Renato Boraso, assessore comunale alla Mobilità di Venezia, tratto in arresto per corruzione. Il sindaco Luigi Brugnano indagato

Le indagini della Guardia di Finanza hanno scosso il Comune di Venezia. Nella giornata del 16 luglio, l’assessore alla Mobilità Renato Boraso è stato arrestato.

L’uomo di politica è al centro delle indagini della Procura per le attività di consulenza finanziaria. La GdF ha citato, in una nota ufficiale, l’ipotesi di “reati commessi contro la pubblica amministrazione”.

L’abitazione di Boraso a Favaro Veneto è stata perquisita. L’inchiesta su appalti e corruzione coinvolge 18 persone, tra cui alcuni imprenditori: sono circa una decina le misure cautelari eseguite.

Renato Boraso, nato a Mestre, è un politico di lunga data. Al momento dell’arresto era assessore alla Mobilità del Comune di Venezia.

Boraso ha iniziato la sua carriera nel 1993 come consigliere di circoscrizione e dal 1997 è sempre stato eletto consigliere comunale. Durante l’ultima giunta di Massimo Cacciari, ha ricoperto il ruolo di Presidente del Consiglio Comunale, in opposizione. Nel 2005 è diventato consigliere anziano e ha servito come Presidente del Consiglio Comunale fino al 2010. Dal 2010 al 2014 è stato Presidente della Commissione Bilancio.

Nel corso degli anni, Boraso ha cambiato diverse affiliazioni politiche: inizialmente con Forza Italia, poi come candidato civico e infine entrando nella lista fucsia dell’attuale sindaco Luigi Brugnaro.

Oltre a Boraso, è stato incarcerato anche l’imprenditore edile Fabrizio Ormenese. Tra coloro che invece si trovano agli arresti domiciliari figurano funzionari comunali e di partecipate pubbliche, inclusa l’azienda dei trasporti comunale Actv.

Per altri sei indagati è stata disposta l’interdizione dai pubblici uffici per 12 mesi. Gli indagati totali sono 18, tra cui il direttore generale dell’Actv, Giovanni Seno e il responsabile del settore appalti Fabio Cacco.

Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa  ai danni dell’assessore alla Mobilità del Comune di Venezia Renato Boraso vengono contestati 11 episodi di corruzione, concussione e autoriciclaggio.

Tra le vicende, secondo quanto ricostruito dalla Procura, compare la svalutazione del Palazzo Papadopoli da 14 a 10 milioni di euro per agevolare l’affare del magnate asiatico Chiat Kwong Ching; il rilascio di permessi alla società “Park 4.0 srl” per la costruzione e l’ampliamento di un parcheggio nelle vicinanze dell’aeroporto Marco Polo ma anche l’assegnazione di un appalto alla Cds srl per la vigilanza sulle sedi della partecipata dei trasporti Avm-Actv in cambio di, si legge nell’ordinanza, “utilità economiche, raccolta e indirizzamento dei voti alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 in favore del partito sostenuto da Boraso e l’assunzione di persone indicate dallo stesso Boraso (assunzioni finalizzate a mantenere e accrescere il suo consenso elettorale”.

Nell’ordinanza compaiono poi episodi di condizionamento per l’affido delle opere di giardinaggio del Casino’ di Venezia o mirate azioni di modifica, “in cambio di denaro”, dei piani attuativi di lottizzazione (Zona A.e.v. Dese) o, ancora, l’affido dei sistemi di notifica digitale delle multe alla Open Software srl in cambio di denaro e della sponsorizzazione della Pallacanestro Favaro e della Reyer, società di basket di proprietà del sindaco Luigi Brugnaro.

Infine tra le numerose operazioni contestate dalla Procura di Venezia compare anche una cessione di terreni dell’I.Ve srl per la quale Boraso avrebbe chiesto 40mila euro e un attico.

‘Tu non mi ascolti, te lo posso dire? Tu non mi ascolti’. Era il 17 marzo 2023 e il sindaco Luigi Brugnaro stava incontrando il suo assessore alla Mobilità Renato Boraso, un appuntamento infuocato, nella Smart control room del Tronchetto, diventata la vera sede operativa dell’amministrazione. Boraso, nel cui telefono un anno prima era stato installato un trojan, stava spiegando al sindaco come «Francesco Piccolo (uno degli imprenditori indagati, ndr) mi chiama…».

L’oggetto della chiamata è il Park 4.0. Al che il sindaco sbotta: «Tu non mi ascolti. Non hai capito, tu non capisci un c… Mi stanno domandando anche a me che tu domandi soldi. Tu non ti rendi conto rischi troppo… tu non mi stai ascoltando». Al che l’assessore ribatte: «Io? Ma ho capito…». E Brugnaro insiste: «Eh insomma! Pure di ste roba qua di … non ci crederai… dicono a me “mi domanda soldi” (…) Però ti dico… se io ti dico di stare attento ti devi controllare, ci sono diversi discorsi che stanno male…». E Boraso, ancora: «Cambio anche il telefono».

Ma Brugnaro tira dritto: «Ma non è il telefono… ti hanno messo gli occhi addosso, sta attento a ste robe qua. Devi estirparla… Volevo dirti anche un’altra roba ma non ricordo più». «Del parcheggio forse?». «Francesco Piccolo (imprenditore ed ex consigliere regionale, ndr)». «Che mi interessa, dobbiamo incasinarci la vita io e te? … Un pezzo di terra ti ha rotto i c… quando si poteva fare in 100 maniere diverse… aveva venduto dopo due giorni… si lamentava … Marchi (Enrico Marchi, presidente di Save) sai che forse Marchi ha fatto l’offerta?… Ma io, la roba che mi spaventa sei tanto coinvolto. Questo io te lo dico».

È una delle intercettazioni chiave dell’inchiesta sulla presunta corruizione di Boraso sulla: «Questa conversazione è fondamentale — si legge nelle 172 pagine dell’ordinanza della procura — poiché il sindaco gli fa presente che gli è stato riferito che chiede soldi alle persone». Ma non è l’unica. Dall’1 luglio 2022, l’assessore finito ieri in carcere al Due Palazzi di Padova era controllato. Telefonate, movimenti, incontri con funzionari pubblici e con gli imprenditori che avrebbe aiutato.

Brugnaro, indagato,  si dice “esterrefatto” e aggiunge: “so di aver sempre svolto e di continuare a svolgere l’incarico di sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici”.

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