Progetto Italia News, media partner di ‘Arteperformingfestival’, che si terrà, come è noto, a Napoli, dal 10 luglio al 7 agosto prossimi, al Castel dell’Ovo, presenta oggi Giancarlo Marcali. Il festival, come è noto, si può, idealmente e praticamente, suddividere in tre temi: femminile, madre terra e mediterraneo. Marcali esporrà per il tema ‘femminile e relazioni gender’ al primo piano nel ‘Salone delle Cortigiane’.
I sostenitori della teoria del gender distinguono tra sesso e genere. Il primo è il sesso con il quale nasciamo, il secondo quello che diventiamo.
Nei precedenti articoli dedicati al festival veniva sottolineato che il ‘Femminile’ andava inteso come ‘materno, liquido e rivoluzionario’ in un percorso ancora in divenire per una affermazione definitiva dell’identità sociale del femminile.
A questo punto devo ‘askare’, ovvero devo porre una domanda per ottenere una risposta: una relazione gender è ‘liquida’ perché sceglie la celebrazione del presente superandolo e reinventandolo in modalità originali?; oppure, diversamente, è realtà in ‘divenire’, attenta alla ‘ev- oppure inv- oluzione sociale e culturale?
Di certo la relazione gender non è rivoluzionaria perché già scontata dalle notte dei tempi e basterà pensare a Lesbo, a Saffo e agli amori greci. Ovviamente parliamo di arte e non della questione gender presente, ad esempio, nell’ordinamento scolastico dove ha visto una docente che, in una scuola elementare, imponeva un falso matrimonio tra due piccoli alunni. Ma non sto scrivendo di cronaca e non scrivo un articolo di commento.
Di certo non posso sapere se può essere ‘materna’ una relazione gender.
Di sicuro sono cambiati i tempi e pensando alle relazioni gender non possiamo classificarli pensando all’imperatore Adriano e Antinoo, a ‘Morte a Venezia’ con Tazio, ad Oscar Wilde e Lord Alfred Douglas. O, diversamente, a Che Guevara che nel corso della rivoluzione cubana incarcerava e giustiziava gli omosessuali. In tal senso è avvenuta, e nei fatti, una vera ed autentica rivoluzione con i matrimoni gay, le unioni civili ed altro, ben diffusi ad ogni latitudine.
E’ chiaro, tuttavia, che tutto dipende dai punti di vista e, come Catalano, accetto l’apertura rivoluzionaria ma non la condivido nei fatti.
Restando al gender annotiamo che può essere femminile, come può essere maschile, ed è, diciamo così, in ‘definizione’.
Dice Gianni Nappa: ‘Ho inserito Marcali nella mostra a Castel dell’Ovo, perchè in una costante lente di ingrandimento, opposta alla visione del microscopio, pone l’uomo alla ricerca della ragione dell’essere e ne scova le recondite paure, gli irrefrenabili schermi di usurpazione che la comodità della vittoria, porge ai vincitori per annullare le istanze di libertà dei popoli. Un continuo sperimentare sia in materie che materiali, tra costruzioni visibili e significati anima del fare stesso artistico’. L’artista, nato a Richterswil, in Svizzera, vive ad Albiate, originariamente, e scolasticamente, proviene da un laboratorio di arti visive e si laurea a Sidney in ‘Arti aborigene e culture delle isole del sud Pacifico’.
Nella pratica la sua arte è contemporanea e polivalente e va dalla fotografia alle installazioni, alle performances, ai video ed alla pittura. C’è poi una particolarità che è intensa, penetrante ed interrogativa, testimonianza di un suo militante impegno civile molto sensibile alle tematiche che scuotono le coscienze.
In un precedente articolo parlavo della rivista Frigidaire che pubblicò in anteprima nazionale un articolo titolato ‘Cancer Gay’ che parlava di Aids e di relazioni gender. Eravamo alla fine degli anni ’80 e nessuna testata giornalistica aveva discusso, fino ad allora, della problematica.
Tempo fa ho pubblicato un romanzo (ilmiosoloamicoègiasone) che all’interno di un canovaccio racchiudeva tre racconti chiusi. Uno di questi era titolato ‘Natale’ e parlava di un ammalato di Aids che si sposa l’ultimo giorno della sua vita. Il suo nome era Natale, nome dato non per ironia ma semplicemente perché si può sempre trovare in ogni accidentalità una condizione di rinascita, cosa che vale, ancor di più, per la morte.
Marcali nel fare arte non si accontenta dei riferimenti estetici ma punta ad opere che inducono alla riflessione.
Riflessione che deve indirizzare a cogliere la completezza dell’essere umano apparentemente diviso tra anima, corpo e spirito.
In una sua installazione titolata ‘S-conversione’ Marcali parla di un cambio di polarità, un cambio di stato, successivo all’arrivo di un ‘serial killer’, rappresentato dall’agente infettante dell’Hiv. Il tempo della storia si divide nel prima e nel dopo: il prima è negativo alla presenza del pericolo; il dopo è positivo. In mezzo, sta il momento in cui avviene il passaggio di stato da ‘sicuro’ a ‘in-sicuro’, da sieronegativo a sieropositivo. Il lavoro di Giancarlo rappresenta la sofferta confessione di una verità in un video-testo dove racconta l’istante in cui tutto cambia.
Il veicolo attraverso ciò avviene è il sangue. Il video documenta la performance dell’esecuzione di un’opera. Giancarlo è seduto su una sedia ed è raggiunto da un’infermiera che porta una sacca per prelevargli il sangue. Lei, indossa una maschera bianca molto speciale: è il calco del viso della madre che lui stesso ha eseguito con bende gessate pochi mesi prima che morisse. Questo è il punto di partenza, così come la ‘forza materna’ è sempre stata il fondamento che ha supportato le sue ricerche interiori. Si parla di una presenza spirituale che lo guida e lo avvolge con il suo amore. Si parla di consapevolezza, si parla di denuncia e si parla di amore. Giancarlo va a scrivere con un pennello intinto nel sangue ancora caldo che dalla sacca ha versato in una ciotola di metallo. Lo riporta su un grande foglio di acetato con applicato dietro un disegno del corpo umano che è stato appeso al muro piastrellato dell’ambulatorio in cui si trova. Tra gli oggetti dell’installazione le setole del pennello e le immagini che scorrono a ciclo continuo dal video proiettato sui muri. Il visitatore viene travolto dalle immagini che gli trasmettono che un uomo può liberarsi delle sue paure, e delle sue sofferenze, condividendole con il suo prossimo al quale mostra le ferite della sua anima. E’ condivisione di un dolore. Questa performance mi ha fatto ricordare la campagna ‘pubblicitaria’, ripeto ‘pubblicitaria’, fatta da Oliviero Toscani per la Benetton, che nel 1990 ritraeva David Kirby, ammalato di Aids mentre moriva circondato dalla sua famiglia. David era gay, ma quasi certamente era stato contagiato da una trasfusione, come affermava la madre Kay. La foto trasudava dolore e sofferenza e fu scattata dalla fotografa Therese Frae e poi ritoccata, e colorata al computer, da Toscani. La foto vinse più di un premio giornalistico.
Non ho molta stima di Oliviero Toscani, e non ho molta stima di chi usa i dolori umani per fini economici e pubblicitari, ma ricordo questo evento per differenziare, e categoricamente, la performance realizzata da Giancarlo Marcali visto che il suo fine è ‘artisticamente’ diverso perché punta al risveglio delle coscienze e non ad un ‘indegno’ guadagno economico.
Marcali non si impegna artisticamente per finire sotto i riflettori e possiamo definirlo senza ombra di dubbio un artista ‘impegnato’. Incontrandolo al festival gli chiederò: ‘Sei forse figlio degli anni ’70?’.
Giancarlo attraverso le sue opere non tratteggia le nostre diversità ma ci compatta in virtù della nostra comune essenza che ci ‘assolve’ e ci coagula nella materia di luce di cui siamo composti. I nostri percorsi di vita possono essere diversi ma la nostra origine è comune anche se espressa attraverso frammenti di dolore. ‘Un coup de dés jamais n’abolira le hasard’, visto che origine e capolinea ci accomunano. Nondimeno ci è riconosciuto il diritto di urlare il nostro dolore confidando che possa essere ascoltato e condiviso. Non sempre ciò accade ma questo non deve reprimere il nostro diritto di urlarlo attraverso le nostre modalità espressive.
Marcali esporrà al festival, ed insieme, molti lavori diversi per creare un senso di moltitudine.
Roberto Cristiano