Theresa May ammette di non aver raggiunto l’obiettivo nel voto britannico. Puntavo a una maggioranza più ampia e il risultato non è stato ottenuto, afferma la premier alla Bbc, dichiarandosi dispiaciuta verso i candidati, i deputati uscenti e i sottosegretari non rieletti che non meritavano di perdere il seggio. May evoca poi un momento critico per il Paese, confermando l’impegno a formare un governo nell’interesse nazionale: serve certezza per i negoziati sulla Brexit che iniziano fra 10 giorni.
Confermati i ministri chiave: il ministro degli Esteri Boris Johnson, degli interni Amber Rudd, il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond, il ministro della Brexit David Davis e il ministro della Difesa Michael Fallon resteranno al loro posto. La conferma arriva da Downing Street, dopo le anticipazioni della Bbc.
Il risultato delle elezioni nel Regno Unito segna un grave smacco di Theresa May , in lieve vantaggio (318 seggi, ne perde 12) rispetto ai Labour (261, 29 seggi in più) e senza una maggioranza che le consenta di governare la Brexit. Si profila un parlamento bloccato, ‘appeso’ ad eventuali alleanze, allo stato assai improbabili. Ma May va avanti.
La premier conservatrice ha parlato a Downing Street dopo aver incontrato alle 12.30 (le 13.30 in Italia) a Buckingham Palace la regina Elisabetta che l’ha autorizzata a formare un nuovo esecutivo.
‘Formerò un nuovo governo per attuare la Brexit e mantenere il Paese sicuro’, ha detto la premier. La Gran Bretagna adesso ha bisogno di certezze e i conservatori sono gli unici che possono garantirle. La premier britannica ha confermato che i conservatori collaboreranno con gli unionisti nordirlandesi del Dup per sostenere il nuovo governo da lei guidato. Secondo il primo ministro, i due partiti sono accomunati da una forte relazione che va avanti da anni.Adesso mettiamoci a lavorare, ‘Let’s work!, ha concluso la premier.
May è pronta a nominare i ministri già in giornata. Per ora ha il sostegno degli unionisti del Dup. May non vuole permettere a Bruxelles di rinviare i negoziati sulla Brexit col pretesto che non c’è un governo in Gran Bretagna