tecnico. È un progetto vecchio di anni, ti fanno delle osservazioni e tu ci metti quattro mesi per rimetterlo a posto? Beh, complimenti. C’è una gran fretta, una grandissima fretta. Che è sospetta.

Queste cose andrebbero discusse con una calma molto maggiore. Stai facendo una cosa che passa pure sulle generazioni future. In questo senso io ho richiamato anche l’articolo 9 della Costituzione, perché ti devi preoccupare anche di loro. Se fai un progetto definitivo nuovo di zecca in quattro mesi, posso immaginare come sarà il progetto esecutivo. Loro dicono che poseranno la prima pietra  entro il 2024, ma io credo che questo sarà francamente impossibile, a meno di forzature. C’è ancora tutta la fase di discussione, la cosiddetta conferenza dei servizi, il dibattito pubblico che io non ho ancora visto. Ci vorrebbero tutte queste cose, quindi le controdeduzioni da parte degli esperti, di esperti di altro parere. Ci vuole un tempo per fare tutto. Il problema è che questi vogliono intitolarsi un’opera – o l’inizio di un’opera – veramente faraonica purché sia, senza stare a guardare l’utilità, la pericolosità. Poi c’è anche il fatto che noi non siamo negli Stati Uniti, nella baia di San Francisco col Golden Gate. Noi siamo in un territorio con orizzonti tipicamente più piccoli, più limitati. Paesaggisticamente è un disastro quel ponte. Tra le cose che si dicono è che i turisti verranno a vederlo. Se un turista invece di vedere Piazza Armerina, la Valle dei Templi, Palermo e Ragusa viene per vedere il ponte, beh, ricoveratelo, perché c’è qualcosa che non va. Una follia.

La mia idea è che tenteranno di far approvare un progetto anche esecutivo di un certo tipo, ma poi ci saranno tante variazioni in corso d’opera, perché le difficoltà saranno molto più dure di quelle che sospettiamo ora. Diranno, “ormai abbiamo cominciato e dobbiamo fare così, mettere questo”. È tutto a spese dell’ambiente, sarà un bagno di sangue. Senza contare che fra quelle obiezioni molte sono sulle prove per il vento. Lì è molto forte, a 70 metri di altezza. Devi costruire il ponte in una certa maniera, usando anche delle barre di deflessione del vento, che lo renderebbero ancora più pesante paesaggisticamente. Devi frangere il vento e quindi la struttura si vede. È il cosiddetto effetto baia: invece di vedere lo Stretto vedi un golfo, un’area chiusa. I progettisti nella prima fase hanno calcolato anche che ci dovrebbero essere una trentina di giorni di chiusura all’anno per il vento. Come succede sui viadotti alti, in caso di forte vento è meglio che i mezzi furgonati e telonati non transitino. Consideriamo che quel ponte è in grado oscillare una dozzina di metri in orizzontale e 10 metri in verticale nella parte centrale. Si muove tanto. Senza dimenticare quando le eruzioni dell’Etna porteranno la cenere sul ponte e dovrai chiuderlo. I traghetti non potranno abbandonarli in ogni caso.

Dicono che i collegamenti li fanno anche altrove, ma un conto è il tunnel della Manica tra Inghilterra e Francia, che unisce i Paesi con il più alto PIL d’Europa. Qua stiamo unendo le regioni a più basso PIL d’Europa. Il tunnel, fra l’altro, poteva essere un’altra soluzione. Non ha senso un’opera di questo tipo. Hanno detto che porterà 23 miliardi di valore aggiunto sul PIL. Io non riesco a trovare la fonte di questa cosa, l’ho cercata dovunque. Ma se tu metti le merci in macchina o in un camion per mandarle da Palermo a Francoforte sei un pazzo, ti dovrebbero arrestare. Hai la nave, da Palermo arrivi a Genova e risparmi molto di più, oltre a inquinare di meno. Qui si pensa di mettere tutto su gomma. E poi se lì ci passerà l’alta velocità non è che ci passeranno i treni merci. Ci sono cose che non comprendo, tra cui queste. Per non dire dire degli esperimenti sulla sismicità che non sono stati condotti. Non c’è una microzonazione sismica, cioè il fatto di squadrare il territorio, isolato per isolato se ci sono case, oppure ettaro per ettaro, per vedere qual è il possibile impatto di terremoti di diversa magnitudo. Queste cose qui non le abbiamo viste. Sembra tutto predisposto per fare in fretta e per intestarsi l’opera, ma le grandi opere lo devono assecondare lo sviluppo, mica lo devono creare. Vuol dire che sei un Paese messo male se ti affidi alle grandi opere.

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