Progetto Italia News, media partner di ‘Arteperformingfestival’, che si terrà, come è noto, a Napoli, dal 10 luglio al 7 agosto prossimi, al Castel dell’Ovo, presenta oggi l’artista Maria Rita De Giorgio che partecipa con alcune sue sculture in legno al festival che si può, come è noto, idealmente e praticamente, suddividere in tre temi: femminile, madre terra e mediterraneo. Per il ‘femminile’ saranno allestite sale al primo piano, al secondo piano saranno disponibili il ‘Salone delle Velette’, altri ambienti, oltre a quattro stanzette dedicate a ‘madre terra’ e ‘mediterraneo’. Per il ‘mediterraneo’ saranno esposte opere dedicate ai migranti, all’inquinamento ed alla grande cultura. La De Giorgio esporrà le sue opere nel ‘Salone delle Velette’ anche se idealmente la centralità ispiratrice delle sue creazioni la pone magicamente tra la ‘Madre Terra’ e ‘Mediterraneo’.
L’artista nasce a Roma dove frequenta l’Accademia di Belle Arti nel corso di Scenografia. Dipinge e scolpisce e, in contemporanea, lavora per il teatro frequentando un laboratorio sull’espressività corporea dove elabora tecniche che la portano ad unire arte figurativa e corporea, animazione e drammatizzazione. In pratica parliamo non dell’espressione legata alla Body Art ma dell’espressione che contraddistingue le esecuzioni dei performer. Attratta dalle tecniche del restauro della tela antica, frequenta alcune botteghe di Roma per apprenderne i segreti imparando le basi fondamentali di preparazione, tanto che, in seguito, ogni tela da lei preparata rispetterà le antiche tradizioni.
Successivamente si trasferisce a Tripoli dove insegna ‘Arts Plastiques’ nella Scuola Francese e dove il mondo arabo, e le numerose comunità africane presenti, influenzano la sua arte. Tiene la sua prima personale ‘Africa in Vita’, accolta con molto interesse nell’ex Consolato Francese. Nel 2004 il Museo Nazionale di Tripoli la ospita con ‘Segni e Tracce’.
Maria Rita inizia a scolpire in legno sulle sponde della Tripolitania e i legni che compongono l’opera ‘Nobili Ospiti’ sono ricavati dai resti dei barconi trovati sulla costa libica. Legni umidi e sbiancati dalla salsedine che scuotono in lei, e con forza, il desiderio creativo di rigenerarli e reinventarli con la voglia di raccontare il mediterraneo e il suo fascino, con uomo, donna e figlio rappresentati in un unico essere procreatore dell’umanità. L’opera citata viene dal riciclaggio e dalla rigenerazione di un materiale inevitabilmente morto. Nel suo lavoro si riconosce un’influenza medio orientale e africana che anela ad essere accolta ed integrata in una cultura occidentale. I barconi trovati sulle sponde del mare parlano, sia chiaro, inevitabilmente di migrazioni, di barconi del mare affondati, di morti, di violenze, di pianti e di sradicamento delle identità. L’opera, come si diceva, è creata dagli elementi di riuso e poveri che Maria Rita crea e ricrea offrendo un suo personale sguardo alla globalizzazione, all’interagire dei popoli e delle culture, esprimendo la necessità di una nuova stagione del sentire, che sappia cogliere il desiderio di purezza e di amore, indicando la saggezza di un sentimento forte di adesione alle libertà, confidando intensamente nello sguardo collettivo degli osservatori che accolgono all’interno di se stessi, come bambini, nuovi germogli di sapere che possono sbocciare.
‘Nobili Natali’ rappresenta un trinario rappresentato da uomo, donna e bambino ai quali, a mio avviso, bisogna aggiungere l’osservatore che coglie il significato profondo dell’opera. In tal caso c’è un passaggio dal trinario al quaternario rappresentato, come si diceva, dall’uomo che coglie l’importanza del significato rivelato dal triangolo, diventando parte attiva del processo e facendo diventare la perfezione del triangolo in compiutezza.
L’elemento umano, da questo punto in poi, esprimerà un concetto compiuto: ‘Libertà, Eguaglianza e Fratellanza’.
Ad Arteperformingfestival la De Giorgio esporrà ‘Tre giorni nel ventre della balena’ ed usa il numero tre come simbolo di riunificazione che nel suo significato spirituale è rappresentato, nella sua espressione geometrica, da un triangolo, simbolo del raggiungimento di armonia. Il tre, come espressione del numero perfetto. Ci siamo soffermati sull’importanza che il trinario della perfezione venga superata dal quaternario, dal triangolo che viene superato dal quadrato e, in questo caso, dal quadrato che ha un rapporto diretto con il Cerchio. Il Cerchio è l’immagine dinamica del passaggio tra Cielo e Terra. Passaggio tra imperfetto e perfetto con l’aspirazione a un nuovo equilibrio rappresentato da un mondo superiore.
Il cerchio non ha inizio né fine, né direzione né orientamento cosicché la volta del cielo è rappresentato come cupola sferica, per questo motivo il cerchio diviene simbolo del cielo e di tutto ciò che è spirituale. Il cerchio rappresenta quindi la Divinità e il Cielo, mentre il quadrato la Terra e l’uomo. Il compito di far la quadratura del cerchio, indica la trasformazione di un quadrato in un cerchio ed esprime gli sforzi dell’uomo per mutare la sua sostanza terrena in essenza spirituale.
L’opera presentata a Napoli è realizzata in legno di faggio curvato, evoca un vortice, una spirale, un passaggio difficile ed insidioso dove ostacoli minacciano l’attraversamento al di là del quale un nuovo mondo attende, che è rappresentato dal ‘Cerchio’, simbolo magico di perfezione e continuità, evocazione del divino da parte dell’umano. La De Giorgio esprime nei suoi lavori un tempo fatto di miserie e di ingiustizie, di degrado sociale, culturale e ambientale, nella speranza di un risveglio cosciente e consapevole dell’umanità dove la parte migliore di se stessi tenga a bada gli istinti della barbarie, della violenza, dell’odio e dell’intolleranza, e si muove utilizzando un linguaggio contemporaneo con l’intento di toccare temi attuali, scuotere le coscienze e indurre le menti alla riflessione.
Maria Rita De Giorgio ha esposto con due personali ad Abu Dhabi, la prima nella grande Hall dell’Università in occasione della settimana della Cultura Italiana, la seconda nei suggestivi spazi dell’Emirates Palace.
Roberto Cristiano