Renzi a direzione Pd: ‘Daremo una mano a Mattarella a chiudere la crisi’

Folla di giornalisti davanti alla sede nazionale del Partito democratico a Roma in attesa della  Direzione Pd, convocata per le 17.30, che ha formalizzato  l’apertura della crisi di governo.   Poco prima di intervenire alla direzione,  Matteo Renzi pubblica la sua ultima enews corredandola con un’immagine: un saluto scritto a penna su carta intestata della Presidenza del Consiglio.

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Renzi affronta nel suo intervento la crisi di governo: ‘Toccherà ai gruppi parlamentari decidere che cosa fare. Vorranno andare subito a elezioni? Nel caso si dovrà attendere la Sentenza della Consulta di martedì 24 gennaio,  e poi votare con le attuali leggi elettorali, come modificate dalla Corte. Se i gruppi vorranno invece andare avanti con questa legislatura, dovranno indicare la propria disponibilità a sostenere un nuovo Governo che affronti la legge elettorale,  ma soprattutto un 2017 molto importante a livello internazionale. Devono essere i partiti, tutti i partiti,  ad assumersi le proprie responsabilità. Il punto non è cosa vuole il presidente uscente, ma cosa propone il Parlamento. I gruppi parlamentari vorranno andare subito a elezioni? Nel caso si dovrà attendere la sentenza della Consulta  e poi votare con le attuali leggi elettorali, come modificate dalla Corte. Dico leggi elettorali, perché com’è noto non siamo riusciti ad abrogare il bicameralismo paritario,  che dunque vedrà continuare a eleggere due rami del parlamento con elettorati diversi e leggi elettorali diverse, sperando che non arrivino due maggioranze diverse. Ma questa è una delle conseguenze del bicameralismo paritario. Tutti siamo consapevoli della rilevanza di questo momento,  e c’è un passaggio interno da fare che sarà molto duro nella chiarezza che deve contraddistinguere un grande partito democratico,  e che dovrà arrivare dopo aver affrontato la crisi di governo. Il No alla riforma costituzionale  ha ripercussioni sul Parlamento, che ha votato per sei volte la riforma, sul governo e su ciascuno di noi. Noi non abbiamo paura di niente e di nessuno,  se altri vogliono votare, subito dopo la sentenza della Corte, lo dicano chiaramente. Il Pd non ha paura della democrazia e dei voti.  So  che qualcuno qui ha festeggiato in modo prorompente e non elegantissimo, ma del resto lo stile è come il coraggio di don Abbondio. Meno tasse e più diritti e  questa è l’impronta che noi abbiamo dato, è un disegno organico e vorrei che il Pd fosse consapevole e orgoglioso di questo. Siamo il partito di maggioranza relativa e dobbiamo dare una mano al presidente della Repubblica a chiudere la crisi di governo nelle modalità che individuerà. Propongo  che ci sia una delegazione al Quirinale composta da uno dei due vicesegretari, Guerini, dal presidente Matteo Orfini, e dai due capigruppo, Ettore Rosato e Luigi Zanda,  e  propongo che la direzione sia convocata in modo permanente per consentire alla delegazione di venire a riferire quando vi saranno elementi di novità. Io sono pronto a cedere il campanello al mio successore, con un abbraccio e l’augurio di buon lavoro. Stiamo scrivendo un dettagliato report da consegnare e stiamo facendo gli scatoloni. Scatoloni che ci fanno spuntare molti sorrisi e qualche ricordo amaro. Ma la storia di questi mille giorni non la faranno i rancorosi commenti di queste ore. Troveremo un modo per non disperdere la bellezza di quello che avete fatto. Di quello che siete. Ci sono milioni e milioni di italiani che credono a un altro modello di politica. Li abbiamo visti alle Europee, li abbiamo visti al Referendum, li vedremo anche in futuro. Ora però un passo alla volta e soprattutto: si può perdere un referendum, ma non il buonumore, mai! È già tempo di rimettersi in cammino. Gli oltre 13 mln di voti raccolti sono stati insufficienti a farci vincere, ed è bello che in questo momento ci arrivino richieste di iscrizioni al Pd. Iscrizioni, che da tempo non venivano richieste. Col sorriso più largo e chiaro salgo al Colle per rassegnare le mie dimissioni’. Da segnalare che Renzi ad inizio di intervento abbia citato l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che si è detto pronto ad unire la sinistra fuori dal Pd. Una proposta politica di un nuovo campo progressista lanciata dalle pagine del quotidiano ‘Repubblica’:  ‘È il momento della verità’, diceva  Giuliano Pisapia, ‘Ognuno si assuma le proprie responsabilità e quando si andrà a votare, al più presto possibile, con una legge elettorale che sia uguale per le due Camere’, lui si dice  pronto a tornare in campo per riunire sotto la bandiera di un nuovo soggetto politico il popolo di sinistra che non si riconosce nel Pd. Il soggetto politico ha già un nome: ‘Campo Progressista’, disponibile a un’alleanza leale con Renzi. Ad una condizione: che lui rompa con Alfano e con Verdini. Matteo deve scegliere adesso,  sottolinea Pisapia,  se andare alle urne con la sinistra o no.  Le elezioni   sarebbero, per il Pd, il momento decisivo per le sue scelte. Renzi dovrebbe scegliere se guardare a un’alleanza a sinistra, formando un centrosinistra, o un’alleanza con il ‘Nuovo Centro Destra’ che trasformerebbe il Pd in un partito geneticamente modificato. Il popolo del Pd, io lo conosco bene, non accetterebbe mai la seconda soluzione. Serve un’alleanza aperta  che riunisca le forze di sinistra in grado di assumersi una responsabilità di governo. Non per motivi di potere ma per fare le cose di sinistra. Intendiamoci: anche questo governo ha fatto cose di sinistra, penso alle unioni civili, ma ha dovuto fare anche altre cose che nascevano dalla necessità di arrivare a un compromesso con un partito di centro-destra. Questo non va più bene. Vanno unite associazioni, liste, pezzi di Sel e del Sì, spiega Pisapia,  che annuncia un appuntamento il 18 dicembre a Roma dove ci saranno i sindaci che vogliono l’alleanza con i Dem. La citazione di Renzi su Pisapia fatta alla Direzione Pd, in questo momento storico,  appare oltremodo insolita.

Roberto Cristiano

 

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