HONG KONG, HONG KONG - JUNE 15: Carrie Lam, Hong Kong's chief executive, speaks during a news conference at Central Government Complex on June 15, 2019 in Hong Kong China. Hong Kong's Chief Executive Carrie Lam announced to delay a controversial China extradition bill and halt its progress on Saturday after recent clashes between the police and protesters outside government buildings over the bill that would allow suspected criminals to be sent to the mainland. An estimated 1 million people took to the streets on Sunday to protest against the bill as clashes between demonstrators and the police erupted after the peaceful march and many believe the proposed amendment would erode Hong Kong's legal protections, placing its citizens at risk of extradition to China. (Photo by Anthony Kwan/Getty Images)

Proteste Hong Kong, Carrie Lam chiede il dialogo coi cittadini

Il contestato capo dell’amministrazione di Hong Kong, Carrie Lam, ha detto che intende mettere in piedi “immediatamente” una piattaforma per il dialogo coi cittadini, dopo che nel fine settimana quasi due milioni di persone sono nuovamente scese in piazza pacificamente per l’11ma settimana di proteste. Lo scrive oggi il Guardian. “Immediatamente inizierà un lavoro per costruire una piattafoma di dialogo. Noi speriamo che questo dialogo possa essere costruito sulla base di una reciproca comprensione e rispetto, per trovare una via d’uscita per Hong Kong”, ha detto la Chief Executive, ogggetto di richieste di dimissioni da parte dei dimostranti.

“Io sinceramente speso che questo sia l’inizio di un ritorno della società alla calma e un allontanamento dalle violenze”, ha continuato la leader pro-Cina, sostenendo che la piattaforma sarà “aperta e diretta” e sarà rivolta a persone provenienti dai più diversi retroterra politici. Le dimostrazioni sono iniziate ormai quasi tre mesi fa per reagire alla proposta di legge voluta dall’amministrazione per consentire l’estradizione verso la Cina e Taiwan. Secondo i dimostranti si tratta di uno strumento che garantirebbe a Pechino la possibilità di mettere le mani sui dissidenti.

Nonostante lo stop alla legge – che i dimostranti temono solo provvisorio – la protesta non si è fermata, si è anzi allargata includendo le denunce contro la violenza perpetrate dalla polizia, le richieste di rilascio delle persone arrestate e, più ampiamente, la democrazia. Pechino, dal canto suo, ha accusato potenze straniere – in primis gli Stati uniti – di fomentare una “rivoluzione colorata” a Hong Kong. E, come segno dimostrativo, ha dislocato unità della polizia armata nella vicina Shenzhen, secondo video postati dagli stessi media di stato.

Lam ha inoltre assicurato che non c’è intenzione di resuscitare la legge sull’estradizione e che l’Indipendent Police Complaints Council, un’authority che vigila sull’operato della polizia, condurrà un’inchiesta sugli incidenti di questi mesi. Tra questi, anche un attacco da parte di teppisti armati presso la stazione di Yuen Long a luglio, dove sono rimaste ferite decine di persone.

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