“Tu sei un pazzo irrecuperabile!”, se questa frase viene rivolta ad una persona tetraplegica (impossibilitata a muovere sia gli arti inferiori che superiori) dal proprio badante, quest’ultimo o è un cinico o si sente disarmato dalla voglia di vivere della persona che si trova davanti. È la frase che Driss, giovane immigrato senegalese, nel film “Quasi Amici”, rivolge a Philippe che, affetto da tetraplegia dopo un incidente con il parapendio, si prepara per un altro volo e cerca di convincere lui a fare altrettanto vincendone i timori. Ma in realtà, nonostante una grande forza di volontà, è proprio grazie all’assistenza di Driss che Philippe scopre dei lati della vita di cui non provava più l’ebbrezza dai tempi della sua integrità fisica. Comunque, tutto parte dal giorno delle selezioni per scegliere il nuovo assistente domestico di Philippe, tra i candidati c’è anche Driss la cui intenzione, però, non è quella di essere assunto nella lussuosa abitazione per prendersi cura dell’infermo, bensì di continuare a percepire l’indennità di disoccupazione. Ma, al momento di un colloquio che Driss avrebbe volentieri evitato, Philippe resta colpito dalla schiettezza del ragazzo che si ritrova davanti dopo aver ascoltato parole al vento di candidati goffi e impacciati, così decide di assoldarlo. All’inizio, è difficile per Driss provvedere a tutte le cure di cui necessita Philippe, ma tra i due si viene a creare un rapporto viscerale, ognuno trasmette qualcosa di positivo all’altro. Driss fa in modo da rendere quest’handicap non più come una privazione o una causa di autocommiserazione e, anche nei momenti di crisi di Philippe, riesce sempre a trovare il modo di strappargli un sorriso e di porgli davanti le giuste motivazioni per non mollare. “Quasi Amici” è la storia di due mondi diversi che si incontrano, uno rappresentato da Philippe e fatto di ricchezza, lusso, cultura con il tutto che passa in secondo piano per l’invalidante handicap fisico, l’altro rappresentato da Driss e fatto di stenti, degrado, giri loschi, scorribande e incoscienza. In questo caso la ricchezza non è interpretata seguendo canoni protocollari o forme di untuosità, ma attraverso il dramma di chi, pur potendo permettersi tutto, non può goderselo per una grave menomazione, così trova in uno sfaccendato immigrato, impelagato in affari torbidi, la persona con cui condividere momenti di pura felicità e spensieratezza. Chiaro e forte il significato morale di questo film, ispirato tra l’altro da una storia vera, non è un caso che abbia riscosso un successo davvero grandioso.
Maurizio Longhi