Di cambiare ministri, il premier Conte non vuol neppure sentir parlare, e ha rinviato questo dossier, come qualsiasi altro, all’autunno. L’uomo di Palazzo Chigi ha annusato un’aria politica che non gli piace per niente, convincendosi che dietro il lavorio di alcuni suoi alleati, ci sia in realtà un nuovo tentativo di modificare gli assetti.
La verità – dice un’esponente di punta del Pd – è che il rimpasto è un grimaldello per ottenere due obiettivi: l’allargamento della maggioranza e la sostituzione del premier. Non se ne parla prima di ottobre, ma se elezioni e referendum andranno male sarà difficile evitare contraccolpi.
Nel mirino del premier c’è il segretario dem Nicola Zingaretti, che non sa come uscire dalla trappola del referendum sul taglio dei parlamentari e che ha pessimi sondaggi sulle regionali, e potrebbe avere la tentazione di rovesciare il tavolo prima di essere giudicato dai suoi, se i cattivi pronostici su Liguria, Puglia e Marche si concretizzassero.
La coalizione rossogialla fa acqua da tutte le parti e il compromesso sui licenziamenti non soddisfa i renziani con Marattin che avverte: “Il voto favorevole di Iv è condizionato a misure come lo slittamento delle tasse di novembre per gli autonomi”. Nei partiti di maggioranza infuriano le guerriglie di bande e correnti, gli esclusi dal primo turno del Conte bis sono ansiosi di farsi un giro ministeriale prima che sia troppo tardi.
Zingaretti non ha più alcuna aspirazione ministeriale, e accusa chi gliele attribuisce di volerlo ‘far fuori’.
In casa Cinque Stelle poi la guerra per bande è totale: dopo il tentato assalto della corrente Di Battista a Carmine Spadafora , c’è chi vorrebbe far fuori Alfonso Bonafede dalla Giustizia e chi giura che salterà la testa di Nunzia Catalfo al Lavoro. Quasi tutti aspettano la débâcle della riapertura delle scuole per togliersi dai piedi la disastrosa Lucia Azzolina, mentre in casa dem vacilla Paola De Micheli alle Infrastrutture e c’è chi già la vede sostituita con il capogruppo Graziano Delrio, che per quel ministero è già passato.
Poi ci sono i dicasteri pesanti che fanno gola: il Viminale, ad esempio, attira molto Di Maio, il quale – piuttosto digiuno di geopolitica e di lingue, ha scoperto che alla Farnesina non riesce ad incidere in alcun modo.
Per non saltare, Conte ha solo un’opzione: fare il rimpasto a settembre”, spiega a ilGiornale.it un deputato pentastellato. Nonostante la telefonata rassicurante di Nicola Zingaretti al ministro dell’Iinterno Luciana Lamorgese, è noto a tutti i frequentatori del Transatlantico che il premier sia pronto a cedere al pressing portato avanti dal Pd e da Italia Viva per un rinnovamento della compagine governativa.