Riceviamo e pubblichiamo dall’economista e avvocato Arturo Di Mascio.
E’ veramente triste che sempre più spesso si segnalano il ritrovamento di neonati abbandonati in luoghi pubblici, per fortuna per la maggior parte delle volte ancora vivi.
Forse sarebbe il caso di ricordare, magari con una campagna pubblicitaria televisiva, che le “mamme”, in dolce attesa, che non vogliono riconoscere il bambino possono partorire in assoluta segretezza negli ospedali e nelle strutture sanitarie, comprese le donne extracomunitarie senza permesso di soggiorno, garantendo, in tal modo, a se stesse e al neonato la necessaria assistenza. L’atto di nascita avrà su scritto “nato da donna che non consente di essere nominata” e l’ufficiale di stato civile, dopo aver attribuito un nome e un cognome al neonato, procede entro dieci giorni alla segnalazione al Tribunale per i Minorenni ai fini della dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 184/1983.
Comunque lo stato dovrebbe aiutare le donne “in attesa” in difficoltà, con il sostegno attraverso personale adeguatamente preparato (psicologo, assistenti sociali, educatori, ecc,) che le aiuti prima, durante e dopo il parto, le accompagni a decidere responsabilmente se riconoscere o meno il proprio neonato e le supporti anche economicamente.
Un tempo c’era la ruota degli esposti, o rota degli esposti, un sorta di alcova girevole in due parti, in modo che attraverso uno sportello, era possibile collocare il neonato da abbandonare senza essere visti dall’interno. Facendo girare la ruota, essa andava a combaciare con un’apertura all’interno, dove lo sportello veniva aperto e al neonato potevano essere assicurate le cure necessarie.
Spesso vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire chi di dovere di raccogliere il neonato. Oggi come ho già detto c’è la legge che consente di non riconoscere il neonato, ma di evitare di sopprimerlo con l’abbandono.
Ultimo caso di questi giorni, è il caso di Francesco Alberto, il neonato ritrovato, dopo essere stato abbandonato nelle campagne di Paceco nel Trapanese, in un sacchetto di plastica.
E’ stato chiamato Francesco Alberto: Francesco come il santo patrono del quale ricorreva la festa, Alberto come il militare che l’ha soccorso. A dare l’allarme è stata la figlia di un contadino che lavorava nel suo campo, richiamata dal pianto del piccolo.
Il bimbo si trova adesso all’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani. Nel sacchetto c’era ancora la placenta e il cordone ombelicale attaccato al corpo.
E’ iniziata una corsa alla solidarietà, il telefono del reparto di neonatologia dellʼospedale di Trapani squilla ininterrottamente, dicono al TG. Centinaia di doni: pannolini, tutine, vestitini, arrivano da ogni parte della Sicilia tutti vogliono sapere come sta il piccolo Francesco Alberto.
Il tribunale dei minori in questi giorni ha deciso di affidarlo ai medici del reparto ma sono tanti quelli che chiedono di adottarlo.
Io sono pronto ad adottarlo, sto cercando di capire in che modo posso avanzare la mia offerta di adozione. Ho cresciuto sei figli, che stanno tutti bene e hanno tutti una posizione economica e culturale di grande importanza.
I bambini sono “Angeli di Dio” e non si possono abbandonare e farli morire, si devono amare dal primo momento che sono nel grembo della mamma.
Arturo Di Mascio