Ponte sullo Stretto e ombre sul progetto definitivo: i ricorsi dei residenti possono bloccare l’opera

Il “parere” del comitato scientifico della Stretto di Messina SpA ha gettato notevoli ombre sulla qualità del progetto definitivo del ponte sullo Stretto, approvato a febbraio dalla stessa concessionaria pubblicata. Le tante rassicurazioni che vi hanno fatto seguito da parte dei proponenti dell’opera sono di fatto smentite da una lettura attenta del citato “parere”, realizzata dal Wwf insieme al Comitato “Invece del Ponte”.

L’ingegner Claudio Borri, membro del Comitato Scientifico, ha rilasciato negli scorsi giorni delle dichiarazioni in cui si attesta, in estrema sintesi, che: 1) è stata aggiornata con dati sempre più affidabili e parametri statistici sempre più precisi la banca dati relativa all’azione del vento; 2) il progetto definitivo prevede che l’impalcato e le torri del ponte siano dotate di smorzatori che attenuerebbero le possibili oscillazioni, dipendenti anche da mutamenti atmosferici straordinari; 3) le sfide del futuro esigono sempre un salto tecnologico, che implica uno sforzo immaginativo e applicativo.

Su quest’ultimo aspetto siamo perfettamente d’accordo: l’immaginazione contribuisce al progresso dell’umanità, ma quando si accettano sfide ingegneristiche di tale portata che coinvolgono la collettività, bisognerebbe dimostrarne anzitutto la fattibilità tecnica, oltre ogni ragionevole dubbio. Bisognerebbe spiegare, cioè, come sia possibile progettare e realizzare un ponte a doppio impalcato (stradale e ferroviario) ad unica campata di 3,3 km, in una delle aree del Mediterraneo a più elevato rischio per i terremoti e la turbolenza dei venti, quando il ponte fino ad oggi costruito con analoghe caratteristiche (Yavus Sultan Salim sul Bosforo) è lungo 1.408 metri. Il ponte sullo Stretto di Messina avrebbe una luce superiore al doppio, un salto tecnologico vertiginoso che non ha pari nella storia.

Passando, poi, alle rassicurazioni riguardo al comportamento dell’infrastruttura rispetto al vento, è il Parere del Comitato Scientifico della SdM SpA sulla relazione del progettista, cui lo stesso professor Borri ha contribuito, a chiedere a pagina 47 che siano svolte “analisi numeriche non lineari”, che consentano di determinare i “valori statici delle rotazioni e delle accelerazioni dell’impalcato soggetto a vento turbolento”, precisando a pag. 48 che tali analisi sono funzionali alla “verifica dinamica nel dominio del tempo sotto vento turbolento, considerando l’effettiva correlazione spazio-temporale della sollecitazione (velocità del vento) su impalcato, torri e cavi e quella di stabilità non lineare (…) sulle torri” ; evidentemente le analisi lineari svolte non sono adeguate.

Sempre a pagina 48 si chiede che vengano approfondite “le analisi sperimentali le rielaborazioni numeriche relative alla stabilità dell’impalcato al variare dell’angolo di attacco del vento, viste anche le differenze tra i risultati delle prove effettuate dal Contraente Generale e dal Pmc (cioè da Eurolink) e dal Project Management Consultant (Parsons Transporting Group). Aggiungiamo che alle pagine 50 e 51 del Parere del CS di SdM SpA si dice che debbano essere verificati i problemi dei massimi livelli di vibrazioni eoliche di cavi e pendini e le specifiche di risposta (statica e dinamica) dell’impalcato al vento, anche turbolento.

Ma come, i problemi strutturali sulla deformabilità e alla percorribilità del ponte sottoposto ai venti impetuosi e turbolenti dello Stretto di Messina in oltre 20 anni di studi e progettazioni dovevano dare risultati univoci e dirimenti e ancora siamo a questo punto? Così si progetta e si vuole realizzare il ponte sospeso più lungo al mondo non avendo ancora risolto problemi ineludibili riguardo alle verifiche statiche e dinamiche dell’opera? È stata messa un’ipoteca a carico della collettività da 14,6 miliardi di euro (si vedano il DEF 2023 e l’analisi costi-benefici del progetto), coprendone solo 11,6 nella Legge di Bilancio 2024 per realizzare un’opera che, letteralmente, ad oggi non sappiamo se starà in piedi. A parte foraggiare senza limiti la progettazione del GC ci auguriamo davvero che si dicano parole di verità; quelle che finora non abbiamo sentito.

Nell’immaginario comune – e nonostante fiumi d’inchiostro su un progetto che, nella sua ossatura, è questo da vent’anni – quella degli espropri legati al Ponte sullo Stretto era una faccenda che riguardava perlopiù gli abitanti di Torre Faro e Ganzirri, Granatari al massimo. Non è così e con la pubblicazione dell’elenco di oltre 1.500 pagine delle ditte oggetto di esproprio (per “ditte” si intende tutti i soggetti, privati e pubblici, interessati) ci si è resi conto come l’opera Ponte riguardi sì Torre Faro, ma anche Sperone, anche Pace, anche l’Annunziata, anche viale Italia, anche Contesse dove, ad esempio, è prevista l’area di cantiere più grande dopo quella principale di Torre Faro.

Oltre all’elenco degli espropriandi, la Stretto di Messina ha pubblicato anche le dieci tavole che trasferiscono su mappa le stesse particelle d’esproprio, rendendo meglio anche geograficamente l’idea di cosa accadrà e dove. Le ripercorriamo una dopo l’altra. Da via Circuito al torrente San Filippo.

TAVOLA 1 E TAVOLA 2

È qui che approda il Ponte, qui sorgerà la torre del versante Sicilia, alta 399 metri. Solo qui sono previsti gli espropri che, nelle mappe, sono indicati col colore rosa, legati, cioè, alla sede del ponte. A questi si aggiungono quelli per per ferrovie e strade, in mezzo ai due laghi di Ganzirri. Tra i complessi abitativi più interessati c’è il Residence dei Margi, tra i luoghi più conosciuti la trattoria Gitano’s. Un’area sarà occupata per piste e cantieri, tra la via Margi e il Canale degli Inglesi. Altre aree, prossime al Ponte, saranno espropriate per successivi interventi di riqualificazione ambientale. Diverse sono le cosiddette zone di asservimento (indicate, in ogni tavola, col colore viola), e cioè quelle aree che non saranno espropriate, ma utilizzate a “servizio” dei cantieri. Più a monte, viene “risparmiato” il cimitero di Granatari, circondato però da aree espropriate per cantieri ferroviari. Un’ampia zona di asservimento è prevista anche a Mortelle e lungo il primo tratto Panoramica. Interessata anche un’area a monte della via dei Due Mari, a Mortelle. La “Tavola 2” descrive ciò che è previsto nell’area immediatamente confinante, quella a monte della Panoramica che va verso sud (zona Forte Spuria) e nel quale sono previsti espropri di terreni per cantieri ferroviario e stradali. Si arriva, sostanzialmente, alla barriera di esazione, punto terminale del viadotto Pantano e inizio del collegamento autostradale.

TAVOLA 3 E TAVOLA 4

La zona della “Tavola 3” è quella del torrente Guardia, tra la Panoramica e via Torrente Curcuraci-Guardia. Qui gli espropri risultano funzionali a deviazioni di strade e corsi d’acqua e per ferrovia, ma ci sono anche piste di cantiere e aree di riqualificazione ambientale. È una zona in buona parte costituita da cave, da progetto è previsto uno svincolo a Curcuraci. Altri espropri a Pace – anche questa zona di cave – nei pressi dell’impianto della Messinaservizi (che non è interessato dagli espropri). Anche qui i cantieri riguardano soprattutto strade: va ricordato, infatti, che il progetto prevede nuovi viadotti e gallerie, da Faro Superiore all’Annunziata.

TAVOLA 5

E proprio l’Annunziata è un’altra delle zone “calde”, in termini di espropri. Qui è prevista una delle stazioni metropolitane, il cui cantiere interesserà, soprattutto, l’ex campo di calcio di via del Fante, ma ad essere espropriata sarà anche un’intera palazzina alle spalle della chiesa dell’Annunziata, dall’altra parte del viale. Più a monte, invece, il cantiere per il nuovo svincolo dell’Annunziata, punto di raccordo con l’autostrada A20, comporterà l’esproprio di parte dei terreni di proprietà dell’Università, compresa una porzione dell’area in cui sorge la piscina della cittadella sportiva.

TAVOLA 6

C’è anche un pezzo di centro città coinvolto nell’affaire espropri. Si tratta, anche qui, di un’area destinata ad ospitare un’altra stazione metropolitana, la stazione Europa, ed è localizzata nella parte più a sud di viale Italia, subito dopo l’incrocio con viale Europa, e comprende una piccola porzione di via Santa Marta. Maggiormente interessata un’area tra la stazione dei carabinieri Messina Camaro e l’ospedale militare. Una piccola zona verrà espropriata anche a Montepiselli, in corrispondenza del parcheggio di un residence.

TAVOLA 7

Si arriva a Contesse, l’area più a sud della città interessata dai cantieri del Ponte. Un’ampia zona sarà di semplice “asservimento”, non destinata dunque ad esproprio vero e proprio, ma utile al cantiere in modo indiretto: si tratta di parte della via Marco Polo (c’è anche l’area del mercato ortofrutticolo), di un tratto confinante con il 24esimo Artiglieria, si attraversano via Adolfo Celi e il quartiere di Minissale e parte di un altro complesso residenziale. Gli espropri veri e propri riguarderanno alcune abitazioni ed edifici di via Stagno e di parte di via del Carmine, oltre all’istituto delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore. L’area di cantiere si spinge fino alla parte bassa del torrente San Filippo, tocca anche via Calispera (dove si trova la ex Decon della Messinaservizi) e risale fino ai bordi della ex Statale, interessando anche una piccola porzione della via Consolare Valeria. A Contesse è previsto il più importante cantiere ferroviario, qui, peraltro, sfocerà la lunga galleria (ferroviaria anch’essa) Santa Cecilia, che dalla stazione Europa si conclude alla stazione Contesse, appunto, per formare un bivio: a sud i binari proseguiranno verso Catania, a nord verso la nuova stazione di Gazzi.

TAVOLA 8

Si ritorna a nord, dove verrà realizzata la stazione metropolitana Papardo, la prima per chi sbarca in Sicilia dal Ponte. Verrà espropriato un terreno confinante con l’ospedale Papardo, subito a valle (ma non l’ospedale, come precisa la stessa “Stretto di Messina”). E verrà espropriata una vasta area che interferisce, in parte, con il terreno acquistato dallo Iomi per il costruendo Policlinico dello Stretto (la Giomi Spa, infatti, figura tra le ditte espropriande).

TAVOLA 9 E TAVOLA 10

Le ultime due tavole includono porzioni davvero piccole di terreni, entrambe destinate prevalentemente a piste di cantiere: una a Faro Superiore, in contrada Feo, e una a monte del campo di atletica Cappuccini, sotto il viadotto autostradale Trapani. Sempre la Stretto di Messina, inoltre, precisa che «nessun immobile “ex orfanatrofio” è interessato da esproprio: la dicitura “Orfanatrofio”, contenuta nel Piano espropri, riguarda un terreno e un tratto di strada interessati da asservimento per passaggio di pubblici servizi (energia elettrica, acquedotti, ecc.), quindi non esproprio. Sono intestati all’Istituto delle figlie del divino zelo detto Orfanotrofio Antoniano femminile e all’Orfanatrofio Antoniano maschile del canonico Annibale Maria di Francia. Si tratta di lasciti di terreni per Opere Pie».

Si può fermare questa distruzione soltanto con la caduta del governo. Infatti non v’è altro modo siccome con le proteste si giungerà soltanto all’intervento delle forze dell’ordine (si veda la TAV) dato che esiste una legge e l’Esecutivo in tal caso ha sempre l’obbligo di intervenire. Questa legge può essere abbattuta soltanto dalla Corte Costituzionale. ma anche per ragioni amministrative dal TAR. Dunque se i no-ponte vogliono vincere la loro battaglia culturale, devono sperare in un intervento del genere, anche per evitare gli scontri qui paventati.

Il procedimento espropriativo  è stato avviato.

La sentenza numero 181/2011 della Corte Costituzionale stabilisce che “il parametro economico di riferimento per la quantificazione della relativa indennità è il valore di mercato del bene… dei siti… considerati tutti i requisiti specifici… già in sede di offerta dell’indennità provvisoria in base a valori adeguati”.

Ma quant’è il valore di mercato? “Il prezzo al quale il bene potrebbe essere venduto, al momento della stima, fra un compratore e un venditore entrambi interessati alla transazione, in assenza di interessi particolari”. E per stabilirlo “è diffusissima la presenza di molteplici listini con le quotazioni dei valori degli immobili urbani”.

Per la determinazione del più probabile valore di mercato dei fabbricati, si fa riferimento “agli esiti delle indagini eseguite presso la banca dati deII’Omi, edita daII’Osservatorio immobiliare deII’Agenzia del Territorio, alle inserzioni sui siti delle agenzie immobiliari e ai sondaggi pubblicati periodicamente dalla Banca d’ItaIia sull’andamento del mercato immobiliare”.

Per i terreni agricoli si fa riferimento al “Listino dei valori Immobiliari dei terreni Agricoli” riferiti all’anno 2022, pubblicato dalla casa editrice Exeo, che ha costituito un Osservatorio dei Valori Agricoli (Ova).

“Nel caso di esproprio di un’area non edificabile, I’indennità definitiva è determinata in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio deII’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola”.

“L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al Valore venale del bene”; “Nel caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata, l’indennità è determinata nella misura pari al valore venale”.

Si tiene conto anche della eventuale presenza sulle aree coinvolte dalla realizzazione delle opere di pozzi, recinzioni ecc., valutati mediante l’applicazione dei prezziari più diffusi, oppure di frutti in via di maturazione prossimi alla raccolta che, per motivi di urgenza nella esecuzione dei Iavori, dovranno essere anticipatamente distrutti.

“Nel caso di esproprio parziale di un bene unitario, il valore della parte espropriata è determinato tenendo conto della relativa diminuzione di valore”. Le tipologie di danno sono prevalentemente quelle dovute a: divisione dell’immobile espropriato, ovvero alla perdita dell’accesso originario con sostituzione dello stesso con uno più difficoltoso; aumento delle tare per modifica delle viabilità aziendali esistenti; immissioni lecite ma moleste ai sensi dell’art. 844 del codice civile; sommatoria di eventi che comunque comportino un deprezzamento delle parti residue.

Sono oltre 400 tra abitazioni private e locali commerciali, gli edifici che dovranno essere abbattuti. Quasi tutti, tra i laghi di Ganzirri e la riserva naturale di Capo Peloro, dove sorgerà una torre di quattrocento metri, che fungerà da pilone. Il resto, negli altri quartieri, interessati dalle opere collaterali, come strade e ferrovie, tra l’Annunziata e Contesse. E in Calabria, ovviamente.

La confusione, però, regna ancora sovrana. E proprio per questo motivo, a Messina, un anno fa, da un’iniziativa di un gruppo di cittadini, è nato il comitato “No Ponte – Capo Peloro”. A guidarlo, tra gli altri, i coniugi Daniele Ialacqua e Mariella Valbruzzi, storici ambientalisti e “nopontisti”, assieme ai figli, Giuseppe e Nicola: «Stiamo lottando – afferma Mariella – affinché non si arrivi all’apertura dei cantieri. I giochi, ancora, non sono fatti. E abbiamo tante carte da giocare».

La mobilitazione, dunque, è pronta. Il comitato “No Ponte” è stato tra i primi a schierarsi al fianco dei cosiddetti “espropriandi”. Racconta Daniele Ialacqua: «Stiamo studiando queste 1.526 pagine, più di mille persone rischierebbero di perdere la propria casa. Non ho memoria di un’opera che ha visto così tanti espropriati».

Secondo l’amministratore delegato della società “Stretto di Messina”, Pietro Ciucci, gli immobili da espropriare, a Messina, saranno trecento. E centocinquanta, invece, in Calabria. «Ciucci parla di molte seconde e terze case, ma questo non vuol dire niente. – prosegue Ialacqua – Abbiamo organizzato un’assemblea, lo scorso 16 marzo, dal titolo emblematico: “Siamo tutti espropriandi”. E ci teniamo a ribadire un concetto: gli “espropriandi”, per noi, non sono solo coloro che perderanno la loro casa, ma anche quelli che si troveranno a vivere tra oltre quaranta cantieri, di cui, a quanto pare, trentadue nel Messinese e undici in Calabria. C’è chi ci chiede informazioni, chi vuole intraprendere azioni legali e chi vuole sapere se subirà i danni dei cantieri, anche indirettamente. Gli “espropriandi”, forse, solo adesso, hanno percepito il reale pericolo del ponte sullo Stretto».

Per sessanta giorni a gli “espropriandi” messinesi potranno rivolgersi agli sportelli informativi del PalaCultura: «Uno sportello informativo, aperto un paio d’ore al giorno, per tre giorni a settimana, con un appuntamento da concordare, è il massimo che Ciucci concede alle nostre famiglie – afferma un “espropriando”, settantenne, che vuole mantenere l’anonimato – Uno sportello che sarà aperto in una struttura comunale, messa a disposizione dall’amministrazione messinese, che, invece di tutelare i cittadini, si mette al servizio di una società privata: non può funzionare così».

E alza la voce anche il comitato “Invece del Ponte”, nato nel febbraio 2023: «La verità è che non c’è nessun progetto approvato – scrive il comitato – Arriveranno, invece, montagne di osservazioni. E partiranno innumerevoli ricorsi».

Per poter avviare il cantiere sono necessarie opere come bonifica dei territori, le indagini archeologiche e la predisposizione della base cantieristica, lavori che devono essere preceduti proprio dall’esproprio delle case. Le famiglie che dovranno lasciare le proprie abitazioni sono circa 450, 300 in Sicilia e 150 in Calabria, per un totale di 3,7 milioni di metri quadrati da liberare.

Anche se sono previsti naturalmente indennizzi e assistenza per i proprietari, dopo la pubblicazione della lista completa delle case da demolire e delle aree da sgomberare per dare il via al cantiere, in attesa dell’approvazione definitiva, sono subito iniziate le proteste. “La mia casa ricade in zona cantiere a Torre Faro, è la casa dei miei nonni, la mia famiglia vive lì da almeno 100 anni, lo definisco il luogo dell’anima per gli affetti che racchiude, non ha solo valore materiale ma anche affettivo, valori che vengono calpestati completamente”, dice Giovanni Pizzimenti, 78 anni, uno dei cittadini la cui casa ricade tra quelle oggetto di esproprio per la costruzione del ponte. “Non penso a un’alternativa a quella casa e non vogliamo arrenderci – continua – perché per me quello è il posto dove vivere, dove abitavano i miei genitori, dove vive la mia famiglia”.

L’esproprio è un istituto previsto dalla legge, che è normalmente utilizzato per realizzare infrastrutture di interesse pubblico. Ma gli espropri veri e propri per il Ponte sullo Stretto non sono ancora partiti. Mancano alcuni passaggi obbligati, senza i quali gli espropri previsti rimarranno sulla carta. Funziona così: per 60 giorni, a partire dal prossimo 8 aprile, i soggetti i cui beni sono interessati dalle procedure espropriative per l’infrastruttura, potranno rivolgersi per l’assistenza con personale tecnico, dopo aver preso un appuntamento telefonico, e fare le proprie osservazioni.

Ma allo scadere dei due mesi gli espropri non scatteranno immediatamente. Prima di tutto serve la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, che è propedeutica agli espropri, e che limita le possibilità di utilizzo di quell’area. È l’articolo 42 comma 3 della Costituzione a dire che “la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Nel caso in cui l’opera dovesse essere ritenuta di interesse pubblico, allora gli espropri di case e terreni che ricadono attualmente nelle aree in cui sono previsti i cantieri saranno inevitabili.

Prima di passare agli espropri però serve l’approvazione del progetto definitivo: prima serve l’apertura della Conferenza dei Servizi, che come ha detto Salvini è convocata per il 16 aprile; parallelamente occorre anche la Valutazione d’Impatto Ambientale; e infine il Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, dovrà approvare il progetto, che solo a quel punto potrà essere dichiarato di pubblica utilità. Tecnicamente però gli espropri non potranno cominciare prima della preparazione e dell’approvazione del progetto esecutivo, che dovrà recepire anche le 68 prescrizioni ed osservazioni che il comitato tecnico scientifico ha espresso sul progetto definitivo aggiornato.

“Hanno velocizzato le procedure, stanno cercando di correre probabilmente perché sperano di poter fare un inizio formale dei lavori a ridosso delle europee. Ma in ogni caso l’inizio dei lavori è molto lontano: devono prima approvare il progetto esecutivo, e verificare l’effettiva esistenza dei fondi. Passeranno altri due o tre anni”, ha spiegato il professor Domenico Marino, docente di Politica economica ed Economia dell’innovazione all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, co-autore del dossier di Kyoto Club, Lipu e WWF ‘Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte’.

“Ma paradossalmente la procedura dell’esproprio è immediatamente impattante, anche se non si può ancora parlare di espropri propriamente detti. Al momento hanno solo pubblicato le aree sul territorio che potenzialmente saranno soggette agli espropri in futuro, per vincolarle. Solo dopo che il Cipess approverà il progetto potrà partire la vera e propria procedura degli espropri. Il via libera da parte del Cipess, secondo il loro programma, dovrebbe arrivare tra giugno e luglio. Ma su questo ci sono molte incognite, perché la procedura amministrativa che hanno seguito non è lineare, anzi è molto complessa e si presta a ricorsi, che possono bloccarla”, ha aggiunto il professore.

Nella stima dei tempi per la realizzazione dell’opera insomma non vanno sottovalutati i ricorsi da parte di cittadini e associazioni, che posso opporsi all’avvio dell’iter di esproprio al tribunale amministrativo regionale (TAR) per contestare la decisione o la legittimità delle procedure seguite dallo Stato. Ad esempio potrebbero contestare il fatto che l’aggiornamento del progetto definitivo è stato fatto da un soggetto che non aveva titolo a farlo, cioè il consorzio Eurolink, che è attualmente in contenzioso con lo Stato italiano. Un altro punto debole della procedura è la Valutazione d’Impatto Ambientale, che anche in caso di parere positivo potrebbe essere impugnata.

“Il punto è che hanno voluto a tutti i costi avviare la procedura degli espropri – che si sarebbe potuta rimandare – danneggiando così circa 500 famiglie e oltre un migliaio di persone, perché in ogni caso questi proprietari, semplicemente con la pubblicazione del piano degli espropri, si sono visti azzerare il valore della loro casa. Senza contare il fatto che hanno un’incertezza sul futuro, un danno esistenziale. Qual era la necessità di fare un piano di espropri prima della regolare conclusione di tutta la procedura dell’opera? Si sarebbe potuto attendere tranquillamente l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipess. Questo non farà altro che creare altre cause e contenziosi che potranno bloccare il progetto, paradossalmente questa mossa è stata un’arma a doppio taglio: pensavano di velocizzare la procedura, ma hanno creato i presupposti per degli stop futuri”, ha detto Marino.

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