Raggiunto l’accordo sul Recovery fund, ora il momento di iniziare a muoversi per dare vita al fondo che per la prima volta introduce il concetto di debito europeo, finanziato anche con quelle che molti hanno ribattezzato come le euro-Tasse.
Come noto, il Recovery fund sarà finanziato con l’emissione di bond a livello europeo. Nascerà un debito comune per finanziare il fondo da 750 miliardi che saranno distribuiti in parte come sussidi e in parte come prestiti, quindi da rendere. Molti hanno evidenziato come anche i sussidi in realtà siamo almeno parzialmente restituiti ad esempio con i versamenti per il bilancio europeo.
Per l’Italia il bilancio resta comunque positivo, quindi evitiamo di proseguire sulla strada di una riflessione decisamente meno semplice di come alcuni vogliono presentarla.
Tornando al tema della tassazione europea, prima dell’intervento dei mercati, i singoli Stati membri dovranno procedere con l’aumento di mezzo punto percentuale (0,6 per la precisione) delle risorse proprie, delle tasse raccolte dai singoli governi e incassate da Bruxelles. Per questo molti parlano di euro-Tasse. Il passaggio prevede il possibile aumento di risorse proprie già in essere e l’introduzione di nuove tasse. Arriverà la tassa sulla plastica non riciclata, ad esempio, ma ci sarà anche una tassa sulle emissioni relative al trasporto aereo e marittimo. Dovrebbe essere introdotta anche la tassa sulle imprese digitali. Come norma generale l’intenzione di fondo, che rientra nel concetto di conversione verde, è quello di far pagare l’inquinamento o comunque pratiche inquinanti.
Italia, numeri alla mano, dovrebbe portare a casa 209 miliardi. Ha ragione chi parla di un’occasione unica e irripetibile. Il governo non può fallire. E non è un caso che sia iniziato un dibattito sulla gestione dei soldi. Chi deve pianificare gli investimenti? Una task force? Il Parlamento? Il premier Conte insieme con il ministro dell’Economia Gualtieri?
Già nei giorni successivi alla conclusione del Consiglio europeo, dall’estero sono arrivate critiche al massiccio piano di aiuti destinato all’Italia. La conferma arriva banalmente dall’analisi dei social network, un buon termometro per misurare l’orientamento dell’opinione pubblica. I critici accusano l’Ue di essere stata troppo generosa nei confronti dell’Italia, che non rappresenterebbe un modello propriamente virtuoso.
Questo malcontento potrebbe tradursi in una pressione sui premier, soprattutto dei Paesi del Nord, che analizzeranno il piano dell’Italia fino all’ultima virgola dell’ultima nota a margine del testo. E sui fondi del Recovery fund, e soprattutto sulle tempistiche, aleggia lo spettro del famoso super freno d’emergenza.