Gazprom, la compagnia petrolifera russa per eccellenza, ha deciso di tagliare le forniture di gas all’Europa e in particolare all’Italia, contribuendo a infliggere nuove sofferenze al mercato e, di conseguenza, a famiglie e imprese. A fronte di una richiesta giornaliera di gas da parte di Eni pari a circa 63 mln di metri cubi, Gazprom ha comunicato che fornirà solo il 50% di quanto richiesto (con quantità effettive consegnate pressoché invariate rispetto ieri).
La motivazione ufficiale è che, a causa delle sanzioni, mancano pezzi di ricambio per la manutenzione dei gasdotti. In realtà si tratta di una mossa meramente politica, che ha colpito anche la Francia proprio nei giorni in cui Draghi, Macron e Scholz sono andati a sostenere Zelensky a Kiev.
“I motivi per i tagli di forniture che colpiscono un po’ tutta l’Europa ci viene detto sono tecnici, una delle spiegazioni è che la manutenzione è difficile a causa delle sanzioni. Da parte della Germania e nostra e di altri riteniamo che queste siano bugie, che in realtà ci sia un uso politico del gas, come c’è un uso politico del grano”, aveva detto il premier Mario Draghi, parlando a Kiev dopo l’annuncio della riduzione della fornitura all’Italia da parte di Gazprom
Sta di fatto che stiamo ricevendo meno gas e questo impatta non tanto sulle nostre attività giornaliere quanto sugli stoccaggi”, spiegava inoltre il ministro Cingolani. Le motivazioni alla base della riduzione dei flussi, sottolineava, “possono essere tecniche ma anche di pressione politica.
Al di là delle rappresaglie politiche, quella di Mosca sembra una mossa studiata. Riducendo in parte le forniture, infatti, la Russia fa impennare il prezzo dell metano. Così mentre i tre leader europei manifestano il loro sostegno a Zelensky, i loro paesi pagano una bolletta salata a Putin.
Non solo, ma tagliando le forniture Putin si “assicura” anche per il prossimo futuro: non mette infatti a rischio i consumi nell’immediato, ma rallenta sensibilmente gli stoccaggi per l’inverno, rendendoci se possibile ancora più dipendenti da Mosca.
La situazione al momento non desta preoccupazione immediata per i tecnici, considerando che la richiesta giornaliera è oggi di 155 milioni di metri cubi e la disponibilità di 195 milioni di metri cubi. Di questo passo, per superare i mesi più freddi, sarà però necessario destinare tutto il gas ora inutilizzato allo stoccaggio almeno fino alla fine dell’anno, considerando che oggi i siti sono pieni al 54%.
A destare apprensione è però una nuova mossa di Mosca, che potrebbe ridurre ulteriormente gli approvvigionamenti. Già nei prossimi giorni il Ministero della Transizione ecologica potrebbe agire con misure mirate ad abbassare i consumi industriali e domestici. E il Governo potrebbe anche optare per decretare lo stato di preallarme e poi lo stato di allarme.
La Russia riduce di un terzo le forniture all’Italia rispetto alla media degli ultimi giorni. E’ quanto si evince da una nota dell’Eni. “Gazprom – scrive la compagnia italiana – ha comunicato che per la giornata di oggi fornirà a Eni volumi di gas pari a circa 21 milioni di metri cubi al giorno, rispetto a una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni di metri cubi al giorno. Eni fornirà ulteriori informazioni in caso di nuove e significative variazioni dei flussi”. Dunque, già da oggi 11 luglio 2022, la Russia ha tagliato le forniture dirette all’Italia.
Il primo passo sarebbe quello di invitare le industrie, attraverso il trasportatore Snam, a limitare volontariamente i consumi, come prevedono i contratti di fornitura. In caso di attuazione del piano emergenziale, inoltre, in prima battuta spetterebbe agli operatori, come Eni, emanare misure per il risparmio delle materie energetiche e aumentare le importazioni, riducendo la domanda totale e impiegando combustibili alternativi negli impianti industriali.
In caso di urgenza, però, il Comitato emergenza gas avvertirebbe immediatamente il ministro Roberto Cingolani, che a sua volta potrebbe emanare, in autonomia, un decreto che avrebbe effetti anche sui cittadini e le imprese.
Un piano operativo sarebbe già nero su bianco, secondo quanto scrive Roberta Amoruso sul Messaggero. Nel piano case, si ipotizza di abbassare di due gradi la temperatura dei climatizzatori e del teleriscaldamento (fino a 19 gradi per i termosifoni e a 27 gradi nel caso dei condizionatori estivi). E’ prevista anche la riduzione dell’orario di accensione, visto che il grosso dei consumi residenziali deriva proprio dal capitolo riscaldamento. E si ipotizza il coprifuoco la sera per l’illuminazione.
Poi c’è il piano città, alle quali è richiesto di ridurre l’illuminazione pubblica fino al 40%. Il che vuol dire accendere un lampione su due di notte. Ma in casi estremi anche gli uffici pubblici potrebbero chiudere in anticipo, alle 17,30. A loro volta, i negozi potrebbero dover anticipare la chiusura alle 19. Infine, anche i locali potrebbero andare incontro al coprifuoco alle 23.
In caso di stop totale del gas dalla Russia, infatti, non basterebbe nemmeno il riempimento totale degli stoccaggi né il gas liquefatto in arrivo in più dagli Usa e il massimo utilizzo dei gasdotti Tap (che fa arrivare il gas dall’Azerbaijan) e Transmed (che trasporta il metano dall’Algeria). Anche tenendo conto che i nuovi rigassificatori saranno operativi solo dal 2023.