Radio Rai compie 90 anni

Novant’anni e non sentirli. La prima trasmissione in onda il 6 ottobre 1924«URI, Unione Radiofonica Italiana. 1-RO: stazione di Roma. Lunghezza d’onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolari, il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto opera 7 primo e secondo tempo». Marisa Boncompagni diventa la prima “signorina buonasera”, ma bisogna aspettare altri dieci anni, perché Nunzio Filogamo pronunci quel «Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate!» – quando il presentatore esordisce nella rivista “I quattro moschettieri”, nel 1934 – che molti associano a memoria al primo annucio radiofonico.
La radio italiana, tra fruscii e scoppiettanti cambi di frequenza comincia a cinguettare 72 anni prima di Twitter. Il segnale d’intervallo e la fine di una trasmissione venivano segnalati da uno strano piccolo congegno che simulava grosso modo il verso di un usignolo. Un amore nato il 6 ottobre 1924, quando, in pieno Ventennio, la prima voce esce dai mega-apparecchi, predecessori di quelli più piccoli a transistor, svelando a tutti la potenza dell’invenzione che Guglielmo Marconi rese tangibile.  La Rai non c’è ancora, alla nascita la concessionaria è l’Unione Radiofonica Italiana (poi Eiar) e l’Agenzia Stefani è l’unica fonte delle notizie. Con le cronache del regime, negli anni ’30, nasce la diretta e lo sport invade le case gli italiani: Nicolò Carosio accompagna la nazionale alla vittoria dei Mondiali di calcio del ’34 e del ’38. C’è anche lui, nel ’59, quando parte “Tutto il calcio minuto per minuto”, trasmissione immortale che raggiunge i 25 milioni di ascoltatori, rendendo indelebili le voci di Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Beppe Viola, Nando Martellini.  Fu strumento di propaganda del fascismo, annunciò l’avvio e la fine della seconda guerra mondiale; consentì a tutti gli italiani, ancora prima della televisione, di imparare la lingua, di conoscere la grande musica e il grande teatro; fu terreno di sperimentazione dei primi varietà, ritrovo per gli intellettuali, culla di un nuovo modo di fare informazione, veicolo di protesta. Prima con l’avvento della tv, poi con il web, in tanti l’hanno data per morta. Invece ancora oggi, in un’epoca di bulimia mediatica, la radio è viva e vegeta: fedele e discreta compagna del quotidiano.

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