Il sì al referendum, sottolinea il segretario Dem, va considerato “solo un primo passo, in sé insufficiente di una riforma complessiva del bicameralismo e dell’insieme dell’attività legislativa. Come vede, pur nel pieno rispetto dell’autonomia di coscienza di ciascun cittadino, mi impegno a costruire le condizioni più ragionevoli alla scelta del sì”.

 Il Pd – aggiunge il segretario – prende atto che il cammino di una nostra ripresa è in atto e che per non soffocare la vocazione maggioritaria in un isolamento borioso e stizzito occorre saperla esprimere, in un processo, seppure tumultuoso, che si realizza nel Paese, che conta, influenza e allarga. Quando si dice che questa linea sarebbe la rinuncia a una grande forza democratica e riformatrice e la subalternità agli altri, si dice una cosa non vera. Evidentemente non vera. Noi cresceremo se la nostra proposta politica al Paese potrà marciare, anche con mille difficoltà, ma nella dimensione reale. Che allo stato attuale presuppone, non l’isolamento, piuttosto la sfida unitaria con gli altri. A livello nazionale e parlamentare con altri soggetti politici nei territori con tante forze civiche, associative o valorizzando la straordinaria forza dei sindaci e amministratori.

Alla domanda se si dimetterà in caso le Regionali dovessero andare male, Zingaretti replica che “come abbiamo annunciato da tempo apriremo un grande dibattito sul futuro dell’Italia, a prescindere dal risultato che riusciremo a ottenere e che riguarda il Pd, l’insieme dell’alleanza e anche il governo nazionale”.

Fatto sta che oggi siamo a meno di quattro settimane dal voto e non sappiamo ancora se ci sarà una legge elettorale nuova e quale sarà. Quali modifiche costituzionali o regolamentari verranno apportate al funzionamento delle Camere. Tutti ritengono che questo referendum di per sé non sta in piedi, ma nessuno  dice cosa fare. Avremo tempo, ripetono.  In pratica è un voto in bianco quello che si richiede ai cittadini.”.