I militari della Sezione di Polizia Giudiziaria – Aliquota Guardia di Finanza, su ordinanza del gip di Brescia hanno arrestato per il reato di usura un uomo e la figlia, entrambi residenti a Capo di Ponte (BS). L’indagine trae origine dalla denuncia presentata da un piccolo imprenditore agricolo dell’alta Valle Camonica il quale nel 2013 aveva ricevuto in prestito del denaro gravato da interessi fino al 62% annui, somma garantita dalla sottoscrizione di una dichiarazione di riconoscimento del debito da parte della vittima. Ad ogni mancato rispetto delle scadenze pattuite per la restituzione delle somme, quest’ultima era costretta a corrispondere ulteriori interessi. In un caso, nonostante la vittima avesse pagato alcune rate del debito contratto, l’usuraio non ha esitato ad utilizzare in sede civile la dichiarazione di riconoscimento del debito, ottenendo cosi’ dal Tribunale di Brescia il pignoramento dei beni del malcapitato imprenditore. La restituzione del denaro non sempre avveniva a mezzo contanti, ma anche tramite il prelevamento di animali destinati alla macellazione, il cui valore era destinato ad abbassare l’ammontare del debito complessivo contratto dalla vittima, circostanza questa mai avvenuta in quanto l’usuraio non teneva conto degli acconti gia’ incassati.
Le indagini, le perquisizioni presso le abitazioni nonche’ le registrazioni dei colloqui fra gli indagati e la vittima, hanno fatto emergere un quadro probatorio tale da convincere il gip a emettere l’ordinanza di arresto. Ed e’ appunto dal colloquio con la vittima che emergeva a chiare lettere il ruolo di Z.E. quale tenutaria della contabilita’ dei prestiti erogati dal padre sulla scorta di “pizzini” da quest’ultimo redatti. Talune volte, era la stessa a presenziare alla riscossione degli acconti consegnati dalle vittime. Nel corso delle perquisizioni, venivano rinvenuti e sequestrati numerosi reperti come foglietti di block notes recanti appunti e importi, titoli di credito in originale, fra i quali anche quelli appartenenti alla vittima originariamente consegnati all’uomo a garanzia per i prestiti erogati. La contabilita’ in pratica era tenuta solo attraverso “pizzini” o fogli di carta ove erano segnate, spesso in modo caotico, le somme erogate, il valore degli animali compravenduti e gli acconti consegnati. Un groviglio di numeri, appunti, date ed importi che, sebbene dispersi in innumerevoli fogli, i militari hanno saputo interpretare arrivando a ricostruire il complesso mosaico dei fatti usurari. L’elemento caratterizzante la condotta dello Z.G.P. era quello di pretendere dalla vittima la sottoscrizione di una dichiarazione di assunzione del debito redatta al momento dell’erogazione del prestito che, di fatto, diveniva una spada di Damocle sulla testa dei malcapitati e con la quale l’usuraio si assicurava la riscossione del credito qualora prodotto in sede civile in caso di un loro inadempimento. Padre e figlia sono ora ai domiciliari e hanno subito anche il sequestro di 12 mila euro.