Quirico libero, compagno di cella: “Gas non usati da Assad”

Mesi e mesi di negoziazioni, poi finalmente l’incubo finisce. Domenico Quirico, cronista de ‘La Stampa’, rientra nella sua amata Italia, atterrando poco prima di mezzanotte e 30 all’aeroporto di Ciampino. A bordo sul suo stesso aereo,   lo studioso belga Pier Piccinin, rapito insieme a lui 5 mesi fa in Siria. Oltre all’abbraccio dei suoi familiari, ad accoglierlo ci sarà anche la ‘burocrazia’. Prima tappa infatti sarà la Procura a Roma, prima di raggiungere la sua famiglia a Govone in provincia di Cuneo. All’aeroporto ad aspettarlo, Domenico Quirico , il ministro degli Esteri Emma Bonino, con la quale ha scambiato un abbraccio sentito. Il giornalista  ha detto di aver vissuto su Marte per 6 mesi: “Non mi hanno trattato bene, e spesso ho avuto paura”. Oggi  sara’ interrogato dagli inquirenti e raggiunto nella capitale dalle figlie e dalla moglie. ‘Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana, ma può essere che questa rivoluzione mi abbia tradito. Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa’, ha concluso.

Al momento il cronista è  è negli uffici della Procura di Roma per essere sentito in merito al sequestro di cui è stato vittima. Pierre Piccinin, tenuto prigioniero insieme a lui, in un’intervista ha parlato di “violenze fisiche molto dure” che hanno dovuto subire entrambi.

Piccinin: “Gas non usati da Assad”. “E’ un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco”. E’ quanto ha dichiarato Pierre Piccinin alla radio RTL-TVi,  precisando di esserne convinto perché ha ascoltato una conversazione tra ribelli in proposito insieme a Domenico Quirico.

Piccinin aggiunge che ammetterlo ”mi costa perchè da maggio 2012 sostengo con decisione l’esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia”. ”Per il momento”, però, ”per una questione di etica Domenico ed io siamo determinati a non fare uscire (i dettagli di) questa informazione”, ha affermato Piccinin facendo riferimento all’interrogatorio di Quirico in programma oggi e al suo quotidiano. ”Quando la ‘Stampa’ riterrà che è venuto il momento di dare dettagli su questa informazione, lo farò anch’o in Belgio”, ha spiegato l’insegnante belga. Piccinin racconta quindi che, quando lo scorso 30 agosto lui e il giornalista de ‘La Stampa’ hanno sentito dell’intenzione degli Usa di agire in seguito all’uso, attribuito al regime, delle armi chimiche ”avevamo la testa in fiamme”, perché ”eravamo prigionieri laggiù, bloccati con questa informazione e per noi era impossibile darla”.

La vicenda.  Domenico Quirico, 62 anni, grande esperienza sul terreno dell’informazione internazionale e già vittima di un sequestro lampo nel 2011 in Libia con altri tre colleghi italiani, è stato rapito ad aprile di quest’anno mentre a cercava di raggiungere Homs, città martire della rivolta anti-Assad, provenendo dalla frontiera libanese per la sua quarta missione di testimone della feroce guerra civile in Siria. Un’ultima telefonata, il giorno 9, poi se ne erano perse le tracce. Per oltre venti giorni, i familiari e La Stampa – su raccomandazione delle autorità e al fine di non pregiudicare possibili contatti – avevano mantenuto il più stretto riserbo. Ma il 30, di fronte all’iniziale vuoto d’informazioni, il giornale aveva reso noto l’accaduto. Il silenzio, durato a lungo malgrado i contatti subito attivati dalla Farnesina e dai servizi d’intelligence, aveva fatto temere il peggio. Ma la sua famiglia, il suo giornale e lo stesso governo italiano non hanno mai abbandonato le speranze. Specialmente dopo che a giugno la moglie aveva potuto sentirne la voce, da quella sorta di oltretomba in cui era stato inghiottito. Nelle ultime settimane il ministro Bonino si era mostrata ”cautamente fiduciosa”, anche rispetto al caso parallelo del gesuita padre Paolo Dall’Oglio, scomparso a sua volta in Siria a luglio. “Resto non soltanto determinata, ma anche fiduciosa – aveva ribadito ancora a fine agosto – perché da quelle parti le cattive notizie si sanno subito”.

Un atteggiamento suffragato anche da quanto riferito al Copasir nei giorni precedenti dal direttore del Dis Giampiero Massolo, secondo la cui ricostruzione il giornalista sarebbe finito negli ultimi tempi in mano ad un gruppo della criminalità ordinaria, agganciato poi da canali di contatto utili all’avvio di una trattativa concreta. Trattative che, a quanto pare, si sarebbero giovate anche dei buoni rapporti stabiliti dagli apparati diplomatici e d’intelligence italiani con settori dell’insorgenza siriana e avrebbero consentito alla fine di far prevalere le ragioni umanitarie. Tanto più che Quirico, almeno da un certo punto in avanti, non sarebbe stato più sotto il controllo di frange jihadiste dei ribelli. Non ci sono comunque notizie sul pagamento di un riscatto. Per le ricostruzioni, d’altronde, ci sarà tempo.

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