Nonostante il ‘No’ al referendum costituzionale è il Pd a detenere il gruppo parlamentare più nutrito e resta dunque il Partito democratico, di cui Renzi resta al momento segretario, lo snodo decisivo. Il leader Pd ha chiarito che davanti ad un risultato così netto tocca ai capi dell’opposizione l’onere di avanzare una proposta sulle modifiche all’Italicum. Parole che suonano come una sfida, davanti all’eterogeneità dei partiti di minoranza. Difficile comunque che qualsiasi intervento sarà fatto prima di fine gennaio, o inizio febbraio, quando la Consulta si pronuncerà sull’Italicum. Il capo dello Stato, d’altra parte, ha già fatto trapelare nelle scorse settimane la sua contrarietà a sciogliere le Camere, senza una legge elettorale omogenea per Camera e Senato. Il primo problema che si pone, però, superato lo scoglio della manovra, è quale governo possa traghettare il Paese verso le elezioni, che a questo punto potrebbero avvenire non alla scadenza della legislatura nel 2018, ma già nella primavera 2017. Davanti all’inamovibilità di Renzi, Mattarella non potrà che aprire le consultazioni con i gruppi parlamentari ed individuare un presidente del Consiglio che abbia la maggior condivisione possibile. Uno snodo importante per capire con quale proposta il Pd si presenterà al Quirinale è la riunione della direzione del Pd, e sarà quello il momento per capire come cambieranno gli equilibri interni al partito dopo la sconfitta referendaria. L’orientamento di Renzi non sarebbe di lasciare la guida del partito. Anzi, i suoi già spingono perché si ricandidi al congresso, che sarà convocato forse nella direzione per poi presentarsi alle elezioni politiche. La Direzione nazionale del Partito democratico si riunirà mercoledì alle 15 per l’analisi della situazione politica. Una riunione che potrebbe rappresentare il redde rationem all’interno dei Dem con la minoranza che subito dopo il voto è andata all’attacco sottolinenado: ‘Eravamo nel giusto’. I gruppi parlamentari del Partito democratico siano il perno della stabilità del Paese, dichiara, interpellato al telefono, Roberto Speranza, deputato che guida l’area di minoranza Pd ‘Sinistra riformista’, dopo le dimissioni annunciate da Matteo Renzi. ‘Tutto è iniziato col 40% nel 2012. Abbiamo vinto col 40% nel 2014. Ripartiamo dal 40% di ieri!’, scrive su Twitter il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, commentando gli esiti del voto per il referendum costituzionale. Di certo Renzi resterà in campo con il ‘suo’ 40% raccolto con il referendum costituzionale e, con le elezioni, verosimilmente, potrebbe ritornare ad essere premier, nominato dal Capo dello Stato, sulla base dei voti raccolti…
Cocis