Torna l’appuntamento più odiato, in fatto di tasse, degli italiani. Quello del versamento dell’acconto per l’Imu e la Tasi 2019. Si tratta infatti del primo tax day dell’anno con imprese e famiglie chiamate a versare all’Erario 32,6 miliardi. Una stangata, come la definisce la Cgia, che riguarda un bel numero di imposte da versare tra cui le ritenute Irpef dei dipendenti e dei collaboratori (12 miliardi), l’Iva di commercianti, artigiani e lavoratori autonomi (9,8 miliardi) e le trattenute sui compensi dei lavoratori autonomi (935 milioni). Un terzo circa della stangata riguarda le imposte comunali sugli immobili. Gli oltre 25 milioni di italiani proprietari di seconde case e immobili diversi dalle prime abitazioni non di lusso (escluse dalle imposte tranne le classi A1, A8 e A9) sono chiamti infatti a versare 10,2 miliardi nelle casse dei Comuni e anche dello Stato per gli immobili di categoria D come gli alberghi. E dovranno farlo, avverte Confedilizia, per il settimo anno consecutivo (riforma Monti del 2012) per un prelievo complessivo di 150 miliardi. Il 16 dicembre poi bisognerà versare il saldo con il rischio che potrebbe essere più alto del previsto 50% (per un totale di 20,5 miliardi) per i proprietari residenti nei Comuni intenzionati ad aumentare le aliquote ma che non hanno ancora approvato le delibere.
La media delle aliquote, secondo la Uil che ha elaborato anche quest’anno i calcoli su Imu e Tasi, è del 10,4 per mille. Oltre 200 Comuni – scaduto il blocco triennale ai rincari – le hanno aumentato e 480 confermato l’addizionale Tasi (0,8 per mille) che ha portato l’aliquota al massimo dell’11,4 per mille. Pochi i Comuni che le hanno invece ridotto, tra cui Firenze, Grosseto, Lucca e Pavia. Così il costo medio nei capoluoghi di provincia delle imposte sulle seconde casa sarà di 1070 euro (535 l’acconto di domani) con punte di oltre 2mila nelle grandi città, con in testa Roma (2064), Milano (2040) e Bologna (2038).