Un incontro, in programma tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e i ministri più coinvolti nella stesura del Piano, ovvero Daniele Franco, Vittorio Colao, Roberto Cingolani ed Enrico Giovannini, dovrebbe mettere a punto la bozza finale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che l’Italia deve presentare a Bruxelles entro la scadenza del 30 aprile. Il consiglio dei ministri darà poi il via libera, prima delle comunicazioni del presidente del Consiglio alle Camere previste per lunedì e martedì.
Il quintetto in questione ha fatto storcere il naso ai partiti in Parlamento, che vedono nell’atteggiamento del presidente del Consiglio un modo per ‘blindare’ il testo rispetto alla politica. Del resto i miliardi in arrivo dall’UE fanno gola a molti ambienti, e si sa come determinate ‘consorterie’ politiche abbiano il loro bel peso in termini di rappresentanza e ruoli strategici.
Il PNRR sarebbe diviso in 16 categorie di spesa, con progetti articolati su circa 200 pagine e 500 grafici, secondo una bozza pubblicata da Boomberg, che descrive il piano come “la sua migliore possibilità per l’Italia – finora in questo secolo – di voltare pagina dopo due decenni di stagnazione”. Efficienza energetica, ristrutturazione degli edifici e ferrovie le voci di spesa più importanti, mentre il 40% delle risorse sarebbe destinato al Sud, circostanza confermata anche dalla ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna. “Sarà cruciale un’opera di riforma, di semplificazione burocratica e di irrobustimento della capacità della PA tale da mettere gli enti locali e le imprese del Sud nelle condizioni di operare ad armi apri con i loro omologhi del Centro Nord”, ha detto ieri al question time alla Camera.
Per il maxi-capitolo della Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura sono destinati 46,3 miliardi di euro. Di questi, 11,7 miliardi di euro per Digitalizzazione, innovazione e sicurezza delle pubbliche amministrazioni, 26,5 miliardi di euro per Digitalizzazione, ricerca e sviluppo e innovazione del sistema produttivo e 8 miliardi per Turismo e cultura. Alla Transizione verde sono riservati 69,8 miliardi di euro. Di questi 7 miliardi di euro a Imprese green ed economia circolare, 18,2 miliardi di euro a Transizione energetica e mobilità locale sostenibile, 29,5 miliardi di euro a Efficienza energetica/ristrutturazione degli edifici e 15 miliardi di euro alla Salvaguardia della terra e delle risorse idriche. Per Infrastrutture per la mobilità sostenibile ci sono 31,9 miliardi di euro, con un grosso investimento di 28,3 miliardi di euro per le ferrovie e 3,6 miliardi di euro per i porti.
All’Istruzione e ricerca vanno 28,4 miliardi di euro, di cui 16,7 miliardi di euro per migliorare l’accesso all’apprendimento e ridurre le disparità e 11,7 miliardi di euro per incanalare la ricerca universitaria nel sistema economico. 27,6 miliardi di euro sono riservati all’Inclusione sociale. In particolare, alle Politiche per l’occupazione vanno 12,6 miliardi di euro, alle Infrastrutture sociali, famiglie, enti di beneficenza 10,8 miliardi di euro e alla Coesione territoriale 4,1 miliardi di euro. L’ultimo capitolo riguarda la Salute, con 19,7 miliardi di euro di fondi in arrivo. 7,9 miliardi di euro sono per la telemedicina e migliorare l’assistenza locale e 11,8 miliardi di euro per modernizzazione il sistema nel suo complesso.
Il totale arriva quindi a poco più di 220 miliardi di euro. Non tutti però saranno fondi europei. Ai circa 191 miliardi che arriveranno dall’UE – che andranno impegnati entro il 2026 – l’Italia ha scelto di aggiungere 30 miliardi del fondo complementare nazionale, che serviranno a finanziare opere infrastrutturali che potranno essere realizzate anche oltre i sei anni previsti dal Next Generation EU. Per effetto del Piano – secondo le stime del ministero dell’Economia la crescita del PIL nazionale sarà maggiore dell’1,4% rispetto allo scenario a politiche invariate nella media del periodo 2022-2026, ma nel 2026 l’aumento del Pil sarà superiore di oltre il 3% rispetto allo scenario di base.