Referendum e la degenerazione della campagna elettorale

‘Da quando i Repubblicani hanno vinto le elezioni in America sembra che abbia vinto lui’, così il presidente del Consiglio Matteo Renzi, durante la tappa pisana della campagna referendaria a favore del Sì, ha criticato il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. ‘Noi Lega Nord per l’indipendenza del Michigan…’, ha affermato il premier imitando Salvini. ‘Mamma mia che statista’,  ha commentato su Facebook il leader del Carroccio,  mi attacca ma invece di far ridere mette tristezza… Dai, mandiamolo a casa!’.

 

‘Se posso, consiglierei alla campagna del no di ritirare immediatamente l’immagine dell’uomo nella doccia con la saponetta per terra. E’ un’immagine profondamente,  e abbastanza schifosamente, omofoba, punto’, scrive su Facebook il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico Ivan Scalfarotto, scagliandosi contro un’immagine diffusa dai promotori del No al referendum costituzionale del 4 dicembre. ‘Si tratta di un’immagine omofoba perché collega il rapporto anale a una cosa che è sempre violenta, umiliante. Che può essere solo subita, certamente mai voluta’,  spiega Scalfarotto sul proprio account social: ‘Se raccogli la saponetta del sì, insomma, ti accade una cosa terribile, certamente non desiderabile, sarai fatto oggetto di una violenza, e per di più con l’inganno (stavo solo raccogliendo la mia saponetta ed ecco che l’ho preso – ovviamente mio malgrado – in quel posto)’. Del medesimo parere la senatrice Pd Monica Cirinnà , fautrice della legge sulle unioni civili, che è intervenuta sull’argomento con un post su Facebook. ‘Utilizzare il più becero cliché del cameratismo omofobo, che pone l’atto omosessuale in senso spregiativo e canzonatorio, a sostegno della campagna referendaria (del No o del Sì poco importa), è davvero intollerabile’,  scrive la Cirinnà.  Manca di rispetto a tutti i cittadini omosessuali di questo paese che proprio anche a causa di questi cliché ancora oggi subiscono discriminazioni e ingiustizie.

Cito questi esempi per evidenziare come sia diventata degenerata la campagna elettorale per il referendum. E’ degenerata in uno scontro aspro dove non esiste più fair play e dove viene tralasciata la motivazione reale del ‘Sì’ e del ‘No’. Non esiste più: ‘Absit iniuria verbis’. Posso andare oltre citando le considerazioni sul voto al referendum degli italiani all’estero.  ‘Attualmente per gli italiani all’estero non sono garantite né la segretezza né la libertà di voto’, è  contro la legge 459 del 2001, varata dal governo ‘Berlusconi II’ per disciplinare proprio l’esercizio di voto all’estero, che Alessandro Pace, presidente del Comitato per il No, punta il dito. Delineando uno scenario che, sottolinea, emergerebbe a prescindere da chi vincerà il referendum. Da qui la possibilità di impugnare il voto degli italiani all’estero. Ipotesi che, a 12 giorni dal voto, il Comitato per il No ha illustrato alla Stampa estera, scatenando l’ennesima polemica referendaria. Eppure, secondo Pace, la tesi del ricorso è più che concreta. ‘L’art. 48, comma 2, dispone che il voto è personale ed eguale, libero e segreto laddove l’art.12 della legge del 2001, nel disciplinare le modalità di voto per corrispondenza degli italiani all’estero non garantisce che l’elettore, nel momento dell’espressione del voto, sia ‘solo’,  e quindi libero,  come invece accade nella cabina dei seggi elettorali’, spiega Pace ricordando come da tempo chieda che siano installati presso i consolati italiani nel mondo dei seggi ad hoc. Ecco perché, secondo il costituzionalista abruzzese, l’art. 12 della legge 459 così come il comma 2 dell’art. 1 – disciplinando il voto per corrispondenza – sono costituzionalmente illegittimi violando gli articoli 3, 48 e 138 della Costituzione. Un’illegittimità che, secondo Pace, potrebbe essere chiamata in causa anche dal premier Matteo Renzi in caso di vittoria del No. Ma vista la disparità tra il Sì e il No della campagna all’estero è plausibile che gli italiani all’estero votino più per il Sì, spiega Pace tornando ad attaccare il fronte del Sì. Da qui la possibilità, avanzata dal Comitato per il No, che se il Sì vincesse grazie al voto espresso dai cittadini italiani all’estero, uno o più elettori possano proporre un reclamo all’Ufficio centrale del referendum, il quale, essendo un’autorità giurisdizionale, potrebbe sollevare davanti alla Consulta la questione di legittimità costituzionale degli art. 1 e 12 della legge 459. La mia, rimarca Pace, è una battaglia per la regolarità del voto. E se c’è chi, come il costituzionalista Giovanni Guzzetta, accusa il Fronte del No di terrorismo psicologico, Pace fa un esempio sui pericoli sul voto all’estero e ricorda Nicola Di Girolamo,  il senatore Pdl eletto nel collegio estero di Stoccarda, per riciclaggio e violazione della legge elettorale con aggravante mafiosa, ha patteggiato 5 anni di reclusione. Io mi chiedo se era necessario chiamare in causa il Di Girolamo rimarcando, inopportunamente, ed ignobilmente, il classico: ‘Ab uno disce omnes’. Il senatore citato da Pace entra nel referendum come il cavolo a merenda…

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