Proposta per un piano di rientro a scuola dopo l’emergenza per Coronavirus

Proposta per un piano di rientro a scuola dopo l’emergenza per Coronavirus.

Elaborato da un gruppo composito di studenti, docenti di ogni ordine e grado, medici, ricercatori e clinici, psicologi e professionisti di vari settori di attività

Nota preliminare del Prof. Benedetto Vertecchi

Un piano per il rientro a scuola non è una questione che si possa risolvere solo con attenzione a questo o quell’aspetto della proposta educativa più evidentemente implicato nelle attività. C’è il rischio di veder prevalere proposte che sono espressione di un senso comune denso solo di banalità, ma che non può essere considerato il riferimento per un percorso di analisi, di interpretazione, di progettazione e di realizzazione di una funzione sociale complessa, com’è quella dell’educazione formale. Mi limito a segnalare con quanta leggerezza, finora, siano state accolte soluzioni che, se nei casi migliori hanno avuto ricadute immediate positive, non si può ignorare che saranno nel seguito causa di non poche difficoltà. Allievi e insegnanti si sono visti improvvisamente ribaltare criteri di valore e d’azione che da un mezzo secolo sembravano costituire un riferimento generalmente accettato: ci si è accontentati di una parvenza di attività didattica a distanza, spesso sollecitata proprio da chi in altri momenti aveva lamentato i limiti di una proposta che sacrificava alla
trasmissione del messaggio aspetti altrettanto importanti del processo educativo, come lo sviluppo della socializzazione (e quello parallelo del linguaggio), o delle manifestazioni affettive capaci di segnalare il precisarsi di interessi nelle condizioni di educazione scolastica, ma
anche per effetto di congiunzione con stimoli acquisiti nelle condizioni della vita quotidiana.

Sono esigenze quelle accennate che possono essere condivise, purché non si riducano ad una stanca ripetizione di parole d’ordine indimostrate. Ed è mia impressione che ciò avvenisse largamente anche prima dell’interruzione drammaticamente imposta da circostanze eccezionali. Mancava allora, e manca ora di più, la condizione necessaria per una ripresa virtuosa, e quindi nuova perché liberata dalle espressioni untuose che assicuravano tranquillità ai politici (secondo le circostanze pronti a magnificare i livelli degli apprendimenti conseguiti o a intonare geremiadi altrettanto
prive di significato), ai genitori (rassicurati dalla mancanza di una reale capacità delle scuole di interpretare l’evoluzione del profilo cognitivo, affettivo e relazionale degli allievi), agli insegnanti (ai quali si era prodighi di riconoscimenti verbali sulla “professionalità”, purché ciò non comportasse un serio impegno per qualificare la “professione”.

Un piano di rientro come quelli prospettati fino a questo momento, non sarebbe un ritorno alle condizioni precedenti l’interruzione delle attività delle scuole, ma un arretramento anche rispetto a quei livelli, che pure presentavano non pochi aspetti critici: c’è bisogno di avviare un’accumulazione degli apporti di conoscenza da parte della ricerca e di sapienza prodotta attraverso le esperienze degli insegnanti. Non è facile ottenere tali apporti, ma sarebbe già un progresso riorganizzare, con la collaborazione di tutti, le attività del sistema educativo.

Pur essendo già al lavoro diversi gruppi di esperti su un piano di riapertura delle scuole dopo la chiusura forzata per l’emergenza sanitaria, proponiamo all’attenzione dei decisori istituzionali alcune considerazioni e proposte emerse da una discussione ampia e trasversale, che coinvolge cittadini ed esperti di varia competenza e che tiene conto delle valutazioni medico-scientifiche di illustri studiosi e clinici. La proposta è fondata su alcune considerazioni di partenza, da utilizzare come vincoli della discussione.

1. I bambini e i ragazzi sono stati duramente provati da lunghe settimane di chiusura forzata in casa, che ha comportato una frattura nelle condizioni usuali di sviluppo, sul piano mentale come su quello fisico. Della frattura hanno risentito in misura certamente maggiore i bambini e i ragazzi di condizione sociale più modesta, e in genere quelli residenti nelle aree urbane, per i quali la
costrizione alla quale sono stati soggetti ha comportato una severa contrazione degli spazi di esperienza. Ciò è avvenuto in un quadro di tensione emotiva prolungata e aggravata dai toni drammatici per lo più assunti dalla comunicazione televisiva e dalle preoccupazioni familiari. Occorre valutare in quale misura le condizioni sopravvenute abbiano inciso sull’apprendimento, sullasocializzazione e sull’affettività e quali siano le misure più adeguate a compensare gli effetti negativiche saranno rilevati.

2. Per poter riaprire le attività produttive e consentire alle lavoratrici e ai lavoratori di riprendere il lavoro, riveste un ruolo centrale la disponibilità del servizio di asilo nido e di scuola per l’infanzia, tanto più che i nonni sono la categoria più a rischio e non sono perciò in condizione di contribuire come di consueto a soddisfare le esigenze familiari. L’avvio della ripresa produttiva dovrà tenere conto anche dei limiti obiettivi in cui si svolge la vita familiare, adottando, ove possibile, forme di flessibilità oraria.

3. La privazione dell’offerta educativa didattica in un contesto scolastico rappresenta un danno grave e irreparabile per i più piccoli, specie se disabili o provenienti da situazioni familiari fragili o a rischio o da zone del paese che offrono ridotte possibilità di comunicazione e di interazione diretta o virtuale. La didattica a distanza, benché più accettabile come soluzione temporanea nella scuola superiore e all’Università, è solo un pallido surrogato della didattica in presenza a livello di base. In ogni caso non può essere considerata una possibilità alternativa ma, se opportunamente realizzata, un’opportunità integrativa. Occorre assicurare un’offerta didattica, anche composita, che non comprometta i diritti dei minori all’inclusione scolastica e ad una vita relazionale piena e costruttiva. Inoltre, la didattica a distanza non piace affatto né ai ragazzi né ai docenti e pone seri problemi di salvaguardia della privacy.

4. Non è ragionevole attendere la distribuzione di un vaccino, per i tempi lunghi di sperimentazione e per l’ovvia considerazione che non è ammissibile una sperimentazione in vivo. I bambini non hanno mostrato particolare vulnerabilità alle complicanze della malattia. Inoltre, il tasso di infezione nei bambini e nei ragazzi (<25 anni) è risultato essere di natura assolutamente sporadica.

5. I docenti italiani sono avanti con l’età (fenomeno comunque comune a gran parte dei gruppi professionali) e sono troppo poco sostenuti nella loro attività da strutture di adeguamento conoscitivo e professionale. Ciò genera stress per la difficoltà di far fronte alle esigenze complesse del loro lavoro, specie quando occorre riprogettare in circostanze inusuali l’attività educativa.

6. Occorre contemperare l’esigenza della tutela sanitaria con quella altrettanto forte del ritorno alla normalità. Sembra perciò preferibile un approccio graduale. Sulla base di quanto è stato registrato nella dinamica di diffusione della pandemia in Italia, sembrerebbe opportuno operare l’apertura delle attività in maniera differenziata su base regionale. Sarebbe pertanto poco prudente immaginare una riapertura sincrona su tutto il territorio nazionale.

7. Per il rientro a scuola, devono essere garantiti i trasporti in condizioni di sicurezza. Le aule non devono essere sovraffollate. Vanno adottate misure primarie e secondarie di prevenzione, finalizzate a ridurre il rischio di infezione e ad assicurare controlli periodici che permettano di valutare l’eventuale comparsa di infezione.

8. Le condizioni locali degli edifici scolastici, le dotazioni didattiche tradizionali e tecnologiche, le caratteristiche personali dei docenti, le peculiarità del territorio e la realtà socioeconomica e dei trasporti possono essere molto diversificate nella penisola. Non sarebbe pertanto ragionevole ipotizzare una sequenza rigida di tempi e modalità, ma sarebbe opportuno incoraggiare percorsi di analisi che individuino punti di forza o di debolezza di ogni realtà considerata, nonché fattoriconcomitanti che segnalino fenomeni sui quali sia opportuno riversare una maggiore attenzione.
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Occorrono perciò una valutazione complessiva e un’attività di coordinamento fra i diversi livelli di responsabilità istituzionale e gestionale.

9. Dovrebbe essere predisposto un disciplinare di medicina e igiene scolastica, che indichi le condizioni che è necessario assicurare sull’intero territorio della Repubblica. Il disciplinare può contemplare le deroghe proponibili in circostanze eccezionali, come quelle che oggi destano la nostra preoccupazione.

10. La mobilità dei docenti nella Penisola dovrebbe essere garantita per assicurare la ripresa delle lezioni, previo accordo con i sindacati.

Criteri fondamentali
Sulla base dei vincoli elencati, proponiamo come criteri fondamentali per il rientro quelli di autonomia,
volontarietà, supporto istituzionale
e monitoraggio. Individuiamo inoltre due tappe fondamentali, la prima
nel corso del corrente anno scolastico e la seconda a partire dall’inizio di settembre.
a.
Autonomia: Sulla base di un indirizzo del MIUR che deve essere nazionale, ogni collegio docenti, in
contatto con gli EE. LL. e con le reti di scuole, dovrebbe individuare possibili percorsi da seguire, in
base alle peculiarità locali, sperimentando, dietro monitoraggio del MIUR, diverse soluzioni. Risulta
fondamentale che siano indicati precisi parametri da osservare per la sicurezza e l’igiene, che siano
assicurate le dotazioni di dispositivi e adeguati controlli attraverso test e tamponi
. Questo lavoro va
cominciato al più presto, in stretto collegamento fra istanze che si riferiscono a diversi ambiti
territoriali.

b. Volontarietà: il rientro a scuola dei docenti e degli studenti dovrebbe essere per un periodo transitorio del tutto volontario e non forzato, sopperendo con la didattica a distanza per chi non può o non vuole il rientro in classe. Per risolvere il problema conseguente, che cioè alcuni docenti  potrebbero essere presenti e altri no, si potrebbero ipotizzare soluzioni provvisorie, quali l’attivazione della didattica a distanza direttamente in classe, mediante computer e rete Internet della scuola oppure la concentrazione al mattino delle ore di lezione in presenza e nel pomeriggio di quelle a distanza; la suddivisione delle lezioni in presenza e a distanza in giorni diversi; l’assunzione di supplenti temporanei, specie in caso di sieronegatività e di fattori di rischio dei docenti titolari. Per l’eventuale assenza di una parte degli allievi, questo problema si può affrontare registrando le lezioni, assegnando compiti e lezioni individualizzate o utilizzando altre modalità. Ogni consiglio di classe può proporre soluzioni adeguate anche per pochi giorni di scuola. In ogni caso, per la didattica mista dovrebbe essere la scuola a fornire gli strumenti digitali e la connessione gratuita agli studenti e ai docenti che non ne dispongono. Questa soluzione deve essere comunque solo temporanea. È necessario che tutti siano in condizione di fornire il loro contributo a una ripresa qualificata delle attività, sia che essa comporti l’interazione diretta con gli allievi sia che preveda la progettazione e lo sviluppo di proposte cumulabili e replicabili a partire dalle quali sia possibile la realizzazione di archivi di soluzioni didattiche.

c. Supporto istituzionale: è una condizione fondamentale. Il MIUR potrebbe: attivare immediatamente gli EE.LL. per un monitoraggio degli spazi scolastici e di spazi nonscolastici utilizzabili come aule, onde poter mantenere un distanziamento sufficiente nella scuola secondaria (nei primi gradi di scuola il distanziamento non è pensabile), nonché dei trasporti;
affrontare il problema del fabbisogno di personale in tutti i gradi d’istruzione al fine di consentire una maggiore flessibilità nell’utilizzo temporaneo di quello attualmente di ruolo, disponendo di deroghe   alla mobilità per facilitare le molteplici e differenti esigenze; potrebbe accelerare i piani di assunzione, assumere supplenti nominati dalle scuole per sostituire in via temporanea i docenti più a rischio e per ridurre subito e drasticamente il numero degli alunni per classe in
ogni ordine e grado d’istruzione;

fare una ricognizione delle dotazioni tecnologiche di scuole, docenti e allievi;
creare un gruppo di lavoro al MIUR per dare risposta immediata alle richieste delle scuole;
attivare le istituzioni competenti affinché assicurino che le scuole di ogni ordine e grado siano fornite di ciò che serve per l’igiene e la sicurezza (eventuali dispositivi ritenuti obbligatori), prevedendo brevi attività di formazione del personale ATA alla gestione in sicurezza degli ambienti;
assicurare il monitoraggio di tutto il processo emanando puntuali Linee Guida in collaborazione con il Ministero della Sanità, per evitare di procedere in ordine sparso e di creare disparità territoriali non motivate, è fondamentale che sia a livello centrale avvalendosi della collaborazione regionale per la gestione.

Fa parte del supporto istituzionale anche il reperimento immediato di risorse subito disponibili anche riconvertendo i fondi già stanziati a partire da quelli per l’edilizia scolastica, dall’utilizzazione dei fondi per l’alternanza scuola-lavoro (400 milioni), di quelli destinati alla legge 440 e dei fondi europei disponibili. Sarebbe impensabile infatti uscire da questa crisi senza una mobilitazione di adeguate risorse e investimenti.
d.
Monitoraggio: il rientro dovrebbe, in ogni caso, essere preceduto da un esame sierologico (IgM per infezione in corso e IgG per infezione già avvenuta) per verificare se docenti e studenti hanno avuto contatto con il virus. In caso di positività, non dovrebbero esserci ostacoli al rientro in classe. In caso di negatività, dovrebbe essere effettuato un tampone di controllo e, se negativo, la scelta di rientrare dovrebbe essere lasciata ai docenti e ai genitori in accordo con l’istituzione scolastica, che progetterà un’opportuna modalità per la didattica a distanza, nei limiti dell’orario di lavoro dei docenti.
Dovrebbe essere affidato alla medicina territoriale il monitoraggio della salute nelle scuole, anche mediante educazione all’igiene e ad uno stile di vita e di alimentazione sano, nonché mediante il controllo della temperatura.
Piano di rientro delle classi

Fase 1: maggio-giugno 2020
Rientro classi quinte superiori. Il rientro a scuola delle classi quinte superiori dovrebbe essere favorito e potrebbe avvenire già nel mese maggio, al massimo entro la metà del mese. Con le scuole vuote, non sarà certo difficile trovare spazi adeguati alle lezioni. Dovrebbero essere effettuati nei giorni precedenti i test sierologici. Per chi non se la sente per motivi
di salute può essere prevista la prosecuzione della didattica a distanza. La stessa cosa potrebbe valere per gli studenti. L’esame di Stato dovrebbe svolgersi regolarmente in presenza, avendo cura di predisporre ambienti sicuri, con spazi sufficienti per le distanze. Questo primo passo consentirebbe di effettuare un esperimento-pilota, se monitorato attentamente. Misure idonee debbono riguardare i trasporti pubblici, eventualmente con fasce orarie riservate agli spostamenti degli studenti. 

Rientro scuole d’infanzia e asili-nido. La didattica nelle scuole per l’infanzia termina il 30 giugno. Si potrebbe rientrare a maggio, suddividendo in due gruppi ogni sezione, raddoppiando il personale per gli ultimi due mesi dell’anno scolastico e lasciando facoltà alle maestre di tornare o meno, sempre dopo test sierologico e monitorando la situazione. Si potrebbe pensare ad utilizzare anche gli spazi delle scuole primarie, qualora fossero ancora vuoti, o trovare soluzioni alternative, per esempio utilizzando gli spazi aperti. Per i bambini fra i 3 e i 5 anni una rottura così brusca e prolungata della normalità scolastica costituisce già ora un danno grave. La riapertura consentirebbe ai genitori la ripresa del lavoro e ai
bambini di recuperare almeno una forma accettabile di normalità. Per chi preferisce aspettare il rientro a settembre e per le scuole elementari, si può prevedere un contributo per l’assistenza domiciliare.

– Per gli asili-nido si può valutare una soluzione analoga a quella della scuola d’infanzia, dal momento che l’apertura delle strutture si prolunga di solito fino a metà luglio. Occorre a tal fine coinvolgere gli enti pubblici e privati che gestiscono il servizio. Per questa fascia di età, le esigenze di socializzazione dei bambini e le esigenze organizzative delle famiglie sono primarie.
Rientro scuola primaria e secondaria. Secondo noi, anche una riapertura scaglionata e magari parziale (con ingressi ad orari diversi, mediante lezioni a giorni alterni o a settimane alterne, mediante attività interne alla scuola o svolte all’esterno o in altra modalità individuata dai docenti) nel mese di maggio delle classi prima e seconda della scuola primaria aiuterebbe i bambini più piccoli, per i quali nessuna didattica a distanza è possibile, a riattivare i legami interrotti in modo tanto traumatico. La distanza temporale fra l’interruzione di febbraio-marzo e un’eventuale ripresa a settembre sarebbe davvero incommensurabile. L’impossibilità di rivedere i compagni e le maestre per un periodo così lungo costituirebbe un danno enorme, perfino più grave del rischio sanitario.
– Noi auspichiamo un rientro in qualche forma
per tutte le classi della scuola primaria e secondaria. In ogni caso, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo grado, se non ritenesse opportuno ripartire a maggio, si possono comunque ipotizzare momenti di incontro e di esperienza  comune, per riannodare i fili di un percorso educativo interrotto e per affrontare insieme le conseguenze emotive di questo periodo. Ci riferiamo a uscite all’aria aperta o nei musei, ad attività artistico-espressive e a momenti di scambio, da effettuare a classi scaglionate e rispettando per
quanto possibile le misure di igiene e sicurezza.
– Il rientro è particolarmente necessario per gli studenti disabili in ogni ordine di scuola. Per loro la separazione forzata dal resto della classe e la discontinuità educativa costituisce un danno grave, che va in qualche modo riparato. Risulta fondamentale anche la riapertura delle attività di assistenza e di sostegno gestite dagli enti territoriali.
– Queste ipotesi, in riferimento a tutte le scuole di ogni ordine e grado, sono praticabili attivando un confronto reale ed approfondito che porti ad una collaborazione tra tutti i livelli istituzionali, dalle scuole agli Enti Locali, ai sindacati, ai diversi Ministeri per trovare soluzioni, anche inedite, rispondenti ad ogni situazione locale e mettendo in campo in modo sinergico le risorse dei settori dell’istruzione e della sanità e tutti i servizi implicati come i trasporti e i servizi di mensa. Per gli spostamenti, sarebbeutile pensare ad un servizio dedicato potenziato per i più piccoli.

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Fase 2: settembre 2020

Rientro di tutte le classi in tutte le scuole di ogni ordine e grado, compresa l’Università. Per evitare il sovraffollamento in aule piccole, si dovrebbero costituire classi con un numero di alunni proporzionato agli ambienti disponibili, e in ogni caso non superiore a 20, che consenta di mantenere lo spazio vitale, finora spesso sacrificato nelle aule troppo piccole. Sarebbe l’occasione per migliorare anche la qualità della didattica, formando classi più gestibili e inclusive. Dovrebbero estendersi i controlli sierologici su docenti e studenti, il che consentirebbe anche di avere un quadro complessivo e più realistico della situazione epidemiologica. Il livello di restrizione imposto con le misure di contenimento e la volontarietà della ripresa del lavoro in classe dovrà essere valutato anche in base ai dati epidemiologici, escludendo però ogni ulteriore forma di blocco totale. Nella scuola d’infanzia e primaria, nonché negli asili-nido, non è pensabile alcuna forma di distanziamento sociale. Si dovrà puntare sull’igiene, sull’attività all’aperto, sulla prevenzione e sul monitoraggio sanitario costante della situazione.
Sono possibili due scenari:
L’epidemia riprende massivamente durante l’estate o all’inizio dell’autunno, nel senso che nuovamente si verifica un accesso massiccio di malati ai reparti di terapia intensiva (non parrebbe determinante il semplice numero dei positivi al tampone): in questo caso, escludendo una nuova, insostenibile quarantena, si può ridurre da settembre il numero di alunni nelle classi e sui mezzi di trasporto procedendo ad eventuali turnazioni settimanali delle classi, utilizzando solo le aule più grandi e svolgendo alternativamente una settimana in classe e una in modalità a distanza, salvo i casi
particolari di cui abbiamo già parlato, che potrebbero lavorare prevalentemente a distanza. In questo caso, bisogna comunque prevedere forme di sostegno alle famiglie impegnate nel lavoro ed un potenziamento dell’organico docente.
L’epidemia, pur con qualche momento di riattivazione, sostanzialmente rientra e il numero di ricoverati in gravi condizioni si riduce a quello di un’epidemia influenzale: in questo caso, mantenendo alta l’attenzione e monitorando la situazione sanitaria (a cura della medicina territoriale), si può pensare alla normalizzazione della situazione, sempre evitando il sovraffollamento delle aule con la previsione in modo stabile di una netta riduzione degli alunni per
classe e osservando le prescrizioni igienico-sanitarie.

Considerazioni medico-scientifiche
Qualunque ipotesi per il ripristino delle normali attività post-quarantena deve confrontarsi con tre ordini di domande:
a) come definire il rischio di infezione;
b) qual è il rischio accettabile;
c) come attivamente prevenire l’infezione e programmare i controlli.
In sintesi:
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– Il rischio di infezione viene stimato basso o nullo in presenza di un fattore R pari o inferiore a 0. Il fattore R evidenzia la probabilità di trasmissione da infetto a sano e, per valori R<0 indica che l’epidemia si sta spegnendo. Siamo attualmente in questa fase e ciò indica la fase calante in cui è improbabile una riattivazione della crescita di contagio.
– Ovviamente non esiste rischio accettabile in linea teorica. Qualunque uomo di scienza cui venisse richiesto di definire il momento di ripresa tale da minimizzare il rischio di eventuali nuovi casi di infezione virale tenderebbe a posporre la ripresa quanto più in là possibile. Sia per tendere al rischio zero, sia per evitare responsabilità penali che ne deriverebbero. In realtà condizioni a rischio zero non esistono e ogni giorno dobbiamo accettare un rischio minimo anche solo nel decidere di attraversare la strada. Il problema è che, una volta individuato un rischio “accettabile” – quello cioè
corrispondente ad una fase di R<0 – tocca al potere politico assumersi la responsabilità per una riapertura.
– La prevenzione si articola su due livelli e deve essere calibrata considerando la giovane età deibambini/ragazzi: 1) primaria, basata sull’adozione di misure igieniche (mascherine, lavaggio delle mani), su presidi farmacologici (somministrazione di supplementi di vitamina D SOLO in chi presenta valori deficitari; la vitamina C può essere evitata se si consumano agrumi a sufficienza) e sull’adozione di una dieta adeguata; 2) secondaria: esami periodici (ogni 6 – 12 mesi) di carattere clinico e strumentale (Rx torace ma solo in presenza di sintomi sospetti) e laboratoristico (tampone o controllisierologici per le IgG/IgM). Va sottolineato che, in base alle evidenze epidemiologiche disponibili, ci
attendiamo che dai 1 -25 anni, la probabilità di individuare casi positivi alla Sars-CoV-2 sia oltremodo infrequente. Questo è un aspetto da sottolineare: al momento – e dopo tanti mesi di esperienza – non esiste nessun rischio concreto che bambini, adolescenti e giovani (<30) costituiscano un target significativo della malattia.

Considerazioni conclusive

– Lo stress grave provocato da questi mesi di reclusione forzata e di sospensione della normalità scolastica vanno affrontate anche mediante misure di sostegno professionale gratuito offerto a tutti i lavoratori della scuola. Un sostegno specifico va offerto anche agli studenti e alle famiglie. Sarebbe opportuno coinvolgere le associazioni professionali dei settori più direttamente collegati allo sviluppo educativo per progettare un piano di interventi capillare con la previsione di un sostegno economico (anche in forma di detrazione fiscale) di tutte le attività e le terapie naturali liberamente
scelte dai cittadini per la cura della propria salute.

– Gruppi di studenti potrebbero svolgere attività didattica all’aria aperta nei parchi, visitare musei, luoghi di interesse storico e culturale del proprio territorio anche spostandosi a piedi ed evitando assembramenti, nel rispetto delle regole di sicurezza sanitaria.
– Per le situazioni sociali di maggiore difficoltà, per i bambini con problemi di apprendimento o rimasti esclusi dalla didattica a distanza, per i disabili, per i minori e gli adulti in situazione di povertà o di vulnerabilità sociale e personale, per i contesti nei quali la criminalità organizzata sta occupando gli spazi lasciati vuoti dalle istituzioni pubbliche occorre pensare alla
realizzazione di corsi di recupero mirati a scuola e/o di progetti di recupero sociale ed educativo. A partire dal mese di maggio e per i primi mesi del prossimo anno scolastico, si potranno attivare percorsi di recupero scolastico anche
mediante assunzione di docenti, e/o attività di recupero socio-educativo, mediante l’intervento coordinato delle associazioni di volontariato, dei servizi socioassistenziali del territorio, degli enti locali, al fine di mettere a disposizione strutture e risorse delle istituzioni scolastiche e del territorio.

In particolare le amministrazioni locali dovrebbero indicare attività utili alla collettività che possano essere retribuite e che favoriscano l’uscita dall’inattività e dall’isolamento sociale.
– La crisi epidemica ha messo drammaticamente a nudo anche la carenza di edifici scolastici adeguati,l’insostenibilità delle classi-pollaio e la scarsità di dotazioni sanitarie, didattiche e strumentali delle scuole. Sarebbe il momento di affrontare e risolvere questi problemi, senza però affidare alla tecnologia (ovvero al mercato) un impossibile valore salvifico.
– Inoltre, l’epidemia ha messo tutti di fronte all’evidenza che i docenti italiani sono in maggioranza anziani e, in questa situazione, esposti a maggiori rischi. Potrebbe essere prevista, su base volontaria, la possibilità di prepensionamenti o di distacco dalla didattica nelle classi, per svolgere mansioni meno usuranti come, per esempio, forme di tutoraggio e di supporto esperto all’attività didattica dei colleghi più giovani. In ogni caso, questo aspetto andrebbe considerato nel programmare la ripartenza.

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