I pm di Roma avrebbero preso i tabulati telefonici di Report, la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci su Rai 3, e così avrebbero scoperto l’identità della donna che nel 2020 riprese Renzi e lo 007 Mancini in un Autogrill di Fiano Romano. In un primo momento, sentiti come persone informate sui fatti dalla polizia, i giornalisti Ranucci e Giorgio Mottola – non indagati – avevano opposto il segreto professionale alla domanda sull’identità della fonte. Dal segreto, in realtà, solo il giudice avrebbe potuto sollevarli. Lo prevede l’articolo 200 del codice di procedura penale. Tuttavia, come riporta il Fatto Quotidiano, con l’acquisizione dei tabulati il segreto è stato vanificato.
Ora l’insegnante rischia un processo per “diffusione e riprese di registrazioni fraudolente”, mentre la diffusione in tv da parte di Ranucci e Mottola sarebbe ritenuta legittima. A ribadire la questione del segreto professionale era stata anche la Cassazione sette anni fa con una sentenza ricordata dal Fatto: “Il giudice può ordinare al giornalista di indicare la fonte laddove tali notizie siano indispensabili per le indagini e sia necessario accertare l’identità della fonte. Tale diritto al segreto, e il limitato ambito in cui lo stesso può venir escluso, non possono che essere anche un limite alla ricerca dei dati identificativi dalla fonte attraverso il mezzo della perquisizione e del sequestro”.
Si trattava della sentenza del 2015 sul caso del giornalista Sergio Rizzo, allora al Corriere della Sera, a cui la Procura di Bari aveva fatto perquisire il pce sequestrare alcune email per cercare la fonte di un documento. Cosa poi giudicata sbagliata dalla Cassazione.
Reatando in argomento durante la trasmissione “Non è l’Arena” su La7, il leader di Italia viva ha svelato un retroscena contenuto nel suo libro ‘Il mostro’ riguardo al caso del suo incontro in autogrill con l’ex 007 Marco Mancini del dicembre 2020. Il senatore ha spiegato di aver appreso casualmente lo scorso 25 giugno che Belloni, sentita come testimone “all’interno di indagini difensive a cui è stata sottoposta a seguito della strana vicenda Report-Autogrill”, ha opposto il segreto di Stato. In questo modo, lamenta Renzi nel libro, la verità sul caso si potrà sapere solo tra 15 anni, alla scadenza del segreto.
Il leader di Iv ha legato l’azione di Belloni ad una sorta di ‘vendetta’ per averla “fatta fuori nella sua corsa al Quirinale” (Iv si oppose alla sua candidatura) ed “io mi domando – ha proseguito il senatore – cosa ci azzecca il segreto di Stato in un interrogatorio legato all’autogrill?”.
A prendere le difese di Belloni è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano: “L’Autorità delegata sui servizi di informazione e sicurezza conferma piena fiducia al direttore del Dis, ambasciatrice Elisabetta Belloni, a fronte delle dichiarazioni rese dal senatore Matteo Renzi. L’Autorità ricorda, inoltre, che l’opposizione al segreto di Stato è stata confermata dal presidente del Consiglio nel giugno 2022 e che essa è avvenuta nel corso di indagini dell’autorità giudiziaria, in relazione alla sola esigenza di tutelare la funzionalità dei Servizi, e per scongiurare il rischio di violarne la necessaria riservatezza. Il segreto di Stato è stato peraltro a suo tempo comunicato all’ambito istituzionale proprio, costituito dal Copasir, nei termini di legge”.
Italia viva replica a Mantovano. “La nota del sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano conferma esattamente ciò che il senatore Matteo Renzi riporta nell’edizione aggiornata del libro ‘Il Mostro’: la dottoressa Elisabetta Belloni ha opposto il segreto di Stato in merito a indagini legate alla vicenda Autogrill. Ancora una volta, per l’ennesima volta, nessuno può smentire quanto il senatore Renzi racconta nel libro – afferma in una nota l’ufficio stampa di Iv – Quanto alle scelte della dottoressa Belloni, il senatore Renzi conferma per filo e per segno il giudizio già espresso nella prima edizione de ‘Il Mostrò a proposito della sua mancata elezione al Quirinale”.