Il leader di Italia viva Matteo Renzi ha manifestato la volontà di raccogliere le firme per indire un referendum abrogativo volto a cancellare il reddito di cittadinanza, una delle misure cardine della prima legge di bilancio del governo Conte I e cavallo di battaglia del Movimento Cinque Stelle.
Renzi ha accusato l’esecutivo Conte-Di Maio-Salvini di aver dato il reddito di cittadinanza come modello culturale. Di qui la sua volontà, una volta terminata la discussione sulla giustizia ed eletto il nuovo Presidente della Repubblica nel 2022, di partire con una raccolta firme in tutta Italia per un referendum abrogativo sul questo “strumento che abitua la nuova generazione a vivere di sussidi. Vogliamo che siano gli italiani a dire se il reddito di cittadinanza è diseducativo e se va mantenuto o no“.
‘Il reddito di cittadinanza va abolito il più presto possibile. La creatura di Grillo si è rivelata un disastro. Lungi dall’abolire la povertà, è stato invece distribuito alle più disparate categorie. Ex terroristi, detenuti al 41 bis, boss nigeriani, furbetti smascherati possessori di ville, case, bolidi da straricchi, immigrati irregolari. La folle misura assistenzialista voluta a tutti i costi dai grillini potrebbe avere le ore contate, ora che anche il Pd, per la prima volta, ha aperto a rivedere lo strumento. Insomma, tenendo le dita incrociate, anche questo incredibile spreco di Stato verrà cancellato. Così come accaduto con l’abolizione del cashback, a lungo invocato da Giorgia Meloni, anche il rdc, questo incredibile spreco di Stato potrebbe avviarsi alla fine della sua non memorabile applicazione’, afferma Nicola Porro, che parla di numeri: “Quest’anno spenderemo per il reddito poco più di sette miliardi di euro. Circa 2,3 milioni di famiglie lo percepiscono, per un assegno medio di 564 euro. Due terzi degli assegni vanno al Sud e la sola Campania percepisce più assegni di tutto il Nord’, è il ragionamento del conduttore di Quarta Repubblica: “La legge prevedeva che questa montagna di persone potesse svolgere lavori socialmente utili: praticamente nessun Comune è riuscito a mettere in piedi un progetto decente. È un’utopia post marxiana, in cui si redistribuisce una sorta di dividendo delle rendite che poche grandi società realizzerebbero, per via dell’intervento statale. Se continuiamo così costruiremo una generazione di disadattati al lavoro (rischio educativo); e una redistribuzione di solo debito (rischio finanziario). Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la protezione dei più deboli”. Per questo quel reddito va cancellato il prima possibile. Prima che provochi altri danni’.
Dal giorno in cui il reddito di cittadinanza è stato varato dal governo gialloverde, non c’è sondaggista, analista, cronista che non lo abbia bollato come il provvedimento più impopolare. Quale che fosse il carattere dell’analisi o la metodologia di rilevazione – a campione, – la misura finiva sempre ai primi posti nella classifica delle più detestate dagli italiani, con la stessa perentoria fermezza con cui, in campagna elettorale, era stata definita invece l’arma segreta, l’asso nella manica, la vera chiave del successo elettorale del Movimento 5 stelle.
In altre parole, al fondo di una simile china sta un pericolo che non riguarda solo questa battaglia. Il rischio cioè che una sorta di massimalismo liberale si riveli capace di restituire ai populisti quella centralità che la prova del governo e il conseguente impatto con la realtà avevano praticamente azzerato.
La grande occasione rappresentata dal governo Draghi consiste anzitutto nella possibilità di ricollocare la sinistra su posizioni in linea con la sua tradizione democratica e riformista (quella che da Turati passa nonostante tutto, almeno in parte, anche da Togliatti, ma non da Toninelli). Approfittarne per ricacciarla nelle braccia di populisti e demagoghi sarebbe un errore che l’Italia pagherebbe molto caro e molto a lungo.