Un calendario fitto di appuntamenti, quello intestato al premierato, su cui le proteste in Aula, Partito democratico, M5S e Avs, in trincea con i senatori di questi gruppi, che si sono alternati negli interventi contrari al ddl Casellati, mentre si discutevano i circa 3mila emendamenti presentati per fare ostruzione al testo, hanno tirato fuori il testo della Costituzione, “sventolandolo” in Aula.
Al ddl Casellati in Aula scatta la protesta rumorosa delle opposizioni. Pd, M5S e Avs come da copione sollevano gli scudi e per l’occasione sventolano la Costituzione contro la legge costituzionale che punta a introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Non solo. Dai banchi della sinistra fioccano circa tremila emendamenti, per dire no alla riforma voluta dalla maggioranza.
Una protesta coreografata, inscenata subito poco dopo l’intervento del senatore di Avs, Peppe De Cristofaro, che ha rilanciato il solito leitmotiv su come il ddl metta in crisi le prerogative del capo dello Stato. Del senatore del M5S, Roberto Cataldi, che ha parlato artificiosamente di premier «che avrà potere di ricatto sul Parlamento». E di Marco Meloni che ha indebitamente accusato la maggioranza di non essersi voluta confrontare nel merito della riforma con l’opposizione.
Tutte voci che, tra slogan e echi di contestazioni rieditate per l’occasione, il presidente Ignazio La Russa che presiedeva l’Aula, ha messo esaustivamente a tacere. Anche ironizzando: «Tutti innalzano la Costituzione, sia a destra che a sinistra. Vi preghiamo di abbassarla tutti». E aggiungendo a stretto giro: «Qui si viene per discutere e votare, non per fare propaganda, lo dico a destra e a sinistra», ha chiosato sul punto La Russa.
«Interverremo tutti su ogni emendamento» hanno ribadito, rinverdendo l’intenzione di opposizione dura e pura, con i capigruppo di Pd, M5s e Verdi-Sinistra in prima linea.
Intenzioni bellicose a cui La Russa ha risposto sul tamburo adombrando il ricorso alla «prassi del Canguro», che «c’è dal 1996… », ha detto il presidente del Senato, prendendo la parola in Aula e avvertendo sull’applicazione della procedura. Cioè sulla possibilità di snellire il numero dei voti mettendo insieme gli emendamenti che chiedono modifiche simili fra loro. Una prassi, questa, non nuova nelle Aule parlamentari, che però ha scatenato una ennesima sceneggiata delle opposizioni, con il Partito Democratico che annunciava interventi a pioggia: oltre 30. E con l’obiettivo di dare la parola a tutti i senatori del partito presenti.
Così, lo scontro si fa infuocato proprio quando si procede al voto con il Canguro in tema di modifica alla norma sui senatori a vita, che il ddl Casellati prevede di cassare e le opposizioni provano a salvare. Un tentativo che il senatore di FdI Lucio Malan, commenta anche su X, sottolineando: «Oltre al PD, anche Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) chiede di portare a 10 i senatori a vita. Nelle scorse elezioni AVS ha preso 972 mila voti ottenendo 3 senatori. Insomma: vogliono che i non eletti valgano oltre 3 volte più di tutti i loro elettori messi insieme. I “difensori della democrazia”!».
Mentre Alberto Balboni, relatore del ddl Casellati, prendendo la parola nell’Aula del Senato, dopo la bocciatura dell’assemblea di tutti gli emendamenti presentati per mantenere in vita la figura dei senatori a vita, a sua volta commenta: sui senatori a vita «vogliono mantenere un istituto che sarebbe un unicum nel mondo, solo la Russia di Putin prevede la nomina dei senatori a vita. Visto che voi dite che siete contro il premierato, proprio perché sarebbe un unicum al mondo, a loro, all’opposizione, dico che per i senatori a vita vogliono proprio mantenere questo unicum».
C’è stata una maratona oratoria dei senatori del Pd nell’illustrazione degli emendamenti al primo articolo del ddl sul premierato elettivo: intervenuti tutti i parlamentare Dem, dato che ciascuno di essi ha firmato un certo numero di proposte di modifica, acquisendo il diritto di illustrarli per cinque minuti. Tale forma di ostruzionismo sta facendo slittare i voti sugli emendamenti al ddl.
L’articolo 1 del ddl prevede l’abrogazione del potere del Presidente della Repubblica di nominare i senatori a vita. Gli interventi hanno sottolineato tutti l’apporto che tali figure hanno dato alla vita culturale e politica italiana.
Dario Franceschini ha voluto leggere i nomi di tutti e 47 i senatori a vita, dall’inizio della Repubblica a oggi, elenco che è stato salutato da un applauso degli altri senatori del Pd. “Sentire tutti i nomi insieme – ha commentato Franceschini -fa venire i brividi, fa capire la forza di una nazione”.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa, come detto, ha applicato per la prima volta, già al secondo emendamento al ddl sul premierato, la cosiddetta regola del canguro. Essa consente di bocciare con un solo voto una serie di emendamenti simili, che differiscono solo per pochissimo. Nello specifico le opposizioni avevano presentato una serie di emendamenti riguardanti il potere del capo dello Stato di nominare dei senatori a vita. Il primo emendamento fissava in 10 il numero dei senatori a vita nominabili dal Presidente della Repubblica, e i successivi facevano scalare questo numero fino ad uno. Si è trattato di un «mini-canguro» perché il voto unico ha consentito di evitare il voto di soli altri nove emendamenti.
«Chiediamo la convocazione di una Conferenza dei Capigruppo domani mattina prima dell’inizio dei lavori d’Aula. Vorremmo avere, prima dell’ingresso in Aula, chiare le regole del gioco. Abbiamo 144 emendamenti all’articolo 1. Con il meccanismo che ci è stato comunicato non prima dei pareri ma dopo i pareri, e quindi durante le votazioni, possono saltare da calcoli che stiamo facendo dai 42 ai 69 emendamenti e se così fosse, con questo meccanismo comunicato in fretta e furia tra una contesa e l’altra, è saltato un terzo del monte degli emendamenti all’articolo 1. Se queste sono le regole del gioco chiediamo chiarezza perché pretendiamo di conoscere le regole del gioco prima di entrare in Aula. Se non fosse così sarebbe un ‘liberi tuttì che non farebbe bene a nessuno», ha detto nell’Aula di Palazzo Madama il senatore Francesco Boccia, presidente del gruppo Pd.