Dodici anni di carcere per i reati di strage aggravata dall’odio razziale, sei tentati omicidi, danneggiamento e porto abusivo d’arma. Questa è la richiesta di condanna pronunciata dal procuratore della Repubblica di Macerata, Giovanni Giorgio, nei confronti di Luca Traini, 29 anni, autore del raid a colpi di pistola contro migranti a Macerata il 3 febbraio scorso. Il 29enne di Tolentino, in quella drammatica giornata, indossò una bandiera tricolore e fece il saluto romano prima di arrendersi ai carabinieri: disse che voleva vendicare la morte di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa e fatta e pezzi. Per questo delitto è detenuto il pusher nigeriano Innocent Oseghale.
La Procura, partendo da una condanna a 22 anni, è scesa a 12 anni di reclusione perché ha tenuto conto delle attenuanti generiche e della riduzione di un terzo della condanna per il rito abbreviato. Traini, durante il processo con rito abbreviato svoltosi in in Corte d’Assise a porte chiuse ha chiesto scusa “ho sbagliato”. “Non provo nessun odio razziale – ha aggiunto leggendo frasi scritte su fogli – volevo fare giustizia contro pusher per il bombardamento di notizie sullo spaccio diffuso anche a causa dell’immigrazione: anche la mia ex fidanzata assumeva sostanze. In carcere ho maturato una nuova cognizione dei fatti”. Ho ricordato di aver avuto “un’infanzia difficile” ma “non sono né matto né borderline”. “Il mio gesto – ha aggiunto – non è collegato al colore della pelle: un poco di buono può essere sia bianco sia nero”.
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