Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle hanno parlato recentemente, ed in modo plateale, di reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza, dal loro punto di vista, spetterebbe a tutti per il solo fatto di essere cittadini. Di conseguenza, un reddito di cittadinanza vero e proprio andrebbe indistintamente nelle tasche di tutti, ricchi e poveri e sarebbe un reddito in più per chi ha già uno stipendio, indipendentemente dalla sua entità. Considerando che nella proposta di legge del M5Ssi parla esplicitamente di sostegno al reddito e di raggiungimento dei 780 euro minimi mensili anche tramite integrazione, è chiaro che quello a cui il M5S fa riferimento è invece il reddito minimo garantito. Il reddito di cittadinanza non esiste in nessuna parte del mondo, mentre il reddito minimo garantito è una misura che si trova in molti paesi. Si tratta però di una cifra, i 780 euro mensili calcolati dal M5S, che andrebbe versata integralmente ai soli disoccupati o inoccupati; versata parzialmente a chi ha un reddito inferiore a quella cifra e non versata affatto a chi guadagna di più di 780 euro al mese. Una proposta meno utopistica di quella relativa a un reddito di cittadinanza, che verrebbe a costare 450 miliardi l’anno, vale a dire circa il 25% del pil italiano. Si tratta ovviamente di una misura che non è possibile realizzare. Diverso potrebbe essere il discorso per quanto riguarda i 780 euro al mese di reddito minimo. Che secondo alcuni calcoli verrebbero a costare 17 miliardi l’anno. Tanti soldi, ma forse non troppi se si pensa che il bonus di 80 euro di Renzi è costato 10 miliardi. Se in quel caso si sono trovate le coperture non è escluso che si possano trovare anche per il reddito minimo garantito. Il problema vero è invece costituito dal fatto che il reddito minimo garantito potrebbe costituire, secondo molti, un disincentivo al lavoro. Per evitare una situazione di questo tipo, nella proposta di legge del M5S si legge: “Il beneficiario in età non pensionabile ed abile al lavoro o qualora disabile in relazione alle proprie capacità, perde il diritto all’erogazione del reddito di cittadinanza al verificarsi di una delle seguenti condizioni: a) non ottempera agli obblighi di cui all’articolo 11 della presente legge;
b) sostiene più di tre colloqui di selezione con palese volontà di ottenere esito negativo, accertata e dichiarata dal responsabile del centro per l’impiego; c) rifiuta nell’arco di tempo riferito al periodo di disoccupazione, più di tre proposte di impiego ritenute congrue ai sensi del comma seguente, ottenute grazie ai colloqui avvenuti tramite il centro per l’impiego o le strutture preposte di cui agli articoli 5 e 10; d) qualora a seguito di impiego o reimpiego receda senza giusta causa dal contratto di lavoro, per due volte nel corso dell’anno solare. Al di là delle condizioni specifiche, che sono migliorabili e forse vanno rese più stringenti, è evidente che si possano porre dei paletti in grado di limitare il più possibile l’abuso di questa misura. C’è di fatto che la proposta è stata ritenuta stimolante da molti visto che Roberto Maroni vuole introdurre in Lombardia la prima sperimentazione del reddito di cittadinanza riservato ai cittadini lombardi. La proposta del governatore della Lombardia ha colto di sorpresa perfino i suoi assessori. Maroni conta di iniziare la sperimentazione già prima dell’estate, utilizzando parte dei Fondi europei. Ovvero gli oltre 220 milioni di euro del Fondo sociale europeo destinati alla lotta alla povertà. Il provvedimento è allo studio dei tecnici della Regione e dovrebbe essere pronto per luglio, quando il Consiglio regionale della Lombardia esaminerà l’assestamento di bilancio. Il contenuto della proposta è ancora top secret, ma il titolo del progetto è inequivocabile: ‘Reddito di cittadinanza’. In un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando, ha spiegato il governatore lombardo, ci sono fasce crescenti di popolazione che soffrono e non hanno la possibilità di raggiungere i requisiti di sussistenza minima. Il tutto nasce sulla falsa riga di un progetto di legge già depositato in Lombardia dal movimento Cinque stelle già oltre un anno fa, che chiede di istituire un reddito minimo lombardo da erogare in dodici mensilità, commisurato alla dodicesima parte della differenza tra l’importo annuo dell’assegno sociale determinato dall’Inps e il minor reddito personale imponibile, che il richiedente ipotizzi di dichiarare per l’anno in cui presenterà la domanda. “Ci sono proposte di legge, e quella presentata dai grillini mi interessa molto”, ha confermato Maroni che aggiunge: “Me la sono letta in questi giorni ed è interessante perché riguarda anche formazione e lavoro. Voglio dare una prima attuazione contemporaneamente alla legge di assestamento di bilancio e il reddito di cittadinanza sarà sperimentato con il coinvolgimento del mondo del volontariato, che è fondamentale”.L’annuncio del governatore è naturalmente accolto positivamente del movimento di Beppe Grillo, che con il capogruppo in Lombardia Dario Violi commenta: “A due giorni dalla nostra mobilitazione nazionale con la marcia Perugia-Assisi, Maroni si è svegliato dal letargo. Siamo pronti a discutere sin da ora, ma lo si faccia”. L’apertura al reddito di cittadinanza spacca però la Lega, il partito di Maroni. Arriva infatti un no secco dal segretario federale del Carroccio, Matteo Salvini, che definisce la proposta “un errore”. Poi aggiunge: “Allo Stato elemosiniere, io preferisco lo Stato che abbassa le tasse e offre lavoro. Secondo me, è un messaggio culturalmente sbagliato. Non metto il becco nelle questioni della Regione Lombardia, ma questo non mi esime dall’avere le mie opinioni”.Naturalmente anche Renzi interviene sul reddito di cittadinanza: “Il reddito di cittadinanza come un reddito per tutti, da Agnelli in giù, è una follia. Se invece si parla di una misura contro la povertà stiamo ragionando e siamo disponibili a ragionare con M5s e con gli altri. Se ne parla ovviamente in relazione alla prossima legge di stabilità”.
Cocis