Ponte sullo Stretto, Messina si prepara agli espropri e ai cantieri: ‘Il 19 marzo la Società Stretto di Messina fornirà all’amministrazione comunale la lista completa con il nuovo piano espropri’

Forse il Ponte non è fattibile sullo Stretto di Messina. Ma di sicuro sarebbe utile, attendiamo il parere di tutti gli enti preposti per sapere se può essere adatto alla conformazione del territorio. Sbagliato, dannoso e inutile. Così, come un mantra, alcuni definiscono il progetto del Ponte sullo Stretto. Una delle obiezioni più forti è che al mondo non esiste un Ponte a campata unica di 3.300 metri, che la massima lunghezza di un ponte autostradale è di 2.023 metri (Dardanelli) e ferroviario di 1.377 metri (Tsing Ma, a Hong Kong, e sempre in Cina ce n’è in costruzione un altro da 1.488 metri).

In effetti si tratterebbe di un salto del 63 % per il percorso autostradale e del 140 % (nel caso di quello in costruzione del 122 %) per il percorso ferroviario. Roba non da poco ma, ovviamente, non si tratta di una motivazione assoluta per dimostrarne l’infattibilità. Che non esista un’opera con determinate caratteristiche non significa che non possa esistere, nella storia umana da sempre i record sono stati battuti, anche se esistono dei limiti.

Visto che a stabilire i limiti non possono essere giornalisti né avvocati, medici o altri che non siano ingegneri, lasciamo a loro il compito e, in attesa di risposte che andranno messe nero su bianco su un eventuale progetto esecutivo, cerchiamo di capire se, in altre condizioni più semplici, un ponte sarebbe utile.

Ipotizziamo che la distanza minima dello Stretto di Messina non sia di 3.300 metri ma di 2.023 metri o, considerando la percorribilità ferroviaria, di 1.377 metri. E ci poniamo una domanda: se le sponde dello Stretto di Messina fossero distanti 1.377 metri, non 3.300 metri, sarebbe conveniente costruire un Ponte? La risposta è indubbiamente sì ed è già stata fornita dai massimi esperti.

Proviamo a immaginare l’esistenza di un Ponte sullo Stretto di Messina e analizziamone i vantaggi. Partiamo dalla lunga percorrenza. Ad oggi per attraversare lo Stretto in auto si impiega da un minimo di un’ora fino a due ore in alcuni periodi di punta fino ai casi limite delle tre o quattro ore in agosto. Non si tratta, ovviamente, dei soli venti minuti di traversata.

Agli imbarchi bisogna arrivarci nel traffico urbano, trovarsi con un minimo di anticipo al serpentone di rada San Francesco, fare fila, salire a bordo nave, poi i venti minuti di traversata, l’attesa per lo sbarco, un altro tratto urbano prima di poter arrivare in autostrada. Ecco che così si arriva a un’ora, in condizioni ideali, ed ecco perché l’ultimo studio affidato dal Ministero spiega che Sicilia e Calabria è come se fossero distanti tra loro cento chilometri.

Un Ponte può essere attraversato in due minuti ma un’altra obiezione è che si dovrebbero percorrere 10 km di autostrada in più. Obiezione fallace perché a fronte di 10 km di autostrada in più su sponda sicula ce ne sarebbero 5 in meno su sponda calabra.

Un vantaggio anche per i centri di Messina e Villa perché, a differenza di quanto avviene ora, il percorso sarebbe tutto autostradale, senza invadere le strade urbane. Cioè si potrebbe entrare in autostrada a Catania o a Palermo ma anche a Messina Centro o Messina Sud e ritrovarsi in Calabria senza mai uscire dall’autostrada.

Proprio per evitare il passaggio dai centri urbani, ma non è l’unico motivo, è stato pensato il porto di Tremestieri. Lì, nei programmi, verrà spostato tutto il traffico navale non pedonale. E lì la traversata dura 50 minuti, quindi i tempi sono destinati ad aumentare ancora.

Per attraversare in treno, invece, ancora oggi, nel 2024, s’impiega un tempo compreso tra un’ora e quaranta e due ore e trentacinque tra arrivo e ripartenza.

Nei programmi, coi treni a batterie, questi tempi potrebbero essere ridotti fino a un’ora e cinque minuti. Se accadrà si abbatteranno gli inaccettabili tempi attuali ma resterà un tempo lungo, a maggior ragione perché riguarderà solo gli Intercity, non la tipologia di treno preferita dalla maggior parte dei messinesi e dei siciliani non a mobilità ridotta. Ad oggi, infatti, in soluzione aliscafo più treno Freccia si può arrivare da Messina a Roma e viceversa in un tempo compreso tra 5 ore e mezza e 6 ore, a seconda delle soluzioni, mentre gli Intercity impiegano da un minimo di 8 ore e 9 minuti ad un massimo di 9 ore e 35 minuti. Anche riducendo questi tempi di un’ora, restano comunque ben più alti della soluzione aliscafo più treno. La forbice si allarga ancora di più per gli spostamenti da e verso il nord di Roma e se l’Unione Europea sostiene che il traffico deve passare dal gommato al treno, ecco la risposta.

Per ultimo, ma non meno importante, il Ponte potrebbe essere utile anche per il traffico locale. E’ vero che per i pendolari tra Messina e Reggio la soluzione più conveniente potrebbe restare l’aliscafo che impiega 30 minuti in direzione Reggio e 35 minuti in direzione Messina. Ma è anche vero che si aprirebbero nuove prospettive. Ad esempio i centri di Messina e Reggio sarebbero collegati in 35 km di autostrada che, in termini di tempo, possono essere inferiori rispetto a 11 km di mare (la distanza tra i due porti). Ad esempio l’aeroporto di Reggio Calabria, che da fine aprile avrà finalmente altre destinazioni, sarebbe raggiungibile da Messina Centro con 40 km di autostrada, quindi in 20 o 30 minuti a seconda del punto di partenza, tempi impossibili da equiparare in soluzione aliscafo più bus. E da Messina Nord ancora meno. Diventerebbe più vicino anche l’aeroporto di Lamezia, che dista 110 km dall’imbocco nord dello Stretto, e potrebbe essere raggiungibile in un’ora, oggi serve almeno il doppio del tempo. Non sono opinioni ma dati oggettivi.

Solo così, e mai diversamente, si potrà formare una vera area metropolitana dello Stretto, che avvicini i 220mila abitanti di Messina ai 190mila che sommano Reggio, Villa e Scilla, per un totale di oltre 400mila.

“Per riuscire a non andare in perdita, dovrebbe portare ad aumentare gli attuali volumi di attraversamenti di venti volte. Purtroppo il nostro Mezzogiorno è in una fase di declino demografico in cui perderà circa 4 milioni di abitanti nei prossimi vent’anni”. Oltre a quelli già persi negli scorsi anni, aggiungiamo noi. Parole dell’economista ed ex presidente dell’Inps, Tito Boeri.

Raramente le analisi costi benefici danno risultati oggettivi e infatti per altre grandi opere si è arrivati a conclusioni opposte. Un esempio su tutti: il Terzo Valico, cioè l’alta velocità ferroviaria Genova – Tortona, i cui lavori sono iniziati nel 2013 (in contemporanea a quando il progetto del Ponte veniva fermato per la difficile situazione finanziaria del Paese) con fine prevista nel 2026 e una spesa vicina ai 10 miliardi, per la quale nessuno dalle nostre parti ha protestato.

Ci si chiede: perché il sud è in declino demografico e cosa bisogna fare per invertire la tendenza? Forse è in declino perché negli anni non sono stati realizzati servizi adeguati a differenza del nord Italia? Basti pensare all’alta velocità ferroviaria che da anni si ferma a Salerno e solo ora si progetta verso sud.

Non realizzare grandi opere può aiutare il Sud? O forse è il contrario? Non deve lo Stato investire al sud, anche a costo di eventuali svantaggi economici, per dare servizi? E se continuerà a non investire come potrebbe mai invertirsi il declino? Tutto questo senza dimenticare che già oggi lo Stato paga per un servizio in perdita, quello del traghettamento pubblico.

Le conclusioni sono due: la prima è che non sappiamo se un Ponte sullo Stretto di Messina sia fattibile e dannoso e per questo ci affidiamo agli esperti. Se dovesse essere infattibile o dannoso non si arriverà all’approvazione del progetto esecutivo. La seconda è che, se fosse fattibile e non dannoso, sarebbe indubbiamente utile.

L’obiezione che un Ponte possa non essere adatto alla conformazione dello Stretto di Messina è plausibile. Così com’è plausibile ipotizzare che sia dannoso per l’ambiente, anche quest’aspetto dev’essere analizzato dagli esperti. Quel che non è plausibile è ipotizzare che sarebbe inutile. A meno di non pensare che accorciare le distanze sia inutile e che chi ha costruito centinaia di ponti nel mondo abbia fatto un lavoro inutile. In diverse parti del mondo hanno ritenuto che l’insularità è un male economico. Non è l’unico parametro, chiaramente, ma uno dei.

Si legge che “la Sicilia è, tra i casi studio considerati, l’isola che presenta il più elevato potenziale di collegamento tra quelle che oggi non posseggono un collegamento stabile con la terraferma e il suo rapporto popolazione/distanza è molto superiore a quello di diverse isole che posseggono già un collegamento stabile”.

Ecco perché le obiezioni di chi dice che il Ponte sarebbe infattibile o dannoso sono da prendere in considerazione e analizzare bene. Ecco perché l’obiezione di chi dice che il Ponte sarebbe inutile è inaccettabile.

La custodia dell’Area dello Stretto, un piano di sviluppo per il territorio che integri mobilità, valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, un sì allo Stretto e No al Ponte. Sono stati questi i temi intorno a cui si è confrontata la molto partecipata iniziativa organizzata da La Strada e tenutasi presso l’aula del Consiglio Comunale di Reggio Calabria. Le numerose presenze sono state testimonianza della necessità di un dibattito pubblico sull’opera Ponte, del bisogno di ascolto da parte delle Istituzioni delle istanze e delle ragioni approfondite del No.

Presenti il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà, di Villa San Giovanni Giusy Caminiti, di Campo Calabro Sandro Repaci, insieme a diversi consiglieri comunali e assessori dei tre comuni. Dopo i saluti del Presidente del Consiglio di Reggio Calabria Enzo Marra e l’introduzione ai lavori del consigliere de La Strada Saverio Pazzano, sono intervenuti i senatori Nicola Irto per il PD, Giuseppe Auddino per il Movimento 5 Stelle, e, in collegamento da remoto, il deputato Angelo Bonelli per Europa Verde e Jasmine Cristallo della Direzione nazionale PD.

Insieme a loro il segretario provinciale di Europa Verde Gerardo Pontecorvo e il segretario provinciale del PD Antonino Morabito, di Enzo Musolino segretario PD del circolo di Villa San Giovanni, il già consigliere regionale Mimmo Talarico del movimento Attiva Rende. Per i sindacati presenti Pino De Felice della CGIL e Aldo Libri per SUL.

Tanti anche i rappresentanti della società civile, delle associazioni, dei movimenti, dei partiti tra i quali si sono segnati gli interventi di Nuccio Barillà, già assessore e consigliere comunale di RC, nonché dirigente nazionale di Legambiente per la cui associazione è intervenuto anche Angelo Raso, di Piero Idone per il WWF, di Elio Conti Nibali del comitato messinese Invece del Ponte, di Nino Mallamaci già consigliere comunale e già assessore della primavera di Reggio Calabria, di Sergio Soraci per il Comitato No Ponte di Messina, di Maurizio Marzolla della Rete No Ponte del versante calabrese, di Francesco Zuccarello del Touring Club. Insieme a loro, nell’aula consiliare gremita, tanti attivisti de La Strada, tante altre personalità della vita sociale, culturale e politica dell’Area dello Stretto, tante persone interessate a conoscere i perché delle enormi e insanabili criticità relative al Ponte.

Chiarissime e nette le posizioni dei partiti nazionali, per un’opera che ha già tolto risorse e programmazione ai bisogni del territorio, approfondite e appassionate le analisi in tutti gli interventi. Il No ad un’opera inutile e che avrebbe un impatto estremamente negativo per il territorio è stato posto in una discussione articolata e ricca di dettagli e spunti. Tante e pressoché tutte irrisolte risultano le criticità della progettazione del Ponte, necessari risultano altre opere pubbliche e altri interventi per le due coste e per le due regioni.

In questo contesto gli attivisti hanno chiesto ai rappresentanti degli enti locali, ai sindaci una chiara posizione sul Ponte, perché le ragioni fondatissime del No trovino spazio nelle sedi istituzionali competenti. Più orientate all’aspetto burocratico-amministrativo le risposte dei rappresentanti degli enti locali e meno all’aspetto politico e alle necessarie scelte e impostazioni amministrative conseguenti.

Un tratto sul quale saranno necessari ulteriori confronti e su cui si è registrata, in chiusura, la disponibilità di Giuseppe Falcomatà ad un consiglio comunale aperto, come chiesto -con riferimento anche ad un consiglio comunale aperto sullo stesso tema svoltosi anni fa- da Nuccio Barillà in un intervento all’inizio dei lavori.

Sarà l’occasione per ulteriori approfondimenti e per ribadire, sempre in una sede istituzionale, la linea competente di un fronte ampio e plurale, nonché unito, a cui la Strada ha saputo con autorevolezza dare voce.

Cento metri. Cento metri di speranza. Cento metri di ansia e preoccupazione. È questa la distanza che insiste tra la villetta nella quale vive Francesca (nome di fantasia, ndr) con la sua famiglia nel borgo marinaro di Torre Faro e la zona in cui dovrebbero sorgere le fondamenta dei pilastri della sponda siciliana del ponte sullo Stretto: secondo il precedente piano espropri, saranno 139 le confische di immobili e terreni da parte dello Stato in tutta l’area; la sua sarebbe però una delle ultime case a essere risparmiate dagli scavi.

Dal 2006, quando quella casa è stata costruita in un contesto residenziale di villette a schiera, una spada di Damocle continua a pendere sul capo di tutta la famiglia: non sapere se il ponte sarà mai davvero costruito e quindi se saranno costretti ad andar via dai luoghi in cui sono cresciuti.

Avevano esultato il 15 aprile del 2013, quando il Governo Monti aveva messo in liquidazione la società Stretto di Messina e quindi mandato in soffitta il progetto per la realizzazione del ponte. I pensieri sono tornati però reali poco meno di un anno fa, con l’approvazione del Decreto Ponte che rimetteva in piedi tutto il progetto.

Adesso, il 19 marzo la data segnata in rosso sul calendario: proprio in quella giornata la Società Stretto di Messina fornirà all’amministrazione comunale la lista completa con il nuovo piano espropri. Loro non ne erano ancora a conoscenza, perché nessuno ha avvisato gli abitanti di Torre Faro e di Ganzirri rispetto a cosa davvero stia accadendo.

Da quel momento, palazzo Zanca si prenderà tutto il tempo necessario per effettuare le verifiche del caso: “Se ne riparlerà non prima di aprile inoltrato, intanto attendiamo il 19 marzo“, ha confermato in esclusiva ai microfoni del Quotidiano di Sicilia il vicesindaco di Messina, Salvatore Mondello. In seguito, il documento tornerà nuovamente negli uffici della Società Stretto di Messina per le eventuali modifiche apportate dai tecnici comunali. Se il piano sarà approvato anche a Roma, entro l’estate si potrà pensare di dare esecuzione agli espropri per l’esecuzione del progetto del Ponte sullo Stretto. Con le battaglie legali che preannunciano sin da ora di bloccare l’eventuale apertura dei cantieri. Di certo, con lavori che non potranno esseri avviati entro il periodo estivo, come invece in precedenza annunciato dal ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini.

È una giornata di pioggia e vento quella che ci accoglie a Torre Faro. Poche macchine ad affollare la zona, solitamente meta di interesse estivo dei messinesi. Qui ci si viene a mangiare del buon pesce e ad ammirare le meraviglie di un paesaggio unico al mondo. Ci troviamo a poco più di tre chilometri dalla sponda calabra dello Stretto: è il punto di congiunzione più vicino, quello in cui il mare sembra rappresentare un ponte blu immaginario che conduce alla penisola italica. Un ponte di acciaio che invece il Governo ha davvero intenzione di realizzare per unire la Sicilia all’Italia, ma soprattutto per rilanciare l’economia dei territori. Con i territori che a quell’economia sembrano però in larga parte refrattari.

Tre sono i ristoranti che insistono in poco più di duecento metri: due dovrebbero essere espropriati per fare spazio ai cantieri, solo quello della famiglia di Francesca dovrebbe sopravvivere. In quel triangolo, un vecchio motel ormai abbandonato da oltre 15 anni. “La struttura è fallita tanto tempo fa, ma mai nessuno ha più voluto rilevarla e rimetterla in funzione proprio perché da sempre qui si vive con l’idea che il ponte sullo Stretto possa davvero essere realizzato”, spiegano alcuni abitanti di via Circuito, con le fondamenta dell’impalcato che dovrebbero essere costruite al posto del vecchio motel.

“Dovremmo essere gli unici a sopravvivere e sarebbe di certo un bene pensare di poter aprire le porte del nostro locale alle migliaia di operai e alle loro famiglie che risiederanno in zona per la durata dei lavori”, conferma ancora Francesca, che preferisce restare anonima per evitare ripercussioni sul lavoro. “Da un anno a questa parte abbiamo ricevuto diverse ispezioni dei Nas, che ci hanno sempre fatto i complimenti al termine. Non comprendiamo perché tutte proprio ora: in passato non c’erano mai state”, aggiunge.

A ridosso dei cantieri dovrebbe sorgere una vera e propria new town peloritana in stile L’Aquila 2009, con un potenziale indotto in termini commerciali importante ma al momento difficilmente quantificabile per tutto il territorio. Spostandoci di poco più di un chilometro, nella zona della Riserva naturale dei laghi di Ganzirri, la musica cambia e lo scetticismo diventa interesse diretto per l’opera. “Il ponte sullo Stretto sarebbe per noi uno slancio commerciale troppo importante per rinunciarvi”, spiega il signor Marcello, titolare di uno dei ristoranti di pesce intorno al lago. I disagi reali di un cantiere a cielo aperto almeno fino al 2032 (data al momento ipotizzata per l’eventuale fine lavori, ndr), sarebbero attenuati in parte proprio dagli introiti e dalla crescita economica per la città.

Non sono d’accordo le associazioni che dicono “no” alla costruzione dell’opera. Tra queste, il Comitato “Invece del ponte” per bocca del suo esponente, l’economista Guido Signorino, ex vicesindaco e assessore della Giunta Accorinti. “Fino a quarant’anni fa, il ponte avrebbe potuto avere un senso. Oggi risulta del tutto anacronistico anche rispetto alle direttive dell’Unione Europea in merito agli spostamenti sostenibili e agli obiettivi di ridurre il traffico gommato entro il 2030″, spiega Signorino.

Per il vicesindaco di Messina fino al 2018, i temi che fanno propendere per il “no” sono tanti e non pretestuosi. In primo luogo, il pericolo sismico: “La relazione geologica in mano al comitato scientifico della Società Stretto di Messina risale al 2002. Una nuova è stata commissionata dal Cnr e sarà conclusa entro il 2027. Come si può pensare di costruire un ponte prima di allora se non si conosce neppure l’attuale situazione geologica che insiste nello Stretto?”.

Nel frattempo, continua il lavoro negli uffici della società presieduta da Ciucci, che proprio nelle prossime settimane, con la presentazione del piano espropri, entrerà nel vivo del progetto del Ponte sullo Stretto.

“Sono ancora tanti i passaggi amministrativi che dovranno essere compiuti e tra enti diversi – spiega Signorino – e non è giusto far credere che il ponte sullo Stretto sia già cosa fatta se neppure i territori sono ancora stati consultati”. Su questa linea anche l’ex sindaco di Messina e attuale deputato regionale di “Sud chiama Nord”, Cateno De Luca, favorevole invece alla costruzione dell’opera durante la sua amministrazione a palazzo Zanca.

“Siamo felici che abbia cambiato idea – aggiunge l’economista – adesso però bisogna far fronte comune affinché le esigenze dei territori vengano ascoltate. Parliamo di tunnel ferroviario, che potrebbe essere davvero utile. Parliamo di tutto, ma in modo credibile”.

C’è una visione strategica comune, ma anche una somiglianza di luoghi e di procedure. All’alba del 2024 sono entrati nel vivo i lavori propedeutici alla realizzazione del più grande tunnel sottomarino, lungo 18 km, che unirà la Danimarca e la Germania. Si chiama “Fehmarnbelt” e, dopo 10 anni di progettazione, la costruzione è iniziata nel 2020 sul lato danese e nel 2021 sul lato tedesco. Ci sono stati intoppi lungo il cammino, ritardi sulla tabella di marcia, ma ora i cantieri lavorano a pieno ritmo e il completamento è previsto per il 2029.

Il “Fehmarnbelt” collegherà Rodbyhavn, sull’isola danese di Lolland e Puttgarden, località della Germania del Nord. Come detto, il tunnel ferroviario e stradale più lungo al mondo è composto da due autostrade a doppia corsia e due binari elettrificati. La parte sottomarina verrà realizzata immergendo sezioni prefabbricate e scenderà fino a 40 metri sotto il Mar Baltico. La tipologia dell’infrastruttura è diversa da quella prevista nello Stretto – il Ponte a campata unica, visto che l’ipotesi Tunnel è stata definitivamente scartata – ma ci sono due cose in comune. La prima: “Fehmarnbelt” e Ponte sono entrambe considerate opere strategiche dello “Scan-Med”, il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo delle Reti di trasporto Ten-T. La seconda: il Tunnel costerà complessivamente 10 miliardi di euro (il “sistema Ponte” poco più di 12) ma è stato deliberato il co-finanziamento dell’Unione europea che darà un contributo di 1,1 miliardi di euro per la costruzione dell’opera. Lo stesso dovrebbe avvenire per il Ponte, una volta che sarà approvato il progetto esecutivo dal Cipess e gli atti verranno trasmessi a Bruxelles.

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