Piazze piene contro la buona scuola e Renzi apre al dialogo precisando, ed a chiare lettere, che “senza riforma l’Italia non cambia”. Le manifestazioni sono state molto sentite, con la partecipazione di decine di migliaia di partecipanti, in sette diverse città, tanto da far definire lo sciopero dai sindacalisti come “il più grande di sempre”. I cortei più partecipati sono stati quelli di Roma e Milano, dove al fianco di insegnanti, personale della scuola e studenti, hanno sfilato i segretari generali dei sindacati confederali e autonomi e molti esponenti politici, anche del Pd. Il ministro Giannini ha sottolineato di rispettare lo sciopero ma contestualmente rispetta il governo che propone un progetto educativo molto innovativo, e rispetta il Parlamento che è portatore di istanze di cambiamento del provvedimento stesso. Si è soffermata, la Giannini, sul precariato: “Il precariato in Italia è arrivato alla punta massima del 18%, anzi, a voler essere precisi, al 17,9% nel 2007. Da quel momento c’è stata una stabilizzazione di questo dato. Noi con questo ddl portiamo il precariato alle sua dimensione fisiologica, che è il 2,5%, cioè togliamo quella fetta di instabilità che ha impedito alla scuola italiana di fare sempre una programmazione incidendo violentemente sulla vita di tante persone”. Molto discussa, e rifiutata dal personale docente, è la futura figura del “preside-sindaco”. Della contestata figura dei presidi prevista dalla riforma ha parlato invece il sottosegretario Davide Faraone, per dire che “sul ruolo del dirigente scolastico il governo non torna indietro. Abbiamo rafforzato sì il ruolo del collegio dei docenti e del consiglio d’istituto, ma il ruolo del preside-sindaco non è in discussione”. Di opposto parere è Stefano Fassina, che riferendosi ad i presidi annota che “la scuola non può essere una caserma con un capo che comanda”. Tra i primi commenti politici allo sciopero, quello del parlamentare Pd Pippo Civati, secondo il quale “questo è uno sciopero non politico, perché la politica non rappresenta più nessuno, perché il Pd ha tradito i suoi impegni elettorali e ha fatto una riforma della scuola lontanissima dalla nostra cultura politica”. Per Susanna Camusso, segretario della Cgil: “Si trasforma la scuola in una scuola che vale solo per quelli che hanno condizioni agiate, mentre invece il grande tema è quello di una scuola pubblica che contrasti la dispersione”. Furlan della Cisl ha detto che “questa riforma l’ho letta bene, non mi piace”, mentre Barbagallo, della Uil, ha affermato che la scuola italiana “non ha bisogno di podestà”, ma di essere “pubblica, libera e democratica”. Per Matteo Renzi il tema scuola è un tema chiave e nel merito continuerà a discutere: “Sulle assunzioni di determinate categorie piuttosto che di altre e sull’organizzazione del sistema scolastico siamo pronti ad ascoltare e condividere, fermo restando il principio dell’autonomia. Siamo il primo governo che mette 3 miliardi sulla scuola, ed è pronto a incentivare la grande intuizione che è l’autonomia, cioè la possibilità per la scuola di non essere in mano alle circolari ministeriali o sindacali ma alle famiglie e agli studenti e se facciamo questo sulla scuola cambiamo l’Italia sennò non andiamo da nessuna parte”.
Cocis