Con le elezioni regionali, collegate al referendum, Salvini ipotizzava scioglimento delle camere, elezioni anticipate, vedendosi vittorioso al Governo. Scenari prontamente smentiti dagli elettori. Se non ha vinto la partita del referendum, ha perso di certo quella delle regionali. Qualche settimana fa annunciava: ‘Vinceremo 7 a 0’. Ha portato, per contro, a casa un pareggio deludente. Ha perso la partita sulla quale più aveva puntato: strappare la Toscana al centrosinistra. Ha perso la parte del M5s troppo impegnata a picconare l’alleanza 5stelle-Pd destinando il M5S all’irrilevanza territoriale.
Ha vinto Giuseppe Conte, e il suo governo, che aveva spalleggiato una convergenza tra le forze di maggioranza anche sui territori. Hanno vinto Nicola Zingaretti e il Pd.
A seguito di questi risultati l’opposizione di centrodestra discute sul proprio futuro, dopo il risultato di una tornata elettorale sulla quale si erano irrealisticamente caricate di troppe aspettative. In sostanza il centrodestra ha registrato una sua sostanziale tenuta.
Il centrodestra ha aggregato molti consensi lungo una piattaforma democratica e liberale, chiedendo che le istituzioni fossero più vicine ai deboli e agli esclusi veri, e che quegli aspetti regolatori e costruttivisti dell’ideologia moderna fossero ricalibrati e protesi verso un progetto culturale e politico fortemente inclusivo. In sintesi, si sono direzionati verso una ‘svolta realistica’. Il reale problema lo vediamo constatando che, pur avendo un capitale, in voti e consenso, non possono movimentarlo.
L’ultimo sondaggio Ipsos, pubblicato sul Corriere della Sera ci dice che, indipendentemente dalla soglia di sbarramento, il Germanicum, così come il Rosatellum, assegnerebbe la maggioranza al centrodestra. Con la soglia al 5%, Lega, Fdi e Fi otterrebbero 219 seggi alla Camera e 112 al Senato laddove un’eventuale alleanza giallorossa (Pd, M5S e Iv) si attesterebbe a 179 e 86 seggi. Maggioranza più risicata per il centrodestra con la soglia del 3%: 206 seggi alla Camera e 108 al Senato. In questo caso una ipotetica coalizione giallorossa otterrebbe 179 e 90 parlamentari.
Nel dettaglio, le intenzioni di voto appaiono non troppo condizionate dal recente voto alle Regionali. La Lega di Salvini cresce di quasi un punto. Si conferma quindi primo partito con il 24%. Seguono Pd (19,3%) e M5S (18,6%), entrambi in calo di 0,3%, quindi Fratelli d’Italia (16,7%), in flessione di 1,5%, che siriporta sui valori degli scorsi mesi di maggio e giugno. Quindi Forza Italia (6,8%), Italia viva (3,1%) e Azione (3%).
Per Berlusconi il flop delle regionali è stato un brutto colpo, ma vede che c’è un margine per rialzarsi. In collegamento con i vertici azzurri sulla piattaforma Zoom il Cavaliere prova a indicare la strada per smarcarsi dagli alleati Lega e Fdi, unico modo per tentare di risalire la china. Ad ascoltarlo ci sono il vicepresidente del partito, Antonio Tajani, i capigruppo Annamaria Bernini e Maria Stella Gelmini, Gianni Letta, Niccolò Ghedini, la governatrice Jole Santelli, la senatrice Licia Ronzulli, il deputato Sestino Giacomoni.
Prendendo spunto dall’ultimo sondaggio, secondo il quale Matteo Salvini e Giorgia Meloni avrebbero bisogno di Fi per vincere le elezioni, sia con il sistema elettorale attuale, che con il Germanicum, ricorda ai suoi che sono centrali e indispensabili per un centrodestra di governo.
Berlusconi chiede di valorizzare chi tra i parlamentari, i governatori e gli amministratori locali, sia in grado di aiutare Fi a rilanciarsi.
La politica, oggi, è niente altro che la capacità di aggregare consenso per poi spenderlo nell’agone politico governando. Nella Prima Repubblica ci si confrontava con ideologie forti ben sorrette da solidi legami internazionali. Ora che le ideologie forti non esistono più, si fa politica per governare o tornare al governo. Niente di più, niente di meno.
Andrea Viscardi