Nessun accordo tra imprese e sindacati sul tema produttività. Dopo il tavolo notturno che ha tenuto sveglie sia le parti sociali che le associazioni di imprenditori, le associazioni delle aziende sono al lavoro per presentare un nuovo piano ai sindacati, ma l’intesa sembra ancora lontana. “Siamo molto distanti”, ha sottolineto al termine della riunione, il leader della Cgil Susanna Camusso, spiegando che le proposte arrivate dai sindacati non erano state accolte. Il leader degli industriali Giorgio Squinzi, si è fatto invece portavoce delle cinque associazioni di imprese al tavolo (Confindustria, Abi, Ania, rete Imprese e Alleanza delle cooperative) ed ha dichiarato che “c’è ancora fiducia, c’è la disponibilità a trattare ma anche paletti”: “I sindacati ci hanno fatto delle proposte, alcune le condividiamo e le abbiamo recepite, altre non le condividiamo e non le recepiremo”, e comunque, ha sottolineato Squinzi, “non siamo disposti a stravolgere il senso della nostra posizione”. Uno dei punti di scontro fa riferimento alla richiesta dei sindacati, ed in particolare della Cgil, di far sì che l’accordo entrasse nel merito della questione della rappresentanza senza limitarsi al riferimento generico come vogliono invece le imprese. Ma quello della rappresentanza è un tema scottante, che diventa delicato anche per i risvolti sul fronte del il rinnovo del contratto dei metalmeccanici e dello scontro tra Fiom e Fiat. Dai sindacati anche la richiesta, su cui sarà poi il governo a dover rispondere ma alla quale si chiede di vincolare la validità dell’accordo tra le parti, di rendere strutturali le risorse necessari per finanziare gli sconti fiscali che devono accompagnare gli accordi di produttività. Al momento il governo ha messo in campo 1,2 miliardi per il 2013 e 400 milioni per il 2014. Il leader della Luigi Angeletti ha parlato di una aliquota strutturale al 10% per i premi di produttività come proposta unitaria dei sindacati (“se non si fa per noi l’accordo non esiste”, ha puntualizzato). Ha poi accennato ad altre richieste, come quella di non spostare al secondo livello di contrattazione il tema dell’organizzazione degli orari di lavoro, che resterebbe così affidato al contratto nazionale.
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