Come noto arrivano in manovra i fondi per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Nell’ultima bozza del ddl di bilancio, ancora suscettibile di modifiche, è comparsa una nuova misura che autorizza “la spesa complessiva di 11 miliardi 630 milioni di euro” per l’opera. Nel dettaglio il finanziamento è definito “in ragione di 780 milioni per l’anno 2024, 1.035 milioni per l’anno 2025, 1.300 milioni per l’anno 2026, 1.780 milioni per l’anno 2027, 1885 milioni per l’anno 2028, 1.700 milioni per l’anno 2029, 1.430 milioni per l’anno 2030, 1.460 milioni per l’anno 2031 e 260 milioni per l’anno 2032″. La stessa norma prevede che “periodicamente, e comunque entro il 30 giugno di ogni anno sino all’entrata in esercizio dell’opera, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti presenta informativa al CIPESS sulle iniziative intraprese ai fini del reperimento di ulteriori risorse a copertura dei costi di realizzazione dell’opera“. Queste risorse aggiuntive non sono meglio specificate ma, a quanto si apprende, potrebbero arrivare anche da fondi europei. La disposizione prevede poi che “con apposite delibere, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, il CIPESS attesta la sussistenza delle ulteriori risorse” determinando conseguentemente “la corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa”. Il Ponte sullo Stretto non sarà solo un’infrastruttura, ma anche un’opportunità. A giovarne sarà tutto il “sistema Paese”, quello economico, quello del lavoro, quello dei servizi, quello sociale. La spesa per costruire il collegamento stabile tra Calabria e Sicilia, infatti, ha le potenzialità per portare alla formazione di un Prodotto interno lordo nazionale pari a 19,7 miliardi, con un saldo positivo per il “sistema Paese” di poco meno di 7,5 miliardi, spiega la Gazzetta del Sud. Non solo. Il ritorno sarà anche più concreto, ovvero in termini di occupazione. Grazie al Ponte sullo Stretto, infatti, vi sarà lavoro per più di 33mila persone, il tutto spalmato in otto anni, ovvero quelli che passeranno tra apertura e chiusura del cantiere. E questi sono solo i numeri dei lavoratori ‘diretti’, senza tenere conto dell’indotto. Il quadro, con questi numeri rincuoranti, emerge dai dati di uno studio realizzato da “OpenEconomics”, società leader in Italia nelle valutazioni d’impatto socio-economico. Se si pensa che il collegamento stabile dello Stretto, con tutte le opere che ad esso saranno collegate, avrà un costo di 12 miliardi 300 milioni di euro (11 miliardi 600 milioni se il Governo riuscirà, come ha previsto nella Legge di bilancio, ad abbassare la soglia), l’impatto economico connesso alla realizzazione del Ponte sullo Stretto sarà pari a circa 20 miliardi. E gli analisti ne sono convinti. “Per ogni euro speso per la realizzazione del Ponte sullo Stretto, si produrranno in Italia 1,83 euro” Per ottenere questi numeri la società ha preso in esame tutte le fonti pubbliche disponibili, derivanti dagli studi di fattibilità dei progetti ed elaborando i dati con un modello di matrice di contabilità sociale multiregionale. “Le entrate fiscali, derivanti da quest’opera pubblica, ammonteranno a circa 8,8 miliardi. E i maggiori redditi delle famiglie saranno pari a 18,7 miliardi“, si legge nel documento. Il moltiplicatore della spesa, secondo quanto calcolato nello studio, sarebbe pari a 1,83. “Per ogni euro speso per la realizzazione del Ponte, si produrranno in Italia 1,83 euro di Pil“. Sono questi i dati principali, come sottolineato, dello studio realizzato da “OpenEconomics”, società leader in Italia nelle valutazioni d’impatto socio-economico (è la stessa che ha valutato gli effetti dell’attuazione del Pnrr nel nostro Paese), così come anticipato dalle pagine dell’inserto Economia del Corriere della Sera. Tenendo conto che la grande infrastruttura, con le opere collegate, costerà 12 miliardi 300 milioni di euro (anche se il Governo conta di abbassare la soglia a 11 miliardi 600 milioni, quelli previsti nella Legge di bilancio e spalmati dal 2024 al 2032), secondo gli analisti, è pari a poco meno di 20 miliardi l’impatto economico connesso alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. La società ha utilizzato tutte le fonti pubbliche disponibili, derivanti dagli studi di fattibilità dei progetti ed elaborando i dati con un modello di matrice di contabilità sociale multiregionale. «Le entrate fiscali – si evidenzia nel documento –, derivanti da quest’opera pubblica, ammonteranno a circa 8,8 miliardi. E i maggiori redditi delle famiglie saranno pari a 18,7 miliardi». Il geologo Mario Tozzi parla su La Stampa del ponte sullo Stretto di Messina partendo da quello di Akashi in Giappone. Si tratta del secondo ponte sospeso per lunghezza al mondo dopo quello sui Dardanelli a Istanbul. Ed è stato progettato e realizzato per reggere a un terremoto di magnitudo 7,5 Richter. Mentre quello tra Sicilia e Calabria segue un progetto del 2016 che potrebbe resistere a una scossa di magnitudo 7,1. Ovvero quella assegnata a posteriori al terremoto del 1908 che provocò 100 mila morti. Ma, spiega Tozzi, il ponte era ancora in costruzione quando un terremoto a Kobe provocò 6 mila morti. Per il geologo si tratta di «infrastrutture perfette messe, però, in zone che non le possono ospitare senza rischi. Come da noi insegna il monito del Vajont a 60 anni dalla tragedia». E l’esperto spiega anche che un terremoto di quella virulenza tra Sicilia e Calabria provocherebbe comunque una strage nella zona, visto che le costruzioni non potrebbero reggere una scossa così forte. Il ponte sullo Stretto di Messina allora servirebbe solo a «unire due cimiteri». E quindi: «Ha senso investire denari pubblici (12 miliardi di euro, il ponte di Akashi ne costò circa 3) per costruire il ponte a campata unica più lungo del mondo, mettendo in piedi una sperimentazione avveniristica di progetto e materiali, invece di risistemare antisismicamente, prima, il territorio dello Stretto?». Tozzi spiega che le due torri del progetto sarebbero imposte a terra a Cannitello e a Ganzirri. Ovvero due zone delicate per gli ecosistemi, già protette a livello comunitario. Anche se il nuovo articolo 9 della Costituzione introduce proprio la tutela degli ecosistemi. I giapponesi dopo il terremoto hanno anche rinunciato a costruire la linea dell’Alta Velocità sul loro ponte. Invece da noi il ponte l’avrà, l’Alta Velocità sullo Stretto. Per questo, secondo il geologo, «un’opera così impattante avrebbe bisogno di una discussione pubblica che fughi ogni perplessità, con precise assunzioni di responsabilità tecniche e scientifiche e con tutto un corredo di opere accessorie. Oggi per raggiungere Palermo da Messina ci vogliono quattro ore. Poi la conclusione: «Ritorno verso Kobe in auto e ora il ponte mi appare sotto una luce diversa e emerge il suo vero e unico significato». Ovvero «quello per cui spesso gli uomini costruiscono infrastrutture gigantesche la cui utilità è tutta da dimostrare ma i cui impatti pesano da subito: la sfida contro la natura, considerata inevitabilmente come impaccio a un senso del progresso che, da questo punto di vista, non convince e inquieta». “Tantissime le opere necessarie in questo territorio ma non il ponte”. Invece del ponte – Cittadini per lo sviluppo sostenibile dell’area dello Stretto mette insieme tecnici ed esperti e conferma il suo “no” alla grande opera. E parla di “devastante progetto di costruzione di un ponte sullo Stretto di Messina”. L’incontro messinese si è svolto a Santa Maria Alemanna. Dopo l’introduzione della moderatrice Laura Giuffrida, è stata Anna Giordano, del Wwf, a far rilevare “gli enormi costi ambientali che pagherebbe un territorio che invece deve essere protetto. Gli enormi scavi, il movimento terra, gli enormi blocchi di ancoraggio rappresenterebbero pericoli enormi per un sistema fragile che invece deve essere salvaguardato. Il professore Massimo Di Gangi ha ribadito che “l’alternativa al ponte sta nel miglioramento del sistema di attraversamento, utilizzando le risorse che Pnrr e Fsc, Fondo per lo sviluppo e la coesione, mettono a disposizione”. A seguire, il docente di Economia di Unime Andrea Cirà ha messo in discussione “tutti i numeri della propaganda pontista, in particolare sui flussi di traffico”, sottolineando che vengono presi in considerazione dati non più attuali. In conclusione Alberto Ziparo, docente di Pianificazione urbanistica dell’Università di Firenze, ha denunciato “l’assoluta mancanza di documentazione ufficiale, sostituita da comunicati stampa, e ha sottolineato la necessità di tantissime opere davvero necessarie invece di un ponte che non si potrà mai realizzare”. Ziparo ha ribadito che “non si arriverà mai all’approvazione di un progetto esecutivo. Intanto però stanno regalando centinaia di milioni ai tecnici”. Il professore ha espresso “notevoli perplessità anche sul contratto e lo sviluppo del contenzioso tra Eurolink e la società Stretto di Messina”. Le parti contrarie alla costruzione del Ponte sullo Stretto in definitiva affermano che troppo soldi pubblici sono investiti nell’Opera, quasi fosse un pozzo senza fondo, senza benefici per il Sistema Paese“.
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