La polemica era inevitabile: la pizza non si tocca. Quando il Crazy Pizza di Flavio Briatore è stato criticato per i prezzi troppo alti, l’imprenditore ha sollevato dubbi sulla possibilità di vendere un prodotto di buona qualità a prezzi popolari.
“Come fanno a vendere una pizza a 4 e 5 euro? Cosa mettono dentro queste pizze?” – chiede Briatore via Instagram. Ebbene, la risposta degli addetti ai lavori non si è fatta attendere: si può vendere una pizza alla cifra che si vuole, ma la pizza resta un piatto popolare – e i prezzi dei menù italiani sembrano confermarlo.
Crazy Pizza: la polemica sui social
La pizza che viene servita al Crazy Pizza di Briatore è sottile, croccante e senza lievito. I prezzi qui vanno dai 13 euro della semplice pizza al pomodoro fino ai 65 euro della pizza gourmand con il Pata Negra: prezzi troppo alti per una pizza, secondo alcuni.
L’imprenditore sostiene, nel video recentemente pubblicato su Instagram, che sia impossibile vendere una pizza a 4 o 5 euro se si scelgono ingredienti di prima qualità. “Bisogna pagare il fornitore, l’Iva sul fornitore, devi fare lo scontrino al cliente, devi pagare gli affitti, gli ammortamenti, le tasse, il gas, la luce e tutto quanto”, dice Briatore, “o vendi 50.000 pizze al giorno o altrimenti non è possibile”.
La risposta arriva direttamente dall’Associazione Pizzaiuoli Napoletani: “La pizza napoletana è un piatto pop, ossia popolare”, spiega Sergio Miccù, “il problema non è a quanto si venda la pizza con l’astice blu come condimento, ma a quanto sia giusto vendere una Margherita o una Marinara fatta con ingredienti di qualità”.
La risposta di Sorbillo a Napoli
Della stessa idea è Gino Sorbillo, tra i simboli della pizza napoletana nel mondo: se la farina che usano al Crazy Pizza “costa più di 1.50 euro al chilo”, è altrettanto vero che il costo medio di un chilo di farina di buona qualità può andare “da 50 centesimi a 1,2 euro al chilo”, anche dopo gli ultimi rincari.
“Personalmente uso i migliori pomodoro San Marzano e un grande olio extravergine”, dice Sorbillo dal suo storico locale napoletano. “Se volessi aggiungere caviale o Pata Negra non avrei problemi, ma non lo faccio per non snaturare l’identità popolare della pizza”.
Così, da Sorbillo ai Tribunali, per tutta la giornata la pizza Margherita è stata venduta a 4 euro, e la pizza a portafoglio distribuita gratuitamente ai tanti cittadini accorsi alle porte del locale, dove si è tenuta anche una lezione per spiegare come sia possibile creare un prodotto “super-economico ma sano e genuino”.
Quanto costa una Margherita in Italia
Sono oltre 100mila le pizzerie in Italia, e soltanto in una piccolissima percentuale propongono pizze che superano mediamente i 10 euro.
Come spiega Miccù, le pizze non sono tutte uguali: esiste la pizza classica, che conserva “il valore della tradizione e di piatto popolare”, e ci sono le pizze “cosiddette da chef”, che possono avere prezzi diversi, in linea con quelli proposti dai locali di Briatore e non solo.
Da Carlo Cracco, in Galleria a Milano, per esempio, una Margherita costa 22 euro, mentre nel locale di Simone Padoan, tra i più noti esponenti della pizza gourmand, il prezzo arriva a 26 euro.
Altrove, il costo di una Margherita è decisamente più popolare: da Sorbillo a Milano costa 9,40 euro, mentre al 50 Kalò di Ciro Salvo, in piazza Sannazaro a Napoli, ha un prezzo di 6,50 euro.
In generale, il costo di una Margherita a Roma va dai 6 ai 10 euro, e anche a Milano il prezzo medio si attesta intorno ai 6,50 euro – nonostante qualche differenza tra quartiere e quartiere.
A giudicare dai numeri non sembrerebbe affatto impossibile vendere una pizza fatta con ingredienti di prima qualità, e pagando le tasse, a prezzi popolari. Se la pizza con l’astice blu può costare una fortuna – fanno notare dall’Associazione Pizzaiuoli Napoletani – la Margherita nasce come piatto popolare e sembra essere destinata a rimanere tale.