Sono ormai settimane che la maggioranza di governo è sull’orlo della crisi. Lega e M5S stanno dimostrando, senza veli e con continui scontri quotidiani, che assieme non possono e non riescono a governare. Il famoso ‘contratto di Governo’ che dovrebbe rappresentare la bussola dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte rischia di mandare alla deriva l’esecutivo. I rapporti di forza, dopo le elezioni europee, tra i due azionisti di maggioranza sono cambiate. Ora è la Lega di Salvini a dare le carte e Luigi Di Maio deve stare al gioco. E’ obbligato, il capo pentastellato, ad assecondare l’alleato di governo. In questo momento storico altro non può fare considerando i sondaggi che danno la Lega molto vicina al 40% ed un Movimento 5 Stelle in caduta libera tra il 15 ed il 18 per cento. Per i 5Stelle capitalizzare ‘elettoralmente’ la longevità del governo sta diventando quasi una questione di sopravvivenza elettorale. Ma è un dato ormai certo che questa legislatura terminerà prima della scadenza naturale. E’ nei fatti, oltre a logiche politiche. Quando sarà scritta la parola fine all’esecutivo sostenuto da Lega e 5Stelle è difficile ipotizzare ma di sicuro stiamo già ai titoli di coda. Sul tavolo ci sono tanti casus belli e bisognerà capire quale e quando sarò utilizzato da una delle due forze politiche per rompere l’alleanza e richiedere il ritorno alle urne. Ma con quale legge elettorale? Un tema poco dibattuto ma di fondamentale importanza per la tenuta delle Istituzioni.
Tutti i partiti hanno, a seconda della loro convenienza elettorale, criticato la legge elettorale di turno, ora Rosatellum. Ma a crearne una nuova, bella, semplice, che possa dare veramente sostanza e peso al voto dei cittadini che ridiventino unici artefici e non meri esecutori del risultato finale manco a parlarne. Tutti hanno gridato allo scandalo perché i parlamentari sono nominati e non eletti. Giusto. Ma tutti si sono fermati a questo grido di accusa. Nessuno è andato avanti. Di modifica sostanziale all’attuale legge elettorale non si hanno tracce. Di aggiustamenti tecnici sì. Ora che in ballo c’è la riforma costituzionale per la riduzione del numero dei parlamentari diventa un imperativo cambiare la legge elettorale per dare la possibilità ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento. E non scegliere tra quattro o cinque persone designate dai partiti e calate dall’alto. Oltre che uniformare la legge tra Camera e Senato non bisogna avere paura di ritornare ad un proporzionale puro o aperto che, al di là del nome, possa ridare al cittadino elettore la possibilità di scegliere e decidere il rappresentante in Parlamento e non essere obbligato a ratificare una scelta fatta da un partito. Nonostante da giorni si parli di ritorno alle urne nessuno, però, ha avuto il coraggio di mettere sul tavolo di discussione la riforma dell’attuale legge elettorale. Probabilmente a tutti sta bene che si voti con queste regole che assicurano la fedeltà dell’eletto al partito designatore per poi gridare forse allo scandalo. Ma così c’è il rischio che si allontani ancora di più il cittadino dalla politica attiva relegandolo sempre di più a quella virtuale. In verità l’Italia ha già una nuova legge elettorale nota come Rosatellum ter: una modifica approvata e passata sotto silenzio. La riforma è semplice, ma ha un effetto significativo. Resta il sistema misto proporzionale-maggioritario con cui il Paese è andato alle urne alle Politiche del 4 marzo 2018, ma si modificano i seggi da attribuire nei collegi uninominali: non saranno più stabiliti con un numero fisso ma in rapporto al numero dei parlamentari. Resta la proporzione tra i seggi assegnati con il maggioritario e quelli distribuiti con il proporzionale. La riforma è stata proposta dalla maggioranza Lega-M5s per applicare il sistema attuale vigente alla legge costituzionale che taglia il numero dei parlamentari (400 deputati e 200 senatori). Così quando la riforma costituzionale del taglio dei parlamentari diventerà effettiva accadrà che i parlamentari eletti con il sistema uninominale (con il collegio in cui vince il candidato più votato) diventeranno 221 tra Camera e Senato contro gli attuali 348: a Montecitorio 147 e a Palazzo Madama 74. Gli altri 379 saranno eletti con il listino bloccato proporzionale. Di fatto il Rosatellum ter ricalca il bis: un sistema elettorale misto, in cui la distribuzione dei seggi è per il 36 per cento maggioritaria (collegi uninominali con formula maggioritaria, in cui vince il candidato più votato) e per il 64 per cento proporzionale, nell’ambito di collegi plurinominali. In questo caso sono previsti dei listini corti bloccati, tra due e quattro candidati. Tecnicamente questo sistema mira a garantire l’applicabilità delle leggi elettorali, indipendentemente dal numero dei parlamentari. Il Rosatellum modificato resta ma non è stato cambiato l’impianto fondamentale della legge: gli elettori continueranno a poter ‘scegliere’, ma di fatto non è così, solo tra un numero ristretto di candidati nominati ai partiti. Insomma ‘tutto cambia a parole affinché tutto resti così’ parafrasando la famosa frase de ‘Il Gattopardo’.