Reddito di cittadinanza e quota 100 tra Pil e recessione

Nuova bozza del decreto su reddito di cittadinanza e quota 100. La novità più rilevante rispetto ai contenuti precedentemente noti riguarda il fatto che dopo un anno di beneficio sarà obbligatorio accettare la prima offerta di lavoro congrua. Nel nuovo testo dunque decadrebbe dal beneficio non solo chi rifiuta un’offerta congrua dopo averne già rifiutate due, ma anche chi rifiuta un’offerta congrua dopo il 12esimo mese di fruizione del reddito, indipendentemente dal numero di offerte precedentemente ricevute.  

Ma c’è un incertezza riguardo la politica di bilancio, che  è stata sì  attenuata ma i problemi di fondo sono stati solo rinviati, soprattutto in autunno, quando dovrà essere concordato il bilancio per il 2020. Gli obiettivi di disavanzo pubblico dell’1,8% del PIL per il 2020 e dell’1,5% per il 2021 presuppongono aumenti dell’IVA pari rispettivamente all’1,2% del PIL e all’1,5% del PIL. Il nostro modello di simulazione suggerisce che l’aumento dell’IVA nel 2020 comporterebbe da solo una riduzione della crescita del PIL di 0,5 punti percentuali sia nel 2020 che nel 2021. Questo dato si confronta con la previsione di crescita del PIL del governo di circa l’1% annuo per il 2020 e il 2021. Poiché queste includono l’impatto dell’aumento dell’IVA, le previsioni ufficiali ci sembrano estremamente ottimistiche. A nostro avviso, questo bilancio rappresenta una mossa elettorale dei due partiti della coalizione, in vista delle elezioni europee di maggio. Inoltre, non affronta i perenni problemi italiani di bassa crescita della produttività e di elevato debito pubblico”.

In questo quadro è evidente come siano a rischio le prospettive reali di reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni e rilancio degli investimenti. Cioè dei tre pilastri della manovra del governo Conte. Nel calendario della legge di bilancio, il 2019 è solo un prologo, reso tale dall’accordo con Bruxelles sul deficit al 2 per cento. Lo sviluppo pieno di queste misure, e della loro spesa, arriva al 2020. Quando verrebbe finanziato da maxi-aumenti dell’Iva da 51,8 miliardi e da una crescita stabile all’1 per cento. Ma anche per l’effetto recessivo dell’Iva, il palcoscenico dell’economia rischia di essere troppo piccolo per ospitare sia l’Iva sia l’aumento del Pil.

Nel percorso concordato con Bruxelles, proprio dall’incrocio fra aumenti Iva e crescita arrivano gli spazi per alimentare l’anno prossimo sia la spesa per quota 100 (passerebbe da 4 a 8,2 miliardi) sia quella per il reddito di cittadinanza (da 4,7 a 5,6 miliardi aggiuntivi). Ma una botta di Iva come quella decisa in manovra, sottolinea Il Sole 24 Ore, ha un effetto recessivo che Oxford Economics stima in mezzo punto di Pil. E che i calcoli governativi sembrano minimizzare stimando un effetto espansivo della manovra anche sul 2020 e 2021 (+0,3% di Pil all’anno).

Il 31 gennaio l’Istat diffonderà la stima preliminare del Pil per l’ultimo trimestre 2018, e si comincerà a passare dalle previsioni ai fatti. E il primo fatto, come molti temono, potrebbe essere rappresentato dalla certificazione della recessione tecnica, se la dinamica del Pil di ottobre-dicembre sarà negativa come quella di luglio-settembre.

Arianna Manzi

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