Precarietà, 5,7 milioni di lavoratori guadagnano meno di 11.000 euro l’anno

Secondo l’Ufficio Economia dell’Area Politiche per lo Sviluppo della Cgil, 5,7 milioni di dipendenti guadagnano in media meno di 11.000 euro lordi annui, a cui vanno aggiunti oltre 2 milioni di dipendenti con salari inferiori ai 17.000 euro l’anno.

Nel 2022, lo stipendio medio dei 16.978.425 lavoratori dipendenti del settore privato (secondo i dati Inps, esclusi gli agricoltori e il personale domestico) era 22.839 euro lordi annui: il 59,7% aveva un salario medio inferiore alla media generale.

Inoltre, la differenza tra la media salariale del settore pubblico e quello del privato è determinata in buona parte dal minor peso del part-time e della precarietà nell’ambito pubblico. E, sempre dallo studio, emerge anche come i lunghi ritardi nei rinnovi dei Ccnl – Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro

hanno portato a un’alta quota di lavoratori con salari e condizioni non aggiornate e adatte.

A determinare i bassi salari medi in Italia sono anche le professioni non qualificate, l’alta incidenza del part time involontario (57,9%, la più alta di tutta l’Eurozona) e del lavoro a termine (16,9%): mediamente, gli occupati a termine lavorano circa 155 giorni l’anno.

Il settore turistico, nello specifico, è precario: agenzie di viaggio, noleggio, alberghi, ristoranti sono i settori privati in cui gli impieghi poco salariati e a tempo determinato trovano maggiore spazio. Ma è anche la pubblica amministrazione in generale a contribuire (con oltre mezzo milione di addetti temporanei) e la scuola (con oltre 200.000 supplenti precari).

Il comparto scolastico è diventato uno dei più precari in assoluto. Come testimonia Uil Scuola, la quota di insegnanti a tempo determinato (con contratti da settembre a giugno o agosto) è raddoppiata rispetto al 2015, toccando nel 2023 il 24%, ovvero: 234.500 insegnanti circa su un totale di 943.000. E il dato raggiunge livelli preoccupanti tra i docenti di sostegno, che sono passati dal 29% del 2015 al 59% dello scorso anno.

Tuttavia, il livello di precarietà varia tra i settori; mentre la media di giornate lavorative nella manifattura è di 177, in alberghi e ristoranti questa scende a 115; ben più alta quella nell’istruzione, che si attesta a 196. Il settore alloggio e ristorazione ha anche la retribuzione media giornaliera più bassa, poco superiore ai 49 euro.

Il lavoro povero colpisce soprattutto giovani e donne. I lavoratori a termine sono per il 48,9%, under 35 e, sebbene apparentemente questa forma di impiego non sembri favorire un genere rispetto all’altro (52,4% uomini, 47,6% donne), è importante notare come gli uomini vantino un tasso di occupazione maggiore rispetto alle donne. Dunque, la popolazione femminile è maggiormente colpita dal precariato.

L’Italia, insieme alla Spagna, è stato nel 2021 il Paese in cui si è maggiormente fatto ricorso a forme di contratti a termine. Tuttavia, l’anno successivo il Governo di Madrid ha avviato riforme per ridurre la quota di precari (prima tra tutte la famosa Ley rider), mentre in Italia la tendenza è rimasta pressoché la stessa. A farne maggiormente le spese sono le lavoratrici under 30: quasi la metà nel 2021 aveva un contratto a termine.

Tutto ciò trova conferma anche nello studio Uil-Eures, basato su dati Inps, che evidenzia come nel 2022 solo il 17% dei contratti si configurasse a tempo indeterminato, mentre il 78,6% (circa 6,4 milioni) risultavano essere a termine, stagionali, in somministrazione o intermittenti; il 4,3% del totale, erano invece contratti di apprendistato.

Intanto, le misure a sostegno dei precari stanno via via diminuendo. Il reddito di cittadinanza, misura introdotta nel 2019, è stato ufficialmente abolito dalla Legge di Bilancio del 2023 e sostituito con l’Assegno di Inclusione e Supporto al Lavoro che, restringendo i requisiti di accesso, ha anche ridotto la platea di potenziali beneficiari, lasciando 2 milioni di persone senza più una forma di sostegno economico. Inoltre, è stato anche cancellato anche il sostegno all’affitto, introdotto pochi mesi prima, a cui tuttavia non ha fatto seguito alcuna introduzione di misure in merito.

Impieghi instabili, scarsamente remunerati e, nei peggiori casi, soggetti a sfruttamento lavorativo, impediscono a milioni di persone (soprattutto donne e giovani) di vivere il mondo del lavoro come un’esperienza sostenibile e produttiva

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