Nel Question time alla Camera che ha visto impegnato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «La minaccia terroristica si presenta spesso in maniera impalpabile, fluida e non sempre definibile». Per questo è «necessario un elevatissimo livello di attenzione», ha dichiarato il numero uno del Viminale a Montecitorio, in risposta a un’interrogazione parlamentare sulle iniziative volte a contrastare il rischio di attentati e infiltrazioni terroristiche di matrice islamica. Aggiungendo poi di avere «immediatamente disposto un rafforzamento di tutti i dispositivi di osservazione e controllo riferiti a tutti i 28mila obiettivi sensibili presenti su territorio nazionale. Da gennaio 2023 l’attività di contrasto ha portato all’arresto di 14 persone radicalizzate, che in alcuni casi avevano avuto significativi contatti con organizzazioni terroristiche riferibili all’autoproclamato Stato Islamico. L’attività di contrasto ha consentito di eseguire provvedimenti quali l’allontanamento di soggetti pericolosi dal territorio nazionale. Nella fattispecie, nel 2023 sono stati eseguiti 67 provvedimenti, 17 di questi dal 7 ottobre scorso».
Un’attività di monitoraggio e prevenzione che, ha precisato quindi il titolare del Viminale, il governo in carica ha predisposto e riorganizzato «sin dal suo insediamento». Puntando sulla «massima attenzione alle esigenze delle forze di Polizia e al potenziamento della sicurezza pubblica. Stiamo attuando – ha quindi proseguito Piantedosi – una storica inversione di tendenza rispetto ai tagli del passato: il nostro obiettivo è aumentare la presenza delle forze dell’ordine e ringiovanire gli organici. E questo non è in contrapposizione con il protocollo in Albania»: l’accordo siglato dal premier Meloni con il primo ministro Edi Rama, sui cui costi l’opposizione continua a sollevare interrogativi pretestuosi e polemiche strumentali.
Il nostro obiettivo è in linea con le esigenze di rafforzamento della sicurezza legate al contrasto dei flussi migratori – ha spiegato –. La stessa Ue guarda al progetto con interesse. Inoltre, compensa i costi che gravano per l’accoglienza di massicci flussi migratori. Il progetto Albania è parte di una medesima azione di gestione e deterrenza dei flussi messa in campo dal Governo italiano – ha quindi sottolineato il numero uno di Via de Pretis –. Confidiamo anche in un decisivo passo in avanti dell’Unione Europea. Per quanto riguarda il tema dell’immigrazione continueremo a seguire in Europa gli sviluppi dei negoziati in corso, salvaguardando l’interesse del nostro Paese. Le nostre politiche sull’immigrazione stanno recuperando un grave deficit dopo anni di inefficacia sul contrasto ai flussi. Il protocollo Italia-Albania è innovativo. E come primo obiettivo vi è quello di fermare le partenze. Contestualmente – ha quindi spiegato entrando nel merito del progetto – stiamo incrementando la cooperazione politica e tecnica con i Paesi di origine e transito dei flussi. Nel trilaterale con Libia e Tunisia – ha infatti spiegato il titolare del Viminale – abbiamo posto le basi per azioni condivise sui rimpatri. Il protocollo con l’Albania non contrasta con la nostra vicinanza alle forze ordine. Essere vicino alle forze di polizia non può in alcun modo essere posto in alternativa o addirittura in contrapposizione con il protocollo con l’Albania, che ha l’obiettivo di sostenere il nostro sistema di gestione dei flussi migratori con la realizzazione di strutture dedicate all’accertamento dei requisiti per l’ingresso sul territorio nazionale. E, in caso negativo, alle conseguenti procedure di rimpatrio. Obiettivo in linea con l’esigenza del rafforzamento del sistema di sicurezza sul territorio nazionale, legata al controllo dei flussi migratori. Quanto ai costi per l’attuazione del protocollo con l’Albania, assicuro che lo stanziamento necessario è di certo inferiore a quanto emerso sugli organi di stampa. E che la sua puntualizzazione è in corso a livello delle strutture ministeriali competenti».