Regione Liguria tra Schlein, Orlando e Matteo Renzi

La segretaria dem si trova alle prese con il banco di prova delle regionali in Liguria, dove si vota a fine ottobre. Al Nazareno è tutto un gruppo di ascolto sulla candidatura di Andrea Orlando, candidato in pectore pronto per la benedizione. Anche per il dopo Toti il problema si chiama Renzi, che a Genova governa con il centrodestra, osteggiato dai 5Stelle, a loro volta spaccati a metà tra contiani e grillini pronti alla resa dei conti.

Il Movimento sembra scegliere la via del sostegno all’ex ministro dem, ma pone come condizione il no all’entrata dei renziani nell’alleanza. L’iperattivo Matteo, pronto a rientrare in casa dem, rischia ancora una volta di  far saltare il banco. Conte non lo vuole e Schlein può dire addio all’ipotesi di un campo largo con i 5Stelle. Ma il tempo stringe, dopo aver chiesto in piazza la testa di Toti ora la leader dem e il capo pentastellato non riescono a chiudere.  Schlein dovrà prendere una prima decisione subito, visto che Renzi ha già giurato di voler sostenere i progressisti.  Orlando, che non è certo entusiaste dell’assist di Italia Viva continua a ripetere:  “Valutiamo ogni proposta ma facciamo presto, nel 2015 il centrosinistra fece di tutto per favorire le destre”.

Andrea Orlando continua a portare avanti la sua campagna tra la gente lasciando ai livelli nazionali dei partiti del costruendo centrosinistra l’onere e l’onore di trovare una quadra in vista delle elezioni. I contatti, viene riferito da fonti dem, sono continui e vanno avanti da giorni, mentre un vertice tra Elly Schlein e Giuseppe Conte non sarebbe ancora in programma, ma potrebbe tenersi – de visu o da remoto – in qualunque momento. “Siamo fiduciosi sul fatto che si trovi una soluzione”, viene spiegato dai vertici del Pd, “non si sono incontri, ma siamo in contatto con gli alleati”.

I nodi, al momento, sono due. Il primo è rappresentato dalla presenza di Italia Viva nella coalizione di centrosinistra. Presenza che allarga il fronte, ma non lo compatta perché nel Movimento 5 Stelle così come in pezzi di sinistra e nello stesso Pd sono in molti a sottolineare che Renzi e i suoi fanno parte della maggioranza di centrodestra che sostiene il sindaco Bucci a Genova, dove i renziani esprimono due consiglieri e un assessore.

Quello che viene richiesto a Renzi, dunque, è un passo indietro che possa dare coerenza al progetto per la Liguria. In un suo recente intervento, il leader di Iv ha fatto intendere di non avere problemi da questo punto di vista: “D’ora in avanti, se stiamo nel centrosinistra, non potremo più permetterci di stare con il centrodestra da altre parti. Questo deve valere per tutti, vale per tutti, non solo per Italia viva. Se si sta tutti insieme, si sta tutti insieme. Siamo pronti a sederci al tavolo e a discutere”.

Il passo indietro, dunque, potrebbe arrivare dopo la riunione del tavolo nazionale di centrosinistra. Secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, infatti, i renziani vogliono attendere che la richiesta di lasciare la giunta Bucci venga formalizzata nel corso di un incontro con gli alleati. Sui tempi di convocazione del tavolo, tuttavia, nessuna delle parti in causa si sbilancia. L’unica riunione che si è tenuta risale a prima di Ferragosto e vedeva attorno al tavolo i consiglieri regionali dei vari partiti della coalizione. Tutti tranne Italia Viva, che non ha eletti in Liguria. I tempi sono stretti, dunque.

Come sottolinea una fonte della sinistra dem, la Liguria è la prima regione ad andare al voto e sarà l’ultima su cui si raggiungerà l’accordo. Una contraddizione che stride, si spiega ancora, soprattutto con la possibilità di strappare alla destra una regione del triangolo industriale e una delle più importanti dal punto di vista economico e strategico, dato la presenza di uno dei principali porti italiani.

La coordinatrice nazionale del partito di Matteo Renzi nell’intervista a Il Tempo parla anche della svolta attuata dalla leadership del partito, una giravolta compiuta in pochissimi giorni dopo il flop delle elezioni europee, che ha visto passare l’ex premier da ‘il futuro è al centro’ a ‘uniamoci al campo largo‘. “Ho creduto in un centro competitivo e mi sono spesa per quel progetto, ma allo stesso tempo ho la consapevolezza che quello spazio autonomo dai due poli ad oggi non c’è più. Quindi se si crede davvero in quelle idee riformiste occorre impegnarsi per irrobustire il centrosinistra con un centro riformatore con un’agenda politica precisa: sostegno al ceto medio, riduzione pressione fiscale, sanità, crescita, sviluppo e innovazione. Il paese è fermo e la meloni è senza fiato. Per questo grida ai complotti. Ma quando il fiato è corto o c’è un’alternativa o ci rimette il Paese. Ecco perché con paziente tessitura stiamo lavorando a un progetto largo senza rinunciare alle nostre peculiarità”, dice Paita.

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