Il superamento del bicameralismo paritario è l’architrave della riforma costituzionale. Il suo cuore sta nell’articolo 70 della Costituzione: la versione attuale è che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere, la nuova versione stabilisce che solo la Camera dei Deputati sarà chiamata a votare la fiducia al governo esercitando le funzioni di indirizzo politico e controllo sull’operato dell’esecutivo, oltre alla funzione legislativa. Dall’articolo 55 che vengono disegnati i compiti del nuovo Senato che continuerà ad esercitare la funzione legislativa, ma in modo diverso dal passato. Attualmente il Senato è eletto dai cittadini, su base regionale: 309 seggi elettivi sono ripartiti fra le Regioni in proporzione alla loro popolazione, 6 seggi sono assegnati alla Circoscrizione Estero, per un totale di 315 membri, che restano in carica 5 anni (a meno che il Presidente della Repubblica non eserciti il potere di scioglimento anticipato conferitogli dalla Costituzione); i senatori eletti, la cui età non può essere inferiore ai 40 anni, vengono eletti dai cittadini che abbiano compiuto il 25esimo anno di età. Ai membri elettivi del Senato si aggiungono gli ex Presidenti della Repubblica e i senatori a vita, nominati dal Presidente della Repubblica fra i cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico o letterario. Al momento, Camera e Senato svolgono essenzialmente le stesse funzioni e una legge per entrare in vigore deve essere approvata, nella stessa formulazione, da entrambe le assemblee; nel caso in cui un testo, approvato da una delle due camere, subisca modifiche nell’altra camera, si innesca una dinamica chiamata ‘navetta’, con il ritorno alla prima camera, un nuovo esame, un nuovo voto e via discorrendo, fino all’approvazione dello stesso testo. Se passa la riforma il nuovo Senato sarà composto da 100 membri: 95 rappresentativi delle istituzioni territoriali (74 scelti fra i consiglieri regionali + 21 scelti fra i Sindaci), 5 di nomina del Presidente della Repubblica. Ogni Regione avrà almeno due senatori (1 tra i consiglieri regionali + 1 Sindaco), con una successiva distribuzione in base al numero di abitanti. Il criterio è stato oggetto di non poche critiche, dal momento che sembra premiare eccessivamente le Regioni molto piccole (la Valle d’Aosta avrà gli stessi rappresentanti della Liguria, pur avendo un decimo degli abitanti). Nel dettaglio le Regioni con numero di abitanti e senatori corrispondenti:
Piemonte 4.363.916 / 7
Valle d’Aosta 126.806 / 2
Liguria 1.570.694 / 2
Lombardia 9.704.151 / 14
Prov Bolzano 504.643 / 2
Prov Trento 524.832 / 2
Veneto 4.857.210 / 7
Friuli-VG 1.218.985 / 2
Emilia-Romagna 4.342.135 / 6
Toscana 3.672.202 / 5
Umbria 884.268 / 2
Marche 1.541.319 / 2
Lazio 5.502.886 / 8
Abruzzo 1.307.309 / 2
Molise 313.660 / 2
Campania 5.766.810 / 9
Puglia 4.052.566 / 6
Basilicata 578.036 / 2
Calabria 1.959.050 / 3
Sicilia 5.002.904 / 7
Sardegna 1.639.362 / 3
Cambierà anche il ruolo del Senato nel processo legislativo e le leggi saranno approvate solo dalla Camera (anche quelle relative allo stato di guerra, ad amnistia, indulto e ratifica di trattati internazionali), tranne che nel caso di provvedimenti che riguardano le competenze delle Regioni e quando si tratta di:
leggi di revisione della Costituzione
leggi concernenti la tutela delle minoranze linguistiche
leggi sui referendum popolari
leggi che determinano ordinamento legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali delle Città metropolitane e dei Comuni (inclusi i principi sulle forme associative)
leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione Europea e enti territoriali
Nei casi elencati sarà necessario un passaggio in entrambe le Aule.
Per tutti gli altri provvedimenti il Senato, ove un terzo dei suoi membri ne faccia richiesta, potrà anche chiedere alla Camera dei deputati di esaminare una determinata legge: la richiesta dovrà avvenire entro dieci giorni (o quindici, a seconda dei casi) dall’approvazione della legge e, a quel punto, il Senato avrà 30 giorni di tempo per proporre modifiche; le indicazioni del Senato potranno essere recepite o ignorate dalla Camera, con un voto a maggioranza relativa. Nei casi in cui la legge dello Stato intervenga su materia di competenza regionale (esercitando la cosiddetta clausola di supremazia, altro punto importante della riforma), il Senato entro 10 giorni dall’approvazione può chiedere di esaminare il testo, ma basta una delibera a maggioranza dell’assemblea (non c’è bisogno di una esplicita richiesta di un 1/3 dei senatori). Restano fermi i 30 giorni per proporre le modifiche, ma il senato, in quanto organo rappresentativo degli enti territoriali, gode di un’ulteriore prerogativa: se approva una modifica a maggioranza assoluta, la camera la può respingere solo con la stessa maggioranza. La legge di bilancio passa direttamente all’esame del Senato, che può proporre modifiche entro 15 giorni. Il Senato non voterà più la fiducia al Governo, l’unica destinataria del rapporto fiduciario con l’esecutivo sarà la Camera dei deputati. Il sistema bicamerale ‘paritario’, dunque, con la riforma si trasforma in bicameralismo ‘differenziato’ e il Senato parteciperà in modo molto diverso da oggi alla formazione delle leggi, a seconda della tipologia: da un iter legislativo unico (bicameralismo paritario) si passa a quattro diversi: 1) bicameralismo paritario persistente; 2) monocameralismo partecipato; 3) monocameralismo di bilancio; 4) monocameralismo rafforzato. La Camera dei Deputati resta eletta a suffragio universale (in teoria con la nuova legge elettorale, l’Italicum, approvata dal Parlamento e in vigore dal I luglio 2016) e resta composta da 630 deputati, di cui 12 eletti all’Estero (al Senato i 6 senatori esteri vengono aboliti). Il nuovo art. 55 rafforza la parità di genere. L’art. 72 conferma il ruolo delle commissioni parlamentari e la possibilità che approvino leggi in sede deliberante, ma quelle del Senato non avranno l’obbligo di rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Tra le novità, l’introduzione in Costituzione, all’art. 64, del principio dei diritti delle minoranze, da garantire nei futuri regolamenti parlamentari, e lo ‘Statuto delle opposizioni’ che riguarderà, però, solo la Camera, l’unica eletta direttamente dai cittadini. Tali norme dovranno essere approvate a maggioranza assoluta, cioè dalla metà più uno degli aventi diritto delle due Camere per favorire l’accordo tra maggioranza e minoranze. Nella riforma si stabilisce anche che i parlamentari hanno ‘il dovere’ (art. 64) di partecipare alle sedute di Aula e commissione. Il procedimento bicamerale ‘perfetto’ o ‘paritario’ non scompare del tutto: resta in vigore in alcuni determinati casi regolati dal nuovo articolo 70 della Costituzione. Essi sono: riforme costituzionali e leggi costituzionali; ratifica dei trattati dell’Unione Europea; leggi sui referendum popolari e altre forme di consultazione; casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei senatori; leggi elettorali sul Senato; leggi sulle funzioni fondamentali dei Comuni, compresa Roma capitale; leggi su forme particolari di autonomia regionale, sulle elezioni regionali e sui rapporti tra regioni e stati esteri.
In tutti gli altri casi, la Camera legifera in modo autonomo: per approvare una legge basterà solo il suo voto (art. 70). Un terzo dei senatori potrà chiedere che vengano apportate modifiche dopo l’approvazione della legge, ma deliberandolo entro 10 giorni e presentando proposte di modifica entro 30 giorni, proposte che la Camera potrà respingere con voto a maggioranza. Si chiamano casi di ‘monocameralismo partecipato’. Nel caso di leggi di bilancio, il Senato è obbligato a discuterle, anche se non ne fa richiesta un terzo dei suoi membri, ma le proposte di modifica vanno presentate entro 15 giorni e possono essere respinte, a maggioranza semplice, dalla Camera. Infine, i casi di ‘monocameralismo riforzato’: per atti del governo che incidono su competenze regionali, il Senato le approva a maggioranza assoluta e la Camera può respingerle solo con la stessa maggioranza. A causa dei finora lunghi tempi di approvazione di una legge, l’articolo 72 prevede date certe per l’approvazione delle leggi più importanti, naturalmente nella sola Camera dei Deputati. In sostanza, se il governo presenta alla Camera una legge e la dichiara legata all’attuazione del suo programma, la Camera ha 5 giorni per metterla in calendario e deve approvarla o respingerla entro e non oltre i 70 giorni. In alcuni casi, il termine può slittare a 85 giorni che comprendono però 20 giorni richiesti, eventualmente, dal Senato per l’esame della legge stessa. La corsia preferenziale non può scattare per le leggi di bilancio e per le leggi bicamerali. Pur non venendo in alcun modo modificati i poteri del presidente del Consiglio, il voto ‘a data certa’ introduce una corsia preferenziale per i provvedimenti del governo.
Roberto Cristiano